Sarà il desiderio di trattenere frammenti di un’Italia che non c’è più, sarà il profumo inebriante della stampa, sarà la presenza di un volto umano dietro pile di carta che strillano gioie e tragedie del mondo ma c’è qualcosa di affascinante nella figura dell’edicolante. In passato mestiere ambito, oggi a rischio di estinzione.
Negli ultimi anni il nostro Paese ha visto la chiusura di circa 14mila edicole e Como non è scampata a questa voragine: in tante hanno alzato bandiera bianca, persino le storiche come quelle in viale Varese e a Porta Torre.
“A fine mese chiudo e vado in pensione – racconta Donato Siggillino, 67 anni – ho iniziato a lavorare a 12 anni, vorrei godermi un po’ di meritato riposo”. Ha gli occhi stanchi Donato, titolare dell’edicola Siggillino in via Sagnino.
“Ho rilevato l’attività dieci anni fa – continua – e già allora era il fulcro della comunità da tanto tempo. Nel quartiere mi conoscono tutti, in tanti passano anche solo per un saluto”. Giornali e monete muovono le mani di Donato e dei clienti.
“La struttura è mia mentre il suolo appartiene al Comune – spiega – se non trovo un acquirente entro fine mese dovrò smontare tutto a mie spese. Un danno non solo economico ma anche umano: trovare uno spiazzo vuoto dove un tempo sorgeva la mia edicola mi rattristerebbe tanto”.
Ma trovare un acquirente non è semplice.
“Il prezzo di vendita è vantaggioso e gli incassi dignitosi – racconta – ma poche persone hanno risorse economiche da investire ed è un mestiere che spaventa”. Sette giorni su sette, dodici ore al giorno e il rischio d’impresa da gestire. Eppure gli occhi lucidi di Donato raccontano qualcosa che non rientra in conti, fatiche e bilanci. Uno sguardo dritto tradito dalla voce rotta.
“I clienti mi mancheranno – dice – mi vogliono bene, soprattutto gli anziani che in me trovano una compagnia”.
Un cliente gironzola nel negozio e dopo aver ascoltato le parole di Donato gli chiede di non andarsene.
“Ho la mia età – sorride – largo ai giovani”.
Se dalla quiete di Sagnino si passa alla trafficata via Anzani, è possibile imbattersi nella storica edicola Cesana. “Ho iniziato 15 anni fa – racconta Giovanna Meroni, 46 anni, co-titolare dell’attività insieme al marito Gianluca – è un lavoro duro e negli ultimi anni si sopravvive”.
Il sorriso gentile e la cordialità di Giovanna raccontano la storia di una persona abituata al contatto con il pubblico. Una solarità che resiste alle difficoltà.
“La crisi ha portato le persone a tagliare il superfluo – racconta – e i giornali non sono un bene di prima necessità. A questo si aggiunge il fatto che si legge sempre meno”.
Via Anzani è stata teatro di alcuni episodi di degrado che in autunno portarono il Comune a imporre il coprifuoco a diverse attività. Ma questo non ha scalfito l’edicola.
“Non ho mai avuto problemi nel quartiere – sottolinea – gli ostacoli sono altri: il giornalismo online e la vendita dei giornali nei supermercati. Due fattori che negli ultimi anni hanno affossato le vendite”.
Un cambiamento che ha portato numerosi edicolanti a chiudere o a cercare un secondo lavoro.
“La nostra è un’attività di famiglia con una storia importante – conclude Giovanna salutando una signora dall’altro lato della strada – chiudere mi dispiacerebbe. E poi non voglio lasciare soli i clienti, resistiamo con e per loro”.
L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.
Un commento
Buongiorno,
Noto e leggo con tristezza, sono rimasto tra gli ultimi ad assaporare la lettura di più quotidiani al giorno. Eravamo già un Paese di analfabeti di ritorno, a parte in un Paese di lauree comprate con soldi o sesso (basta vedere indagini ultimi anni), ma il livello di lettura di libri e giornali già da Paese da quinto mondo quando si vendevano più di 5 milioni di copie tra nazionali e locali. Sono sparite testate storiche, poi ci si mettono gli #oerwelliani di Casaleggi e Grillo (che non riesce più a fare il comico e nemmeno il politico) che vivono in un mondo loro, dove scoppiano i casi direi drammatici come quello di Giulia Sarti è molto altro, con Vito Crimi che vuole chiudere altri quotidiani e abolire l’ Ordine dei Giornalisti, è la Democrazia ?…..? Direi degna di altri Paesi che non cito dei Cinque Stelle. A scuola in terza media abbiamo incominciato a leggere il quotidiano in classe e sono nato nel 1967 , oggi non lo leggono nemmeno tante “CAPRE” come dice Vittorio Sgarbi che siedono in cattedra in Università. Ovvio che spariscano le edicole. Va bene la “crisi” ma la colpa è di internet, la gente non approfondisce bastano i titoli. Tristezza infinita. I dati sulla stampa quotidiana e periodica e sulle imprese editrici di giornali fotografano con nitidezza il quadro di un settore in cui la crisi economica e finanziaria che ha sconvolto l’intero Occidente si mostra particolarmente violenta e si somma alle storiche – e mai risolte – criticita di natura strutturale.
L’economia italiana nel 2012 ha registrato una riduzione del prodotto interno lordo del 2,4%, più pesante di quella prevista, che ha riportato il valore dei beni e servizi prodotti ai livelli del 2009. I consumi hanno subito una contrazione del 3,9%, un’intensità mai toccata nel corso de- gli ultimi cinquanta anni.
L’impatto del quadro economico fortemente recessivo è risultato particolarmente pesante per le imprese editrici di quotidiani e periodici, amplificanfo una tendenza già segnata dalla crisi strutturale dei media cartacei, in uno scenario caratterizzato dall’avanzamento tumultuoso delle tecnologie digitali che rivoluzionano le modalità di consumo dei media e gli stessi processi di produzione dei contenuti. Il passaggio è, sicuramente e senza esagerazione, drammatico.
Il 2012 è il quinto anno consecutivo che si chiude con dati negativi per il settore. I quotidiani hanno registrato una flessione delle copie vendute del 6,6%, i settimanali del 6,4%% e i mensili dell’8,9%. Negli ultimi cinque anni i quotidiani hanno perso oltre il 22% delle copie, più di un milione di persone ha smesso di comprare ogni mattina il proprio giornale.
La crisi ha subito una forte accelerazione: se nel recente passato l’andmento negativo della diffusione e delle vendite era compensato dall’aumento del numero dei lettori, oggi non è più così. Per la prima volta, nel 2012, non solo calano diffusioni e copie vendute, ma diminuisce anche il numero di lettori! L’ultima rilevazione Audipress segnala, infatti, un calo del 9,7% dei lettori abituali di quotidiani rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche i periodici riducono il numero dei lettori, pur se in maniera meno accentuata (-3,2%). Ora siamo nel 2019
Vendite giornali quotidiani nel mese di gennaio 2019. L’anno è partito male: solo due testate, che insieme fanno appena 45 mila copie, segnano una crescita rispetto a un anno fa. Sono la Verità e Libero. Quest’ultimo però vende un quarto delle copie di dieci anni fa.
Per gli altri il segno è meno. Cala anche il Giorno, protagonista di un 2018 brillante. La dolorosa sensazione è che si tratti di una tendenza inarrestabile. Può esserci un appiglio positivo nel fatto che rispetto a dicembre 2018, gennaio 2019 ha visto in crescita un certo numero di testate. I risultati di vendita di Repubblica in gennaio sono in calo solo del 5,5% rispetto a gennaio 2018 e del 2,2% rispetto a dicembre 2018. Il Corriere della Sera è calato rispettivamente del 4% e del 2,2%. Nel gennaio del 2018 le vendite di Repubblica erano in calo del 18% sull’anno prima, quelle del Corriere della Sera solo del 5%. Le vendite di Repubblica erano appena il 36% di 10 anni fa, quelle del Corriere il 46% fatto 41 stampa 42.
Delude il Fatto a conduzione Marco Travaglio e a trazione grillina. Ha perso il 14% anno su anno, il 3% in gennaio rispetto a dicembre 2018. E vende il 41% di quanto vendette nel gennaio del 2011, primo mese registrato da Ads. Come la Stampa, il Fatto fa parte del gruppo che ha performato peggio. La Stampa ha perso il 14% delle copie gennaio su gennaio, il 3% di quelle vendute in dicembre, vende il 42% di quanto venduto nel gennaio del 2009 ma il 46% del venduto nel gennaio 2011, che fu di 218.332 mila copie. Insomma siamo sul Titanic politico, economico e sociale con buona pace di Beppe Grillo che non riesce a finire più nessuno spettacolo, c’ è poco da ridere….
State Sereni. Un abbraccio
Davide Fent
@davidefent