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Delusione e rabbia di tre ristoratori: Mauro Elli, Cinzia Battista, Mauro Botta. “Presi in giro, abbandonati, sotto stress”

Oggi, 7 gennaio, è il primo giorno di apertura del nuovo anno per bar e ristoranti. Secondo quanto stabilito dall’ultimo decreto legge, il 7 e l’8 gennaio i locali potranno infatti restare aperti fino alle 18 essendo in zona gialla.

Como e Lombardia: 7-8 gennaio fascia gialla, oggi bar e negozi aperti. 9-10 gennaio arancioni. Le misure

A fronte dei mesi drammatici appena trascorsi, e di un periodo natalizio decisamente pessimo per il settore, cosa ne pensano i ristoratori comaschi di questa apertura decisa dal Governo per oggi e domani? Ne abbiamo parlato insieme a Mauro Elli (patron del ristorante Il Cantuccio di Albavilla e vicepresidente Fipe Como), Cinzia Battista (Ristorante In Teatro di Como) e Mauro Botta (Ristorante Seta di Bellagio).

Elli: “Inconveniente e dispendioso”

Contattato in un orario solitamente di punta per la sua attività, Mauro Elli ci confessa che in realtà ha tempo da dedicarci “visto che abbiamo scelto di non aprire il ristorante per due soli giorni”. E questo ci dà già un’idea di come consideri la zona gialla decisa per oggi e domani.

“Penso che sia una presa in giro – aggiunge – un’apertura prevede lavoro anche nei giorni precedenti, tra acquisto della merce e organizzazione, e molte spese. Vedendo i numeri della Lombardia, penso che fino al 15 gennaio non avremo altri giorni di apertura: non ne vale la pena. Stare aperti solo fino alle 18, poi, non ha senso. E’ inconveniente e dispendioso, di energie ma soprattutto denaro. Questa settimana alcuni di noi si sono sentiti umiliati. Forse il Governo non si rende conto del lavoro che c’è dietro, per farci aprire solo due giorni”.

Traspare, dalle parole di Elli, tutta la demoralizzazione per le condizioni della sua categoria. “A inizio dicembre ci avevano detto che saremmo stati aperti a Natale, poi è cambiato tutto ma gli ordini della merce ormai erano fatti – osserva – quindi le spese ci sono rimaste sul gobbo. Al Cantuccio abbiamo fatto un po’ di asporto ma non è nel nostro dna, mi è quasi sembrato di fare concorrenza ai sushi”.

Per quanto riguarda i colleghi, molti dei quali rischiano di non farcela a fronte delle aperture a singhiozzo dell’ultimo anno, conclude: “Penso e temo che almeno il 40% dei locali avrà problemi a dare continuità alla propria attività. E poi c’è la questione dei licenziamenti, una volta sbloccati molte persone potrebbero perdere il lavoro. Se dovessero esserci una terza, quarta, quinta ondata non sono fiducioso, nonostante la speranza del vaccino. Tutta questa confusione ci ha portati a subire e basta, non abbiamo più niente da dire, siamo demotivati e delusi, molti hanno quasi voglia di cambiare mestiere”.

Cinzia Battista: “Abbandonati dal Comune”

Come molti altri colleghi, anche Cinzia Battista del Ristorante In Teatro ha abbassato le serrande fino a un tempo ancora da definire. “Da novembre siamo fermi – spiega – con gennaio, fanno già sei mesi di chiusura in un anno. Un disastro, non so quando saremo in grado di riaprire. E tutti i colleghi, da quanto ho sentito, anche con asporto e delivery hanno lavorato molto meno rispetto al primo lockdown. I ristori previsti dal Governo, poi, non sono sufficienti nemmeno a coprire le spese fisse”.

Neanche i due giorni di zona gialla concessi dal Governo, insomma, sono stati giudicati sufficienti da molti per riavviare l’attività. “L’incertezza non fa bene a livello pratico né psicologico – aggiunge Cinzia – la nostra categoria è quella che ha sofferto di più a livello economico in questa situazione, continuo a non capire perché i supermercati siano pieni di gente e noi dobbiamo stare chiusi”.

A nulla sono valse, poi, le proteste del settore in città organizzate nei mesi scorsi – da quella simbolica ad aprile con luci accese e tavoli apparecchiati in una serata di lockdown alla “veglia funebre” degli esercenti a fine ottobre. “Se non vai a Roma, il Governo non recepisce nulla – osserva Cinzia – però, mi sarei aspettata un supporto in più dal Comune di Como. Non ho visto aiuti nemmeno a livello umano, anzi l’uscita del nuovo Codice di autoregolamentazione dei pubblici esercizi ha avuto un tempismo pessimo. Ognuno dovrà rimboccarsi le maniche tra qualche mese, ma per ora ci sentiamo parecchio abbandonati”.

Mauro Botta: “Tanto stress, troppa incertezza”

Tra i pochissimi ristoranti ancora aperti a Bellagio, anche il Seta di chef Mauro Botta ha subito il forte contraccolpo della crisi dovuta alla pandemia. Soprattutto nel periodo natalizio, con turismo sul lago pari a zero e poche prospettive di guadagno.

“Non abbiamo mai chiuso – spiega – eravamo attivi con caffetteria e ristorazione nel weekend come asporto e delivery. Abbiamo lavorato con le persone del posto ma, nonostante qualcuno abbia ordinato i nostri piatti a Natale, non abbiamo avuto alcun guadagno. Abbiamo dovuto abbassare i prezzi e ci siamo dovuti pagare le spese, anche perché aprendo ad agosto non abbiamo potuto usufruire dei Ristori previsti dallo Stato”.

Per quanto riguarda questi due giorni in zona gialla, il ristorante starà aperto fino alle 18 ma certamente non porterà particolari introiti: “Ci difendiamo come possiamo ma lavorare è un’altra cosa – osserva Mauro – siamo sotto stress per questa continua incertezza, è difficile gestire la situazione e sentiamo tanta pressione psicologica. La gente entra e spesso non sa nemmeno cosa può o non può fare, oggi e domani si siede ai tavoli ma sabato dovremo rispiegare a tutti che non possono. Abbiamo tenuto aperto per dare un servizio al paese e per noi, per non stare a casa”.

E per la prossima stagione turistica, Mauro azzarda già qualche previsione. “Penso che gli stranieri arriveranno, se andrà tutto bene, a fine maggio – conclude – speriamo, prima, di poter tornare a lavorare almeno con gli italiani. Però, se continuano a mettere il weekend in zona arancione, non avremo grandi possibilità di guadagno”.

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