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Fuga dei lavoratori in Svizzera, Meloni con Confartigianato: “Como non è il Molise, serve regime fiscale agevolato”

La fuga verso la Svizzera delle professionalità più differenti, dal comparto sanitario a quello dell’edilizia, solo per citare due casi emblematici, rappresenta un tema cardine per un territorio di confine e per ogni candidato sindaco. Ne è ben consapevole la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che oggi in città per sostenere la candidatura di Giordano Molteni ha parlato della vicinanza con la Confederazione con tutte le implicazioni del caso. Ed è stata subito molto netta.

“Non è ipotizzabile che il tessuto produttivo comasco e le tante aziende presenti, proprio perché a contatto con la Svizzera e con la capacità attrattiva che sa esercitare grazie agli stipendi alti, vengano considerate, dal punto di vista fiscale e del cuneo a cui sono sottoposte, identiche a quanto avviene nel Molise, senza alcuna offesa per questa terra – ha affermato la leader di FdI – E’ evidente che si debba valutare diversamente chi opera a ridosso di un competitor tanto impegnativo. Ed è quello che da tempo cerchiamo di fare”.

“La fuga è inarrestabile, ed è in corsa da anni – ha detto sempre Giorgia Meloni – necessario intervenire. Noi al Governo siamo sempre stati vigili”. Ma è davanti ai numeri in sempre maggior crescita dei frontalieri – gli ultimi dati parlano di 75mila persone che ogni giorno varcano il confine (le statistiche)– che si dovrebbero studiare delle soluzioni.

Nei giorni passati il presidente di Confartigianato Como Roberto Galli ha lanciato l’allarme (la denuncia) e ha chiesto delle soluzioni come una fiscalità agevolata e salari più alti per chi lavora a ridosso del confine. Proposta che girata alla leader di Fratelli d’Italia trova una sponda autorevole: “Noi siamo assolutamente d’accordo sulla necessità di lavorare per elaborare un regime fiscale di favore per le aree di confine. Non si può non pensare a come sostenere da un lato le aziende che perdono forza lavoro che magari hanno anche formato, e dall’altra parta si deve capire come aiutare i lavoratori stessi per spingerli a non lasciare l’Italia. Lo stesso ragionamento fatto per i frontalieri è da applicare anche ai tanti universitari pronti a partire e lasciare subito l’Italia non appena conseguita la laurea”.

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Un commento

  1. Eh si sono già 5 anni che in regione lombardia avevano detto che ci avrebbero pensato loro visto che a Roma non se ne parla! Però neppure i fascio-leghisti del Pirellone hanno mantenuto la parola.

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