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I sindacati al prefetto: “Residenze anziani e disabili, rischio strage. Requisire strutture”

Il caso delle residenza per anzianni e per disabili, dove i tassi di mortalità legati al Covid-19 sono spesso molto alti, continua a tenere banco. Oggi Cgil, Cisl “unitamente alle categorie di rappresentanza dei Pensionati, del Pubblico Impiego, della Sanità e dei Servizi” denunciano “la gravissima situazione all’interno delle RSA, delle RSD, comunità Residenziali e delle altre strutture Socio-Sanitarie della provincia di Como, ed alle forti criticità che sta affrontando il personale Sanitario, Assistenziale, dei servizi di pulizia e preparazione pasti, a seguito dell’emergenza COVID”.

Pubblichiamo di seguito ampi stralci del documento congiunto inviato al prefetto di Como.

Siamo consapevoli dell’emergenza sanitaria in atto, che sta portando alla saturazione gli ospedali, in particolare i reparti di terapia intensiva. Nonostante da settimane le RSA e le RSD siano in auto isolamento, con il divieto assoluto di accesso ai parenti, gli ospiti continuano ad ammalarsi e nei casi più gravi a morire.

Ci viene inoltre segnalato che a fronte di sintomi evidenti accertati dai medici delle strutture i tamponi non vengono eseguiti e gli ospedali non eseguono il ricovero delle persone provenienti da RSA e RSD con sospetto COVID-19, con il conseguente rischio che l’infezione si propaghi agli altri ospiti e al personale. Il tutto in difetto di quanto prescritto dall’Istituto Superiore di Sanità nelle Indicazioni ad Interim per la prevenzione e il controllo dell’Infezione aggiornato al 16 marzo 2020, che indicano in caso di sospetto COVID19 la segnalazione al servizio d’igiene pubblica per essere sottoposto a tampone naso-faringeo.

In alcune strutture vi sono già stati decessi a seguito di COVID-19 e altri sono stati classificati come sospetti, ma senza la certezza per mancanza di diagnosi si rischia di generare un elevato potenziale di infezione per gli ospiti oltre che per il personale creando crescente preoccupazione e allarme tra il personale sanitario e assistenziale. Alle già carenti mascherine (tipo chirurgico) si segnala in alcuni casi l’assenza o l’insufficiente dotazione dei KIT SARS-COV-2 come mascherine facciali filtranti (FFP2 o FFP3), occhiali, camici monouso ecc.

Alle problematiche elencate si somma anche la decisione di Regione Lombardia di utilizzare le RSA come strutture per ospitare i pazienti COVID-19 dimessi dagli ospedali (sulla quale, a livello regionale, abbiamo sin da subito espresso e continuiamo ad esprimere il nostro dissenso) appesantisce e rende ancora più grave e pericolosa la situazione all’interno di questi istituti.

Pertanto stante la grave situazione chiediamo con la presente la definizione di una linea d’intervento che metta in campo tutte le risorse disponibili e coinvolga tutti gli attori del territorio, anche a seguito dei rispettivi protocolli sottoscritti il 24 marzo u.s. dal Ministero della Salute e il 25 marzo u.s. dal Governo con le OO.SS.

Siamo nel contempo a chiederLe, come Rappresentante dello Stato: di intervenire, attraverso una sorveglianza attiva, sulla distribuzione e l’uso dei DPI tutte le realtà sanitarie, sociosanitarie e assistenziali, anche predisponendo gli opportuni controlli; di predisporre di concerto con l’ATS Insubria una campagna di tamponi diffusa su operatori, ospiti e pazienti, da ripetersi nel tempo, per avere una fotografia sempre aggiornata della situazione, permettendo così un maggiore controllo del contagio, evitando in questo modo un “epidemia tra gli operatori” e “una strage tra gli ospiti” che in altri territori della regione purtroppo è già realtà; ricevere informazioni/aggiornamenti sul numero dei contagiati e/o sospetti e dei decessi nelle singole RSA, RSD e altre strutture Socio-Sanitarie.

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Le chiediamo inoltre, facendo riferimento all’art.6 del decreto “Cura Italia”, di attivarsi di concerto col Capo Dipartimento della Protezione Civile al fine di requisire strutture idonee sul territorio.

Questa misura permetterebbe di contrastare ulteriormente il contagio e di garantire alle lavoratrici ed ai lavoratori afferenti ai comparti sopracitati un alloggio idoneo al recupero psicofisico (che mai come in questo momento è fondamentale), proteggendo le loro famiglie.

Questa soluzione potrebbe essere allargata a ulteriori strutture, al fine di intercettare i pazienti e gli operatori sospetti COVID-19 e garantire l’assistenza in quarantene protette o osservazioni protette, non domiciliari.

Giacomo Licata – Segretario Generale Cgil Como,
Francesco Diomaiuta – reggente Cisl dei Laghi,
Salvatore Monteduro – Segretario Generale Uil del Lario

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2 Commenti

  1. Bravi che sono tutti, ma del fatto che la protezione civile abbia requisito tutti i dpi dei privati per darli al pubblico per chiedere poi al privato di metterli ai propri operatori non ne parla nessuno, vero??? Bravi, molto bravi a colpevolizzare chi non ha voce! I soliti sindacati…

  2. Questa esigenza prima ora diventa un grido di allarme e di urgenza !!!!
    Non lasciate sole le case di riposo ed accoglienza gia messe a dura prova ordinariamente con ii tagli di spesa gia’ attuati.
    Chi scrive conosce direttamente il problema.

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