C’era una volta la Como delle botteghe il cui marchio era un nome di famiglia e non un “brand”. Quella città, c’era e continua ad esserci, grazie alla resistenza accanita di artigiani, imprenditori e bottegai di fronte all’assalto dell’ipermodernità formato franschising.
Un fronte che, però, negli ultimi anni ha cominciato ad assottigliarsi, dopo le chiusure che hanno interessato negozi come “Rigamonti Scarpe”, la Cremeria Bolla o la Casa della Carta. Entro la fine dell’anno, la chiusura toccherà a Croci Abbigliamento, storica boutique da donna comasca, aperta a Como dal 1926, prima in via Dante e poi in piazza Duomo, al Vitrum, negozio realizzato da Giuseppe Terragni nel 1930 e oggi monumento nazionale.
“I motivi per lasciare un’attività che è nella nostra famiglia da quattro generazioni sono diversi – spiega Monica Tagliabue, 52 anni che gestisce il negozio dal 1990 insieme alla madre, la quale aveva iniziato a lavorare nell’attività di famiglia appena 15enne – da una parte è una decisione legata al voler dedicare più tempo alla mia famiglia. Dall’altra la chiusura dipende anche dal modo in cui il commercio è cambiato”.
Monica ha infatti tre figli adolescenti e, spesso, unire i doveri di madre e imprenditrice può essere complicato, specie in un settore estremamente competitivo come la vendita al dettaglio, in un mondo iper-saturo di fast-fashion, social media, shopping online.
“Oggigiorno, bisogna evolversi. Con i nuovi modi di promuoversi, specie online, vendere in un negozio fisico non basta più. Serve un negozio virtuale e bisogna impiegare bene i social media per fare fronte alle evoluzioni date da un’offerta che è dieci volte la domanda,. Sono lavori che chiedono quattro volte lo sforzo”.
La storia del negozio comincia 93 anni fa, quando Monica Croci, la capostipite della dinastia di imprenditrici. aprì il suo negozio in via Dante, nel 1926. All’inizio il negozio di Monica era esercizio di quartiere che vendeva vendeva prodotti di merceria, profumeria, tessuti, filati per lavorare a maglia, pizzi e merletti. Negli anni, però, grazie all’abilità della titolare, Croci si è trasformato in una boutique multimarca per signora, diventando sinonimo di stile ed eleganza. L’arrivo della Seconda guerra mondiale non ha piegato lo spirito imprenditoriale comasco, specie nel settore tessile, ne tanto meno l’iniziativa della famiglia.
Nel 1955, Annamaria Croci, mamma di Monica e nipote della fondatrice, ha preso le redini dell’attività, divenendone colonna portante. La boutique ha poi trovato ulteriore fortuna nel boom della moda e del settore manifatturiero degli anni ‘80 e ‘90, sbarcando poi, nel 2010, in piazza Duomo, all’interno del Vitrum di Terragni e nel 2015, è stato insignito del titolo di “Negozio Storico” da Regione Lombardia.
Dopo quasi un secolo di attività, oggi, le vetrine di Croci sono coperte con gli annunci della liquidazione in partenza a giorni. Monica e Annamaria ci aprono la porta in via eccezionale per concederci una foto. Molti, attratti dalle insegne, suonano il campanello del negozio. Ma la boutique è ancora nel bel mezzo delle preparazioni per la liquidazione. “Chiudere è stata una scelta all’inizio sofferta – racconta Monica – ma nasce da un ragionamento ben preciso e con il tempo è diventato più facile accettare l’idea in maniera serena”.
Cosa attenda gli spazi presto vuoti del Vitrum non ci è dato saperlo. “Top secret – scherza Monica, quando chiediamo se dobbiamo aspettarci un ennesimo negozio in franchising muoversi nel negozio di piazza Duomo come è successo in via Luini e via Boldoni – tutto è ancora in via di definizione”.
Per Monica, però, il centro storico di Como è ben salvo dalla crisi di identità che altre città di media grandezza del Nord Italia stanno avvertendo, svuotandosi di antiche botteghe e riempiendosi di catene. “Como ha ancora moltissimi negozi multimarca di ottima qualità, gestiti da famiglie che hanno aperto molto al commercio online. La città non ha nulla da temere. In altri posti l’omologazione è ovunque. Nonostante tutto Como mantiene la sua identità”.
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7 Commenti
Vivo a Como da Vent anni è la prima volta che sento nominare questo negozio,forse perché è uno di quelli che non ha puntato sulla clintela Comasca? Mi spiace che i clienti Comaschi non abbiano apprezzato la Vs storicità e il vostro modo di fare commercio!
Mah: con la buonauscita ricevuta campano 100 anni senza problemi, altro che negozio storico…danee e basta.
Ho 90 anni e ho abitato dalla nascita ,fino al giorno del mio matrimonio l ’11 maggio 1957 , in via Dante .
Ho conosciuto quindi molto bene la Signora Monica , fondatrice di un’Attività alla quale ha dato tutta la sua voglia di fare , la sua grande capacità , il suo piacere di accontentare i clienti ,il suo sorriso e la gentilezza .
Per tutti ….. andare dalla Monica …. era cosa naturale e spontanea ; il negozio , per nessuno degli abitanti del quartiere di San Martino era “Croci” ; per tutti era la “Monica” .
Nella zona era l’unico negozio di merceria , se ben ricordo , fatta eccezione per un
altro molto piccolo , che si trovava in v.Carloni …. la “Clotilde” .
Dalla Monica si trovava tutto ciò che serviva , passamaneria , spille da baglia , fermagli per i capelli , articoli vari di merceria , e in tempo di guerra , in vetrina era esposto un cartellino che diceva : – Si rimagliano calze – In quegli anni le donne usavano ancora le calze di seta con la cucitura in mezzo alla parte posteriore e , spesso e volentieri si sbagliavano; non erano i tempi dell’usato e getta e le calze andavano riparate a dovere ….. e non era cosa molto facile !
Per questo , persone abili si offrivano per rimagliare le calze , con una modesta ricompensa .
Ricordo la Monica con affetto e simpatia ; ho conosciuto anche chi l’ha succeduta ed ho visto il negozio rimodernarsi ed ampliarsi con più articoli : da merceria è divenuto anche punto di vendita di capi d’abbigliamento , di maglieria e di quanto potesse interessare all’affezionata clientela .
Quanti ricordi piacevoli affiorano alla mente di una novantenne !!
Grazie per il racconto e complimenti, è difficilissimo trovare persone di 90 anni con questa lucidità e capacità di argomentare fluentemente come lei.
Signora se ha figli adolescenti se li goda specie se le mura sono vostre! In piazza Duomo ci campano anche i nipoti con l’affitto
Oggi come oggi uno spazio del genere in una simile posizione è una rendita “certa” (pur con le incertezze del mercato) che vale la chiusura, considerata la schizofrenia del mercato e la presenza a casa di una famiglia da godere… Triste da dire forse, ma insomma… La vita è una…
Mi pare che confermino quanto detto dalla manager del punto franchising dell’articolo del 13 ottobre. Probabile (si intuisce ma non viene apertamente se i locali siano di proprietà) maggior facilità di rendita affittandolo…