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Il grido di Paolo da piazza Amendola: “Chiusura alle 18, non lavoro da novembre e gli assembramenti sono peggio di agosto”

E’ una lunga e articolata lettera quella che ci invia Paolo Ceruti, titolare del frequentatissimo Wine Bar Cornobobò di piazza Amendola.

Sono parole durissime rivolte al governo e al Cts che raccontano con profonda amarezza come un anno di disposizioni anti-pandemiche abbia messo in crisi il settore.

Ceruti pone domande puntuali. Chiede, per esempio quale sia il senso della chiusura di bar e ristoranti (in zona gialla) alle 18. Scrive: “Da Novembre 2020 siamo chiusi per merito Vostro in quanto il mio orario di apertura coincide con quello di chiusura disposto dai Vostri decreti. Chiuso nonostante sia in possesso di tutti i requisiti da Voi richiesti per poter lavorare in sicurezza: sanificazione, ingressi contingentati, numero massimo di posti a sedere ecc. Penso, perciò, di parlare a nome di una intera categoria penalizzata dalle Vostre decisioni che aspetta a tutt’oggi una risposta esaustiva ad una semplice domanda: Perché? Perché non mi è permesso lavorare dopo le 18:00? Prima mi sarebbe consentito con lo stesso tipo di locale, clientela, prodotti e restrizioni ma dopo no. Cosa succede di così particolare dopo quell’ora per cui tutte le misure diventano improvvisamente inefficaci o non sufficienti al contenimento del virus?”. E sottolinea: “Perché nonostante sia chiuso come tantissimi del mio settore sento ancora a distanza di mesi la mia categoria usata come capro espiatorio dell’aumento dei casi di Covid?”.

Come detto, la riflessione di Paolo è molto articolata e merita di essere letta per intero.

La pubblichiamo:

“Carissimi” Governo Tecnico e Comitato Scientifico.

Mi chiamo Paolo Ceruti e sono il titolare di un WineBar sito in Como; WineBar che da Novembre 2020 è chiuso per merito Vostro in quanto il mio orario di apertura coincide con quello di chiusura disposto dai Vostri decreti.

Chiuso nonostante sia in possesso di tutti i requisiti da Voi richiesti per poter lavorare in sicurezza: sanificazione, ingressi contingentati, numero massimo di posti a sedere ecc.

Penso, perciò, di parlare a nome di una intera categoria penalizzata dalle Vostre decisioni che aspetta a tutt’oggi una risposta esaustiva ad una semplice domanda: Perché?

Perché non mi è permesso lavorare dopo le 18:00 ? Prima mi sarebbe consentito con lo stesso tipo di locale, clientela, prodotti e restrizioni ma dopo no. Cosa succede di così particolare dopo quell’ora per cui tutte le misure diventano improvvisamente inefficaci o non sufficienti al contenimento del virus?

Perché nonostante sia chiuso come tantissimi del mio settore sento ancora a distanza di mesi la mia categoria usata come capro espiatorio dell’aumento dei casi di Covid?

Facciamo un passo indietro all’estate 2020.

Da lì si è coniato il termine “MOVIDA” per colpevolizzare una categoria di locali pubblici come responsabili dell’emergenza sanitaria dell’Ottobre scorso.

Bene.

Nessuno però ha ancora provato a giustificare con dati “reali” questa accusa perché, di fatto, non esistono.

L’estate scorsa le persone hanno vissuto più o meno liberamente la propria vita perché Voi glielo avete permesso, non perché i locali le hanno incentivate a farlo.

Inoltre, a livello, medico non trova alcun riscontro il fatto che i casi siano passati da quasi 0 a migliaia improvvisamente a distanza di 2\3 mesi dalla sopracitata estate. Quando sappiamo ormai tutti che l’incubazione del virus è di una decina di giorni.

Casualmente lo stesso lasso temporale che è passato dalla riapertura delle scuole a metà settembre e il conseguente congestionamento dei mezzi pubblici (bus, metro, treni).

Forse è stato più facile colpevolizzare i giovani ed i locali da loro frequentati mesi prima, che ammettere di non aver preso per tempo misure corrette e preventive per un rientro scolastico in sicurezza?

Qual è stata allora la Vostra soluzione?

Zona Gialla, Arancio e Rossa?

Cari Signori questa non è una soluzione dettata dal Virus ma dalla Vostra negligenza ed è solo un palliativo che non ha fatto bene a nessuno, semmai ha creato solo confusione e comportamenti difficili da controllare.

Dopo mesi di “lockdown” accuratamente mascherato, credevate che al primo allentarsi delle misure la gente non si sarebbe riversata in strade e piazze per godersi un po’ di aria fresca?

Gli assembramenti dell’estate scorsa sono niente rispetto a quelli che state generando ora.

Certo perché ostinandovi a tenere chiusi ristoranti e bar dopo le 18:00, fate solo in modo che prima di quell’ora migliaia di persone cambino le loro abitudini e si concentrino tutte negli stessi posti alle stesse ore.

Complimenti!

Torno perciò alla mia domanda iniziale. Perché?

Perché se avete imposto agli esercizi commerciali restrizioni e regole per lavorare in sicurezza obbligate poi gli stessi a limitazioni di orari? Se un ristorante può lavorare con le suddette regole a pranzo (rischiando in questo periodo di fare anche tre turni) cosa gli dovrebbe impedire di farlo a cena?

Per assurdo abolire gli orari andrebbe solo a favorire il distanziamento sociale, perché così come è vero che si avrebbe lo stesso numero di individui in giro è altrettanto vero che sarebbe scaglionato su un numero maggiore di ore. Scusate ma anche un bambino delle elementari che sta studiando gli insiemi sarebbe in grado di arrivarci.

Lasciateci lavorare e di conseguenza vivere perché se non ci uccide il Virus lo fate Voi.

Aumentate pure i controlli come in altri Paesi. Sarei il primo ad essere d’accordo. Ma che siano controlli seri e indiscriminati. Nel senso che devono riguardare la collettività e non solo gli esercenti.

Pensate forse che a Novembre, Dicembre e Gennaio scorsi con chiusure a tappeto e coprifuoco i più o meno giovani non si siano organizzati con ritrovi in case o posti non localizzabili?

Certo che lo hanno fatto e con l’aggravante che nessuno poteva minimamente controllare!

Concludo, confidando che questo mio pensiero possa giungere ad un orecchio capace di ascoltare e che quanto prima si creino i presupposti per tornare con consapevolezza ed educazione civica, ad una vita degna di chiamarsi tale.

Paolo Ceruti

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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