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I sindacati: “In Comune 23 milioni liberi ma alle scuole si preferiscono la Como come Venezia e progetti fantasiosi”

Dopo la clamorosa protesta delle candele delle famiglie che lunedì sera hanno protestato in Comune a Como contro la chiusura di 8 scuole voluta dal sindaco Alessandro Rapinese e dall’assessore alle Politiche educative Nicoletta Roperto, anche l’incontro del primo cittadino con i sindacati sullo stesso tema non è finito bene. Di seguito, la nota di Cgil Como, Cisl dei Laghi e Coordinamento Uil Lario.

L’incontro con il Sindaco, tanto atteso, si è rivelato un’occasione mancata. Al di là delle apparenze, non è emersa una reale volontà di confrontarsi in modo costruttivo sulle problematiche che affliggono il nostro sistema scolastico. Il tema dell’istruzione è stato banalizzato, ridotto a una mera questione di bilanci, senza considerare l’impatto che queste scelte hanno sulla vita dei nostri giovani e delle loro famiglie.

Ed anche prendendo a riferimento i numeri non quadra il discorso della Giunta Comunale: un avanzo libero di 23 milioni di euro, sul rendiconto del 2023, non viene considerato sufficiente per far fronte alle opere di manutenzione in 8 plessi scolastici. La disponibilità di spesa del Comune viene indirizzata, nelle parole del Sindaco, su progetti che ancora non hanno visto né la messa in opera né l’ideazione. Mentre quindi si fantastica su come investire e non si sa se e quando questo avverrà mai, l’unica certezza è che la Giunta decide che le scuole non siano una priorità nelle voci di spesa.

I dati sono impietosi: Como si colloca al terz’ultimo posto in Lombardia per percentuale di spesa sul bilancio destinata all’istruzione (Missione 4), fermandosi al 9% contro una media regionale del 10,2% e una media nazionale del 9,4%. Ciò significa che il nostro Comune investe meno rispetto ad altri territori, sottraendo risorse fondamentali al futuro dei nostri ragazzi.
Anche la spesa pro capite per i ragazzi sotto i 15 anni è allarmante: a Como si spendono 948 euro, una cifra nettamente inferiore alla media regionale di 1.245 euro e ben lontana dai 1.926 euro di Brescia, eccellenza lombarda. Questi numeri dimostrano chiaramente come l’istruzione a Como sia considerata una voce di spesa secondaria, a discapito del benessere dei nostri giovani e delle loro famiglie.

La decisione di chiudere le scuole e spostare gli alunni, presa con estrema leggerezza e senza considerare le conseguenze per le famiglie e la qualità dell’insegnamento, dimostra una preoccupante superficialità da parte di questa amministrazione comunale nell’affrontare le questioni relative all’istruzione.

Anche il tema del calo demografico, unica motivazione restante per noi resta non condivisibile: alcuni dei plessi scolastici oggetto della decisione draconiana di chiusura hanno addirittura le liste di attesa. Per gli altri plessi noi continuiamo a sottolineare che decidere di togliere servizi alla città non invertirà il calo delle nascite ma produrrà esattamente l’effetto opposto: sempre più coppie troveranno meno conveniente vivere nel capoluogo di provincia che già sconta l’assenza di una politica amministrativa sul problema casa, parcheggi e su una mobilità che rende difficile conciliare vita e lavoro.

In questo contesto, appare evidente una contraddizione nelle parole del Sindaco Rapinese, che il 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica, dichiarava: «Mi chiedo cosa sia la Repubblica per me». E rispondeva: «È l’ospedale dove sono nato in sicurezza». Ma è anche quella realtà che «mi ha consentito di avere decine di maestri e professori, neanche fossi un re» perché «per la Repubblica chiunque di noi è il più importante» e «la Repubblica ti fa sentire un re». E poi «sa come comporre le liti» e «se mi serve aiuto c’è e accorre ovunque io mi trovi». Parole che oggi suonano stridenti, di fronte alla scelta di non ascoltare le esigenze delle famiglie e degli studenti comaschi. Dunque ci chiediamo cosa sia cambiato dal 2 giugno ad oggi.

Parole che risultano ancor più stridenti visto che le scelte compiute, in spregio allo stesso D.U.P. (documento unico di programmazione) approvato dalla Giunta, sono state comunicate agli Istituti interessati prima ancora di avviare un confronto col territorio che potesse conciliare la visione politica di Rapinese con le esigenze di famiglie e lavoratori. Difatti il Piano di Organizzazione della rete delle Istituzioni Scolastiche risale a inizio settembre e solo dopo oltre un mese, e varie sollecitazioni, il Sindaco ha deciso di avviare degli incontri.

E anche qui: che fine faranno gli investimenti del PNRR, comunali e del FESR, che sono intervenuti per centinaia di migliaia di euro, anche negli anni di competenza di questa amministrazione, in alcuni dei plessi coinvolti? Sarà l’ennesimo spreco di denaro pubblico?

La CGIL di Como, la CISL dei Laghi, La UIL Lario ribadiscono con forza la necessità di una politica scolastica che ponga al centro i bisogni dei giovani e delle loro famiglie. Chiediamo un confronto serio e trasparente con l’Amministrazione comunale, affinché si possano trovare soluzioni concrete per garantire a tutti gli alunni comaschi il diritto a un’istruzione di qualità, accessibile e vicina alle loro case. Non possiamo permettere che Como perda presidi di quartiere che oggi le garantiscono di essere un città viva e inclusiva in nome di un mero calcolo economico.

Non accettiamo l’idea, più o meno esplicita, che Como diventi una nuova Venezia a vocazione esclusiva dei soggiorni brevi e che non lasci più spazio alla comunità locale. Queste decisioni inoltre non tengono conto che le scuole sono comunità fatte non solo di alunni ma anche di lavoratori il cui posto di lavoro viene messo a rischio.

È ora di invertire questa tendenza e di fare dell’istruzione una priorità assoluta. Chiediamo all’Amministrazione comunale di aumentare le risorse destinate alla scuola, di garantire edifici sicuri e adeguati pensati come servizio vicino alle famiglie, di potenziare l’offerta formativa e di ascoltare le esigenze degli studenti e delle loro famiglie.
CGIL Como, CISL dei Laghi, Coordinamento Uil Lario
Sandro Estelli ,Daniele Magon, Dario Esposito

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14 Commenti

  1. A questo non gliene frega nulla dell ‘istruzione scolastica tanto meno dei problemi che crea alle famiglie…mandatelo a casa

  2. famiglie arrangiatevi. chi trova posto più vicino è fortunato. alla faccia della continuità didattica. tanto si può tranquillamente andare a piedi ovunque…Como è dotata di un’efficiente rete di trasporto pubblico per cui…arrangiatevi. vedremo cosa arriverà in viaPerti al posto della scuola, casa vacanze? albergo? un nuovo INFOPOINT turistico??? ah ah ah. mi piacerebbe che la fermezza e rapidità mostrata per decidere di chiudere “all’improvviso” tutte queste scuole venisse attuata anche nel controllo della sicurezza in città, della pulizia delle strade e delle manutenzioni di vie e strade. Oppure per intervenire una buona volta per mettere in sicurezza le torri delle mura cittadine, da anni transennate. Di esempi, purtroppo, ne abbiamo parecchi. e non si può sempre dare la colpa a chi è arrivato prima.

  3. Adesso anche i sindacati sono diventati dei fenomeni amministrativi ma per 40 anni mentre la città marciva dove erano?
    A spasso con la bandiera rossa!
    Ora fanno i maestrini…ma per favore!

    1. Ma lo scopo è tifare per l’ amministratore di turno o piuttosto tifare per la cittadinanza e contestare delle scelte sbagliate?

      Una scelta sbagliata diventa giusta se proviene dalla lista che ha votato?

      Ma che discorsi.

      Mentre lei sta a guardare il colore delle bandiere in città si chiudono delle scuole. Si svegli che il muro di Berlino è crollato da un pezzo !

        1. In pratica a lei non da fastidio quanto sta accadendo ma la capacità di comprenderlo.

          Stia tranquillo per non trovare fenomeni basta fare un giro su altre pagine web dove troverà folle festanti per la chiusura delle scuole. Si sentirà più in compagnia.

          Applausi!

    2. Ma esattamente perchè chiudere la scuola Perti non rappresenta per lei un “lasciarla marcire”?
      Chi si oppone alla chiusura non si oppone alla riqualifica dell’edificio.
      Si teme proprio che chiuderla sia un modo per farla marcire di più al punto che poi non rimane che venderla.

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