E’ stato enorme il dibattito sulla chiusura di alcune scuole voluta dal sindaco di Como Alessandro Rapinese, in particolare la Corridoni di via Sinigaglia destinata quantomeno nelle intenzioni a diventare un autosilo; dibattito pubblico e politico ampiamente riportato in questi giorni a partire dall’ultimo consiglio comunale dove il sindaco ha parlato di “scuole cesso” e “stanze cucù”.
Così questa sera riceviamo e pubblichiamo un’articolata lettera aperta, dai toni molto fermi e altrettanto duri; è rivolta al primo cittadino e arriva dalla notissima Ledha sezione di Como (Lega per i diritti delle persone con disabilità) ed è firmata dal consiglio dell’associazione. Ecco il testo integrale senza sintesi:
Como, 09.10.2025
Lettera aperta al Sindaco di Como
Egregio Signor Sindaco,
Come rappresentanti di associazioni di persone (tra cui alunni e genitori) con disabilità, avremmo sperato di scriverle in un contesto diverso, per un’occasione di confronto e scambio costruttivo.

Purtroppo, le Sue ultime e reiterate dichiarazioni, relative alle condizioni delle scuole della città di Como, impongono invece di dare voce al nostro profondo sconcerto. Nello specifico, troviamo l’espressione “aule cucù”, da Lei utilizzata per descrivere gli spazi dedicati ai bambini con bisogni educativi speciali, alquanto fuori luogo e gratuitamente offensiva. Oltre che totalmente inaccettabile.
Parole di questo tipo non solo feriscono la sensibilità di molte famiglie, insegnanti e operatori, ma tradiscono una visione profondamente riduttiva del ruolo della scuola e del valore dell’inclusione, che si auspicherebbe fossero sostenuti e valorizzati da tutti, a partire dal Primo Cittadino.
Come Lei saprà, lo spazio, così come il tempo, rappresenta un elemento educativo fondamentale. L’aula, i laboratori, la palestra, la mensa – se ben progettati e organizzati – diventano luoghi educativi di apprendimento, in cui ogni bambino può sperimentare, esprimersi e sviluppare le proprie potenzialità. Se questo principio vale per tutti gli alunni, lo stesso assume ancora più valore per i bambini e le bambine con bisogni educativi speciali.

Non a caso, lo spazio, come luogo di apprendimento, è riconosciuto come uno dei pilastri del Reggio Emilia Approach, modello pedagogico riconosciuto a livello internazionale e spesso citato con orgoglio anche dalle Istituzioni della nostra città.
Anche per questo ci stupisce e rincresce che proprio il più alto rappresentante delle Istituzioni comasche ripieghi sull’uso di un linguaggio tanto superficiale quanto irrispettoso. Le parole hanno un peso specifico non indifferente, soprattutto quando provengono da chi dovrebbe guidare e rappresentare l’intera comunità. Non è un caso che le più recenti disposizioni normative (Decreto 62/2024) impongano di riscrivere il lessico di chi ha una disabilità o un bisogno educativo speciale. Una condizione che, ci teniamo a sottolineare, non fa venire meno il loro valore di persone, a cui garantire rispetto e tutele.

L’attività politica, lo sa bene per esperienza, si basa su un’efficace arte oratoria. Le parole scelte, il luogo in cui vengono espresse e le finalità per le quali si spendono, contano. Esse devono costruire, non ferire; devono includere, non escludere. Esattamente come dovrebbe fare una politica attenta e vicina ai bisogni della propria comunità. Non meno importante è per noi ricordarle che la legge che ha abolito le scuole speciali (Legge 517/1977) celebra tra poco il suo cinquantesimo anniversario. Un lasso di tempo sufficiente per comprendere che il posto degli alunni con disabilità è nelle classi, insieme ai loro compagni.
Gli spazi di relax e di decompressione, indispensabili per ciascun alunno, non sono “aule cucù”, ma ambienti educativi pensati con professionalità e cura per favorire l’inclusione e il benessere di tutti, in una scuola che dovrebbe prima di tutto accogliere e valorizzare ogni bambino e ragazzo nella sua unicità.
La scuola è molto più di un luogo dove si trasmettono nozioni. È una dimensione in cui si imparano il rispetto, la responsabilità, la solidarietà, la giustizia e la fiducia. È una comunità viva che educa alla convivenza, che accoglie le diversità e che forma cittadini consapevoli. Cittadini e futuri elettori che, un giorno non troppo lontano, saranno chiamati a fare delle scelte, nell’esercizio dei propri diritti e doveri, con un senso di responsabilità che facciamo fatica a individuare nei suoi discorsi.
Le chiediamo dunque, Signor Sindaco, di riconsiderare le sue parole, nonché le sue scelte in materia di istruzione. Prima di parlare di chiusure o di spazi “da eliminare”, sarebbe opportuno ascoltare chi ogni giorno lavora nelle scuole, progetta percorsi educativi complessi e accompagna con dedizione i bambini più fragili.
L’inclusione non è un lusso: è un diritto sancito dalla Costituzione e da convenzioni internazionali. La città di Como, che vanta una lunga tradizione educativa, non può permettersi di arretrare su questo fronte.
La invitiamo a riflettere sulla portata delle sue parole, che denotano un tono tanto derisorio, quanto aggressivo. Indubbiamente inadeguato al tema, al contesto e al ruolo da lei rivestito. Crediamo fermamente che le Istituzioni, tanto nel linguaggio, quanto nelle azioni, debbano tornare a essere all’altezza della dignità di tutti i bambini e delle loro famiglie.
Nella speranza di poter ascoltare presto un discorso che dimostri il suo valore e il senso di responsabilità per la carica che ricopre, le rinnoviamo la disponibilità a un confronto diretto, nonché a collaborare per migliorare l’esperienza scolastica di tutti gli alunni con disabilità.
Lettera firmata dal consiglio di LEDHA COMO
Ecco il documento originale inviato alla redazione:
Lettera aperta al Sindaco di Como 2