RADIO COMOZERO

Ascolta la radio
con un click!

Attualità

Il Circolo islamico Assalam di Cantù vince in tribunale, Comune sconfitto: “La libertà di culto va garantita”

Il Tar di Milano, annullando il secondo diniego della domanda di permesso di costruire per luogo di culto, accoglie il ricorso dell’associazione islamica Assalam riconoscendo che anche il Comune di Cantù deve consentire l’esercizio della libertà di culto laddove siano rispettate le norme di legge, a cominciare dalla Costituzione, e regolamentari, come si verifica per Assalam“. A dare la notizia i tre avvocati Mario Lavatelli, Vincenzo Latorraca e Michela Luraghi. Di seguito, la nota congiunta della nuova vittoria dell’associazione in tribunale.

Dall’accurata motivazione della sentenza emerge il fil rouge, vale a dire l’assoluta rilevanza del diritto di culto, sancito dalla Costituzione, la necessità di luoghi dedicati, come chiarito in più occasioni dalla Consulta, nonché il dovere dell’Amministrazione di condurre un’adeguata istruttoria con adozione di provvedimenti motivati, non essendo mai ammissibile che la discrezionalità sfoci nell’arbitrio.

Occorre rilevare che dopo un lungo ed impegnativo iter giudiziario, finalmente Assalam ha ottenuto il rispetto dei propri diritti e interessi legittimi.

Il Collegio ha ritenuto illegittime “tutte le ragioni addotte dall’amministrazione a fondamento del diniego”.

In particolare, in riferimento alla pretesa mancanza di corrispondenza tra lo stato di fatto rappresentato negli elaborati allegati all’istanza e lo stato di fatto esistente, il TAR ha ben evidenziato che, ai sensi dell’art. 6 L. 241/1990, è onere del responsabile del procedimento “accertare d’ufficio i fatti e di attivare il soccorso istruttorio per consentire all’istante di rettificare dichiarazioni o istanze erronee e incomplete”.

Il Comune, come si legge in sentenza, ha “violato questa disposizione”.

Chiarisce ancora il Collegio che, dovendo pronunciarsi su un’istanza presentata nel 2014, l’Amministrazione “avrebbe dovuto attivarsi e, ove avesse ritenuto insufficienti le planimetrie allegate alla dia del 5.10.2016 e della scia del 10.5.2017, presentate dall’Associazione nel corso del procedimento, a seguito della comunicazione del preavviso di rigetto, avrebbe dovuto richiedere rettifiche al progetto o integrazioni alla documentazione presentata”.

La fondatezza del ricorso è stata dichiarata anche rispetto alla pretesa mancanza di conformità del progetto al fabbisogno dei parcheggi previsto dall’art. 6.1.5 n.t.a.

Sotto un primo profilo, di natura processuale, il TAR ha escluso la violazione del ne bis in idem “non essendovi identità tra il presente giudizio e quello definito con la sentenza n. 165/2021, che aveva ad oggetto un provvedimento differente, con cui è stato negato il rilascio di un diverso titolo edilizio (…)”.

Nel merito, ha dichiarato il difetto di istruttoria e motivazione posto che non si evince dal provvedimento “quale sia la disposizione dello strumento urbanistico cui è stata data applicazione e la conseguente dotazione di parcheggi richiesta per l’intervento edilizio. Il richiamo all’art. 6.1.5 non può, invero, ritenersi sufficiente: tra le destinazioni elencate nella norma tecnica non figura invero quella a luogo adibito al culto; né nel provvedimento viene indicato in quale, tra gli usi ivi previsti, sia considerata ricompresa la destinazione a luogo di culto. La mancanza di chiarezza in ordine a quale sia la dotazione di parcheggi necessaria in forza delle previsioni dettate dallo strumento urbanistico è vieppiù palese alla luce di quanto rappresentato dalla ricorrente circa l’avvenuto rilascio di titoli abilitativi per un’attività di spettacolo e intrattenimento – che porta anch’essa a un indubbio aggravio del carico urbanistico – in un locale situato in via Milano, n. 127/b, nelle vicinanze dell’immobile oggetto della presente controversia, senza che risulti essere stata avanzata alcuna richiesta di dotazione di parcheggi”.

Per quanto concerne il diniego di monetizzazione, il Giudice Amministrativo ha affermato che “Il Comune si è limitato a rilevare come l’accoglimento di una tale istanza rientri tra le facoltà riconosciute dall’ordinamento all’amministrazione comunale ma non ha indicato alcuna ragione a giustificazione del diniego. La circostanza che l’amministrazione disponga di un potere discrezionale non la esime, certo, dall’esplicitare le ragioni poste a fondamento delle decisioni adottate in materia di monetizzazione le quali devono essere altresì improntate al rispetto dei principi di logicità, imparzialità, ragionevolezza e non arbitrarietà”.

Inoltre, è stato sottolineato che “se ai fini della verifica del rispetto dei parcheggi pertinenziali non rilevano i parcheggi di uso pubblico, come chiarito con la sentenza n. 165/2021, questi ultimi assumono, invece, un indubbio rilievo allorché l’amministrazione venga chiamata a pronunciarsi su un’istanza di monetizzazione”.

Anche la pretesa mancanza dei requisiti richiesti all’art. 70, c. 1, 2 e 2 bis LR 12/2005 è stata dichiarata illegittima con la seguente argomentazione: “a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale – che con sentenza n. 63/2016 ha dichiarato illegittimi i commi 2-bis, limitatamente alle parole «che presentano i seguenti requisiti:» e alle lettere a) e b) e 2-quater – la norma non prevede più alcun requisito per gli enti e confessioni religiose diverse dalle confessioni religiose con cui lo Stato ha già approvato con legge la relativa intesa ai sensi dell’articolo 8, terzo comma, della Costituzione. La ragione di diniego viola quindi il dettato della legge regionale e il diritto costituzionalmente garantito alla libertà di culto il cui esercizio, come affermato dalla Corte Costituzionale, ‘trova nella disponibilità di luoghi dedicati una condizione essenziale’”.

Infine, anche rispetto all’ultimo motivo pretesamente ostativo al rilascio del titolo edilizio, legato al (preteso) accertato utilizzo abusivo dell’immobile e alla sua acquisizione al patrimonio comunale, il TAR ha puntualmente argomentato: “L’abuso sanzionato con ordinanza n. 2 del 22.6.2017, con cui è stata ingiunta la “cessazione della destinazione d’uso di luogo di culto, mutata in assenza di permesso di costruire previsto dall’art. 52 comma 3bis della LR 12/2005” non ha portato all’acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale: il provvedimento del 17.10.2017 relativo alla trascrizione dell’immobile e alla richiesta di consegna delle chiavi è stato, invero, annullato con sentenza di questo Tribunale n. 2018/2018, stante la fondatezza della censura con cui la ricorrente ha denunciato la contraddittorietà del comportamento del Comune di Cantù che, pur sanzionando il cambio di destinazione d’uso, aveva contestualmente avviato il procedimento per la valutazione di una nuova richiesta di titolo abilitativo sempre presentata dall’Associazione Assalam, volta a consentire l’utilizzazione dell’immobile quale “centro culturale-sociale”. La pronuncia è stata confermata in appello con la sentenza n. 5437/2021. Anche il provvedimento n. 5, reg. gen. 1332 dell’11.10.2022 con cui è stata disposta la “presa d’atto della conclusione del procedimento e dell’accertamento giudiziale coperto da giudicato dell’inottemperanza all’ingiunzione comunale registro n. 2 registro generale n. 36 del 22/06/2017 (…) ai sensi dell’art. 31 commi 3 e 4 del d.P.R. n. 380/01 (…) è stato annullato dal Tar, con sentenza n. 161 del 23.1.2024. Come affermato dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 492/2023 “la fondatezza della pretesa dell’Ente di acquisire il possesso del bene e trascrivere l’acquisto nei registri immobiliari è condizionata alla definizione del rapporto amministrativo inerente la richiesta di permesso di costruire per l’insediamento di un luogo di culto (presentata fin dal 2014), cui è correlato l’esercizio di una libertà costituzionalmente garantita qual è quella religiosa”. Il provvedimento sanzionatorio adottato e i relativi effetti non possono quindi costituire una ragione per negare il rilascio del titolo”.

Il TAR ha altresì condannato il Comune alla corresponsione delle spese di lite.

Dall’accurata motivazione della sentenza emerge il fil rouge, vale a dire l’assoluta rilevanza del diritto di culto, sancito dalla Costituzione, la necessità di luoghi dedicati, come chiarito in più occasioni dalla Consulta, nonché il dovere dell’Amministrazione di condurre un’adeguata istruttoria con adozione di provvedimenti motivati, non essendo mai ammissibile che la discrezionalità sfoci nell’arbitrio.

Avv. Mario Lavatelli

Avv. Vincenzo Latorraca

Avv. Michela Luraghi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

6 Commenti

  1. Un rigore a porta vuota praticamente. Ovviamente verranno rivotati a furor di popolo per continuare a far danni…

  2. Quello che traspare senza leggere tutta la pappardella davvero incredibile e’ inquietante, abbiamo intrapreso una via senza ritorno, complimenti ai legali cosi’ amanti del proprio paese!!!

    1. Perchè leggere dopottuto?! Quanto è costato a questo “amato” paese mandarla a scuola? E i risultati sono questi? beh dopotutto è meglio un un tweet di 6 parole di Salvini e Molteni. Belli chiari quelli.

  3. Il tutto negli stessi giorni in cui a COMO CENTRO si perquisiscono abitazioni di parenti e sodali dell’attentatore di Bruxelles che ha trucidato cittadini innocenti in nome della sua libertà di culto

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potrebbe interessarti:

Videolab
Turismo