In una lunga intervista con Andrea Galli apparsa sul Corriere della Sera, il grande fotografo comasco Maurizio Galimberti, 68 anni, celebre in Italia e a livello internazionale in particolare per i mosaici di Polaroi, stronca con grande durezza il Lago di Como ultraturistico di oggi.
“Hanno costruito palazzine che nulla c’entrano con il contesto, con la storia del paesaggio – ha detto al Corsera – Vedo una ricerca ossessiva dei soldi nella misura in cui bisogna attirare qualsiasi turista possibile, fargli pagare anche mille, duemila euro per una notte in stanza, spennarlo… Vedo cafonerie come bloccare col massimo menefreghismo possibile, tanto purtroppo di vigili non ce ne sono mai, il traffico sulla già faticosa statale Regina per permettere ai conducenti dei voluminosi van di piazzarsi e far scendere i clienti in assoluta calma. Ero a ridosso di un albergo di lusso, avevo spento la moto e tolto il casco, e un tipo della sicurezza, un energumeno, mi ha subito ordinato di andarmene via, di non intralciare gli accessi dell’hotel. Ho protestato, stavo su uno spazio pubblico, e quello mi ha messo le mani addosso…”
“C’è prepotenza – ha aggiunto – c’è maleducazione imperante, si sta sfaldando il senso della comunità, noi siamo stati Volta, Plinio, noi, allargando la geografia del lago, siamo la classe dello scrittore Vitali e la ricerca delle tradizioni del cantautore Van De Sfroos”.
Galimberti poi esorta i comaschi a riflettere (per interventi, repliche, opinioni, foto e video scrivere a redazionecomozero@gmail.com).
“Davvero vogliamo il lago trasformato in un luna park? Davvero ci accontentiamo della possibilità, chi magari perché affitta camere, chi perché magari ha appena aperto un ristorante, di denaro facile, abbondante e immediato? Davvero ci piacciono questi motoscafi casinari, tamarri, anziché le normali barchette da lago? Davvero siamo convinti che basti ingolfare il calendario di mille eventi pur di regalare alla gente occasioni per dei selfie con un mister X famoso o un bolide in esposizione?”.
“Sono e resterò comasco – conclude il fotografo nell’intervista – difendiamo il lago, anche ipotizzando un numero chiuso di ingressi. Il lago è intimità, è il piacere d’abbracciarsi su una panchina vicino all’acqua pacifica”