Ormai da due anni ogni giorno vengono spesso discussi i vari decreti del governo che limita o allarga le restrizioni in basi al contagio. Ma negli altri paesi i provvedimenti sono stati simili o molto diversi? Più o meno stringenti? Abbiamo sentito alcuni comaschi in giro per il mondo e ci siamo fatti raccontare le loro storie.
Danimarca
Matteo Valenzisi è uno di questi. Originario di Cantù ma da quasi 3 anni studia nel nord della Danimarca presso l’University College of Northern Denmark di Aalborg. Avevamo già parlato con lui quasi un anno fa in una intervista nella quale ci aveva raccontato come il Paese nordico avesse sempre attuato provvedimenti blandi per contenere il contagio.
“Qua siamo arrivati all’84% dei vaccinati e non esiste alcun tipo di restrizione – spiega Matteo – la mascherina non va indossata da nessuna parte, nemmeno in luoghi chiusi o mezzi pubblici, se non in ospedale. Le capienze in qualsiasi struttura e manifestazione sono al 100%, il Green Pass è stato abolito tre settimane fa poiché non necessario, e la vita è tornata alla normalità. Mi è arrivata una mail dall’università nella quale veniva specificato che il Covid viene più considerato un pericolo”.
Questa situazione è stata favorita anche da una affermazione precisa fatta dal governo danese: “All’inizio delle vaccinazione è stato promesso che al raggiungimento dell’80% di persone con il doppio ciclo avrebbero eliminato le restrizioni e così è stato. Sono stati in pochissimi i no-vax e non ci sono state quasi manifestazioni”.
Ad oggi in tutta la Danimarca ci sono solo poco più di 300 positivi su un totale di quasi 6 milioni di abitanti, una situazione quasi surreale rispetto al resto del mondo: “Ci ho messo un po’ di tempo ad abituarmi, dal momento che sono uscito dall’aeroporto non ho più messo la mascherina. Qua siamo tornati alla normalità”.
New York
Quasi un anno fa Marta Galfetti, psicologa della comunicazione a New York, ci aveva raccontato di un’impennata di contagi dopo l’estate e un ritorno alla normalità ancora difficile. E oggi, tra la riapertura degli Usa ai turisti e un nuovo aumento dei contagi (+300% rispetto all’anno scorso), com’è la situazione? “Bisogna fare una distinzione tra quello che succede a New York e quello che succede nel resto del Paese – spiega Marta – la situazione qui è molto più tranquilla e non comparabile con altre realtà. Da subito purtroppo l’emergenza Covid ha assunto una forte valenza politica e alcuni Stati repubblicani hanno sottovalutato la gravità della pandemia”.
A fronte di un aumento dei casi, quindi, la situazione nella Grande Mela sembra sotto controllo a partire dalla percentuale dei vaccinati che, secondo gli ultimi dati, negli Usa è ferma a poco più del 50%: “Anche da questo punto di vista la situazione newyorkese è di gran lunga migliore – racconta – qui è vaccinato circa il 70% della popolazione con una concentrazione anche più alta a Manhattan”.
E, come in Italia, anche a New York vige l’obbligo di Green Pass per locali ed eventi al chiuso: “E’ in vigore da fine agosto ed è stato accolto positivamente, anche se non sono mancati alcuni disordini, perché è una soluzione essenziale per la ripresa di diversi settori economici – dice Marta – torneranno i turisti e Broadway ha da poco riaperto dopo la chiusura a marzo 2020. Inoltre è consigliato l’uso della mascherina al chiuso e ora si parla di obbligo di vaccino per i docenti e tamponi settimanali per gli studenti non vaccinati il Green Pass”.
Honk Kong
Nonostante il 60% della popolazione vaccinata e meno di 10 casi al giorno su oltre 7 milioni di persone, Hong Kong non accenna a mollare la presa, come racconta Raffaella Bernasconi, architetto che da 7 anni vive lì: “Quella di raggiungere gli zero casi è un’utopia che Hong Kong si ostina a inseguire invece di imparare a convivere con il virus – dice – questo, soprattutto per gli occidentali che lavorano qui, si traduce in una serie di restrizioni che stanno mettendo molti in difficoltà”.
Dopo un iniziale allentamento delle misure legate alla quarantena di chi rientra dall’estero, infatti, il governo ha nuovamente allungato i giorni di isolamento impedendo di fatto il ritorno di molti dalle ferie in Europa: “Da agosto la quarantena per chi torna da quasi tutta Europa, scali compresi, è passata all’improvviso da una settimana a tre da trascorrere a proprie spese in una stanza di un Covid hotel che costa mediamente dai 400 ai 700 euro a settimana – racconta – questo ha impedito a molti di fare ritorno a Hong Kong visto che gli hotel sono pieni, mentre chi è riuscito a tornare, magari anche con bambini piccoli costretti a stare chiusi in una camera, non potrà più ottenere ferie per rientrare in Europa per le vacanze di Natale. Ci sono state proteste ma il governo non è tornato sui propri passi”.
E anche per chi non esce dal Paese, le restrizioni non mancano: “Inizialmente la popolazione locale aveva paura del vaccino tanto che era addirittura stata organizzata lotteria con in palio un appartamento per invogliare a vaccinarsi – spiega Raffaella – ora i numeri dei vaccinati sono in aumento ma resta comunque l’obbligo per tutti di indossare la mascherina anche all’aperto e da poco è stato introdotto il Green Pass per entrare nei locali serali, mentre prima era sufficiente registrarsi e comunicare se si era vaccinati oppure no”.
Cina
L’anno scorso, mentre in Italia eravamo alle prese con i contagi in aumento, ci aveva raccontato di una Cina in cui il ritorno alla normalità era praticamente già realtà e oggi Nicola Butti, titolare di uno studio di design a Wuxi, nei pressi di Shangai e visiting professor presso la Jiangnan University, non può che confermare questo dato di fatto: “La sensazione che si respira qui è quella di sicurezza e di libertà, soprattutto nelle grandi città – racconta – mentre prima, soprattutto in alcune aree rurali, chi non era vaccinato era prelevato direttamente all’arrivo e portato a sottoporsi alla prima dose, ora i controlli soprattutto nei grandi snodi si sono molto allentati e in città l’unica limitazione è data dalla richiesta, per entrare nei centri commerciali o in alcuni business building, di mostrare i bar code che attestano lo stato vaccinale o la presenza, nei giorni precedenti, in zone a rischio. Nessuna limitazione, invece, per l’accesso a bar e ristoranti o eventi dove non c’è neppure la riduzione dei posti a sedere, e nessun obbligo di mascherina all’aperto”.
Una Cina, quindi, che sembra essersi ormai dimenticata l’incubo Covid e che, forte del quasi 70% di persone vaccinate, sembra aver intrapreso una politica di prevenzione che alterna libertà pressoché totale a lockdown mirati per isolare i nuovi focolai.
“Come già successo a luglio nel caso del focolaio di Nanchino, quello che il governo sta facendo è chiudere a singhiozzo alcune zone in cui si verificano nuovi contagi – spiega Nicola – l’unico vincolo pesante resta la quarantena per gli stranieri che rientrano in Cina provenendo dall’Europa che sta mettendo in difficoltà molte persone che lavorano qui e che rischiano di non vedersi rinnovare i contratti ma per il resto non ci sono limitazioni, neppure in previsione degli spostamenti per la festa nazionale a inizio ottobre. Sicuramente il fatto di essere da più di un anno in una situazione di sicurezza aiuta molto a sentirsi più tranquilli”.