Nuovo regime fiscale, tassa sulla salute, dubbi sulla Naspi e quant’altro non frenano la voglia degli italiani (e non solo) di trovare un lavoro oltreconfine. E i numeri lo certificano. Certo, va detto che tutte le recenti discussioni, a partire dal nuovo regime fiscale per i nuovi frontalieri, che ha ridotto il vantaggio economico di un’occupazione in Ticino si fanno sentire.
Infatti se l’Ufficio federale di statistica (UST) evidenzia un quadro in crescita a livello nazionale così non è in Ticino. Nel Cantone, infatti, i 79.812 frontalieri con permesso G registrano una variazione nulla su base annua (0,0%) e un leggero incremento trimestrale dello 0,3%.
Il settore terziario rimane il principale datore di lavoro per i frontalieri, con 285’760 occupati (+1,7%), seguito dal secondario con 121’617 lavoratori (stabile) e dal primario con 3’045 (+5%). In Ticino, le attività si concentrano soprattutto nell’industria manifatturiera e nelle costruzioni, ma cresce anche la quota nei servizi alla persona e nel turismo. Gli uomini restano la maggioranza (264’487, +1,3%) rispetto alle donne (145’935, +1,2%). In aumento anche i frontalieri provenienti da Liechtenstein (+5,7%) e Austria (+0,3%), mentre calano quelli da altri Paesi (−2,7%).
Alla fine di settembre, in Svizzera erano attivi circa 410 mila lavoratori frontalieri con un permesso G. Rispetto allo stesso periodo del 2024, si registra un aumento dell’1,2%. Più della metà di chi ogni giorno attraversa il confine per lavorare nel Paese vive in Francia (57,6%), mentre quasi un quarto arriva dall’Italia (22,7%) e un altro 16,5% dalla Germania. Negli ultimi cinque anni, il numero di frontalieri è cresciuto in modo costante: dai 342 mila del terzo trimestre 2020 agli attuali 410 mila, con un balzo del 19,9%.