Una patologia che non solo fa stare male le persone ma che fa anche ammalare la società e la sua economia. E’ questa l’altra faccia del coronavirus che intacca le fondamenta del nostro stile di vita.
Un carico pesantissimo è sulle spalle dei piccoli e grandi imprenditori che oggi perdono il loro obiettivo finale: il cliente, che non dovrebbe uscire per comprare un vestito, andare dal parrucchiere, mangiare al ristorante. E allora come si aiutano i nostri imprenditori cercando il più possibile di seguire le regole per combattere il Covid-19?
Ne abbiamo parlato con Roberto Galli, presidente di Confartigianato Como nonché titolare di una ditta di autotrasporti dell’erbese.
Decreto Ristori versione 1 e 2. Cosa ne pensa? Cosa c’è che funziona e cosa manca?
Credo che l’unica cosa funzionale di questi provvedimenti sia aver pensato che, in questo momento di estrema difficoltà, le aziende hanno bisogno di un aiuto economico dal Governo. Personalmente ritengo però che servirebbe un intervento ‘a cura di cavallo’: i ristori servono per tutte le attività imprenditoriali, quelle chiuse e quelle aperte perché la filiera è una e continua, le aziende sono tutte collegate e ci sono stati cali di fatturato a tutti i livelli. Ovviamente bisogna ragionare sulla percentuale corretta del ristoro che può consistere nel dare un bonus o nell’annullare le tasse.
Ha utilizzato un termine specifico, annullare, e non bloccare.
Sì perché se dicessi bloccare significa che ad un certo punto, malgrado io in quel periodo non abbia fatturato o abbia fatturato meno, dovrò pagare le tasse allo Stato. Come sta accadendo adesso per il periodo della primavera. Invece le imposte relative a questo periodo vanno proprio cancellate. Serve un lockdown delle tasse, per usare una parola molto di moda in questo periodo.
Parliamo dell’ultimo Dpcm. Sono diverse le interpretazioni sugli spostamenti verso gli esercizi commerciali. La Prefettura di Sondrio ha spiegato che si può andare fuori Comune. Como?
Ci stiamo muovendo con CNA per evidenziare al Prefetto di Como quanto comunicato dall’omologo di Sondrio e per sottolineare che le nostre province (Como, Lecco, Sondrio) sono simili per struttura e tessuto economico e che quindi servirebbe trovare sincronia con una lettura univoca del Dpcm. Non ha senso tenere aperto un parrucchiere, ad esempio, per uno o due clienti a settimana perché possono recarvisi solo i residenti del Comune. Purtroppo a volte mi sembra che le decisioni prese dalla politica nazionale siano distaccate dalla realtà. Per evitare scelte di questo tipo servirebbe più confronto con le associazioni del territorio, altrimenti dobbiamo sempre intervenire dopo.
Una nota di Confartigianato sottolineava nei giorni scorsi che “a fine emergenza saranno i piccoli imprenditori a far rialzare il Paese”. Ce la faranno, come potranno essere aiutati?
La particolarità del tessuto economico italiano, a differenza di quello di altri Paesi, è di essere prevalentemente composto da piccole imprese che per loro natura sono belle, malleabili e duttili. Con pochi dipendenti si riesce ad adattarsi: la dimostrazione è arrivata in lockdown con gli artigiani che si sono buttati sul digitale. Come aiutarli? Confrontandoci con il sistema europeo e portando il costo del lavoro e la tassazione uguali per tutte le imprese dell’Unione Europea, altrimenti continueremo a essere penalizzati. E poi serve sburocratizzazione approfittando del digitale, oltre ad usare i soldi che arriveranno dall’UE per investire sulle infrastrutture e far ripartire l’economia.
Il report di Camera di Commercio annuncia il dato più basso degli ultimi dieci anni in tema di nascita delle imprese.
Il problema è che a fronte delle stesse cessazioni dello scorso anno ne sono nate molte meno, quindi va a calare il numero totale. Oggi ci vuole coraggio, serve reinventarsi e inventare lavori nuovi che possano funzionare in questo periodo.