In occasione di una visita di due giorni a Roma, una delegazione ticinese guidata dal presidente del Governo Christian Vitta e comprendente anche il ministro degli esteri Ignazio Cassis e il presidente del Gran Consiglio Michele Guerra, ha incontrato il ministro dell’economia italiano Giancarlo Giorgetti. E sul tavolo, come riferisce la Rsi, sono finiti anche due dossier scottanti: i recenti accordi sui frontalieri e la prospettiva della (dispersa da tempo, in verità) tassa sulla salute che Regione Lombardia vorrebbe applicare ai frontalieri per aumentare i compensi del personale sanitario di confine.
La nota ufficiale, in realtà, è stata molto stringata: “Questo incontro ha permesso di consolidare ulteriormente la dinamica positiva instauratasi negli ultimi anni e manifestatasi nella conclusione di numerosi accordi e scambi commerciali che superano ormai il miliardo di franchi alla settimana. I due ministri si erano incontrati l’ultima volta nell’aprile del 2023, un anno caratterizzato tra le altre cose dall’entrata in vigore dell’accordo bilaterale relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri e l’uscita della Svizzera dalla lista nera italiana concernente l’imposizione delle persone fisiche”.
Ma a margine sono emersi dettagli decisamente più interessanti. Circa l’accordo sui frontalieri, ad esempio, Vitta ha dichiarato ai microfoni del Quotidiano che “abbiamo discusso dei primi ostacoli tecnici nell’applicazione pratica”, che adesso si cercherà di risolvere. Si tratta, più nel dettaglio, “della definizione fra vecchio e nuovo frontaliere” e anche del tema “della disponibilità di dati alla quale l’Italia vorrebbe accedere”, ha aggiunto all Rsi.
Ma un’altra questione aperta è data dalla tassa della sanità che vorrebbe applicare la Lombardia: “Sappiamo che la regione vuole applicare questo contributo sanitario, così è definito da parte loro”. Quindi anche questo “è stato tema di discussione”, ha conferma il consigliere di Stato pur senza sbilanciarsi. Come noto, però, il balzello che Palazzo Lombardia vorrebbe imporre ai frontalieri è contrastato anche in Svizzera – oltre che ovviamente dagli stessi lavoratori – praticamente a ogni livello, dai sindacati fino ai datori di lavoro. La nuova tassa, peraltro, almeno sui nuovi frontalieri andrebbe ad aggiungersi alla doppia imposizione che – pur a fronte di salari sempre più alti nella Confederazione rispetto a quelli italiani – ha comunque reso più pesante la tassazione sui lavoratori che si recano ogni giorno oltreconfine. E dunque meno conveniente di un tempo l’ipotesi di fare la vita da frontaliere, con tutti i disagi del caso al di là delle buste paga più pesanti.
Sempre Vitta, riferisce infine la Rsi, ha sottolineato che tra Italia e Svizzera “rimane un terzo aspetto per noi importante, che è l’accesso al mercato dei servizi finanziari”. È stato quindi chiesto che questo dossier, “per il quale non è stata ancora trovata una soluzione, venga rimesso sul tavolo della discussione”.