I frontalieri aumentano e immediate si rinfocolano le polemiche oltre confine. A contestare i numeri (qui i dati) e soprattutto le conseguenze sul mercato del lavoro ticinese, di una crescita inarrestabile, da parte dei lavoratori in arrivo da fuori Ticino, è sempre la Lega dei Ticinesi che nel corso degli anni non ha perso occasione per attaccare i frontalieri. È puntuale, dopo le ultime rilevazioni effettuate dall’Ufficio statistica, ecco pronto un nuovo comunicato dei leghisti.
“A causa della sciagurata libera circolazione il Ticino è sempre più un “caso” nazionale, su cui Berna tiene gli occhi chiusi, anche se la Seco stessa (Segreteria di stato dell’economia), ammette che bisogna “monitorare il mercato del lavoro e i salari” nel Cantone. Non basta più però solo monitorare: occorre mettere in pratica vere misure di salvaguardia a favore del nostro mercato del lavoro. Oggi i frontalieri sono oltre un terzo della forza lavoro in Ticino e sono prevalentemente occupati nel terziario, dove non c’è carenza di manodopera indigena. L’effetto dumping salariale è un’evidenza”. Tra le soluzioni le più volte citate clausole di salvaguardia, ovvero un mezzo utile per regolamentare la libera circolazione delle persone. La clausola sarebbe attivata superata una certa percentuale di lavoratori in arrivo da fuori svizzera.
“Checché ne dica l’IRE (istituto di ricerche economiche), il tasso di disoccupazione ai sensi dell’Ilo (il rilevatore internazionale della disoccupazione, quello che l’IRE non usa!) in Ticino è un terzo più elevato rispetto al resto della Svizzera. Cosa ancora più impressionante è che il tasso di disoccupati ILO in Lombardia è inferiore a quello ticinese! Se poi pensiamo che i lavoratori residenti in questo sfigatissimo Cantone si vedranno aumentare i premi di cassa malati, le bollette dell’energia, oltre a pagare un prezzo assurdo per la benzina e la nafta, mentre i frontalieri beneficiano a piene mani in busta paga del rafforzamento del franco svizzero sull’euro e della riduzione della benzina in Italia il quadro è completo. In questa situazione l’introduzione di clausole di salvaguardia serie ed efficaci per il mercato del lavoro ticinese si rende indispensabile. A maggior ragione per il fatto che l’accordo fiscale sui frontalieri non entrerà mai in vigore in Italia, lasciando quindi il Ticino con il classico cerino in mano”