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Covid, il buio dei ragazzi. Moretti e Boschini (AttivaMente): “Richieste d’aiuto aumentate vertiginosamente”

Chiusi in casa a seguire la didattica a distanza ma anche privati di ogni socialità, dello sport, delle chiacchiere all’intervallo, dello sguardo della ragazza carina sul bus, delle feste, del giro in centro e del “cosa mi metto oggi per uscire?”.

I ragazzi dopo un anno di quasi totale lockdown iniziano a mostrare segni di cedimento che preoccupano chi di giovani e del loro benessere si occupa da sempre. Sono le tante associazioni, cooperative e realtà che costellano il nostro territorio e che non hanno mai smesso di esserci, come la cooperativa sociale AttivaMente che lancia un vero e proprio grido d’allarme.

“Abbiamo un incremento notevolissimo di richieste al nostro sportello di ascolto – racconta Valerie Moretti, psicopedagogista e responsabile del servizio – oltre ai genitori preoccupati, si tratta per l’80% di ragazzi tra i 14 e i 22 anni che ci contattano perché hanno bisogno di parlare, di sentirsi ascoltati. E il quadro che ne esce è preoccupante”.

Perché, sospesi tra la nostalgia per un passato talmente lontano da sembrare la vita di un altro e la paura per un futuro che non si sa come potrà essere, i ragazzi si ritrovano a vivere un presente che è niente più che un infinito tempo sospeso capace di consumare anche i più equilibrati.

E le conseguenze sono potenzialmente disastrose: attacchi d’ansia, sonno difficoltoso, problemi di concentrazione e calo del rendimento scolastico ma anche disturbi alimentari, aumento del consumo di sostanze stupefacenti e di alcol e una crescente dipendenza da device. “Se prima uscire e confrontarsi con gli altri aiutava a superare alcune difficoltà, ora i ragazzi hanno perso tutta la parte relazionale che alla loro età è fondamentale – dice Moretti – e questo crea problemi enormi in tutti, a maggior ragione in chi partiva già da una situazione di difficoltà”.

Ed è inutile provare a consolarli (o liquidarli) con un “vi rifarete”, perché per loro questo è un tempo che nessuno potrà mai restituirgli. Perché, inutile raccontarsela diversamente, si è in prima liceo, si festeggiano i 18 anni, si comincia l’università una sola volta nella vita: “Senza più gli impegni, lo sport, gli amici, l’unico ritmo rimasto nella vita dei ragazzi è quello della scuola dove spesso non sono nemmeno ripagati da risultati soddisfacenti – spiega – una ragazza durante un colloquio mi ha detto che si sentiva come se di tutto ciò che era prima fosse rimasto solo l’essere studente. E in adolescenza, quando il confronto con i pari è fondamentale e si è tutto tranne che immobili, è preoccupante. E poi c’è chi ha smesso di sentirsi costretto a casa e non sente più il bisogno di uscire e ha paura di questa sensazione. Dovremmo cominciare a pensare a cosa succederà quando si chiederà ai ragazzi di tornare a vivere come prima. Saranno capaci? I giovani non sono interruttori da accendere e spegnere a piacere e non è scontato che andrà tutto bene”.

Per questo la cooperativa sta ideando alcuni progetti estivi con l’obiettivo di aiutare i ragazzi a ritrovarsi: “Al centro ci saranno loro e le loro relazioni, senza il tramite del cellulare, ma anche il contatto con la natura e con se stessi – spiega – vorremmo aiutarli ad arrivare a settembre avendo metabolizzato questo anno di pandemia”.

“Oltre ai ragazzi, bisogna sottolineare che questo momento sta mettendo a dura prova anche molte realtà socio culturali che avevano il compito non solo di creare legami positivi, ma anche di intercettare i bisogni e i malesseri offrendo soluzioni prima che esplodessero – aggiunge Jacopo Boschini, presidente della cooperativa – se queste saranno costrette a chiudere andrà perso un patrimonio inestimabile di know how che ci vorranno anni prima di riuscire a recuperare”.

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