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L’architetto Di Salvo: “Il centro al servizio solo di profitto e turismo. Como, addio identità”

“La perdita di identità del centro storico è un processo iniziato già negli anni Trenta e che si sta concludendo oggi, con una città finita, in cui comandano i bar, condannandoci tutti a trasformarci in affittacamere”.

Queste le parole, che suonano quasi come un’epigrafe, di uno dei più profondi conoscitori della città e delle sue trasformazioni, l’architetto Mario Di Salvo.

“Fino a qualche decennio fa si poteva definire la città murata come un tessuto plurifunzionale e plurisociale, con attività artigianali e negozi di vicinato – spiega Di Salvo – poi è iniziato, da un lato un processo di espulsione delle fasce più popolari con l’abbattimento, ad esempio, della Cortesella in nome di un’idea di progresso che non prevedeva il restauro, a cui si è aggiunta, dall’altro, una sorta di ‘neofilia’, di amore per il moderno che ha spinto le fasce più abbienti ad andare a vivere fuori dal centro, nei nuovi condomini anni ’60 con la vista lago, dotati di ascensore e con l’atrio in marmo”.

E da lì, secondo l’architetto Di Salvo, è stato tutto un correre incontrollato verso quello che vediamo oggi e di cui spesso ci lamentiamo, come se non fosse anche un po’ colpa nostra se il centro storico ha assunto quasi le sembianze di un enorme bancone da bar interrotto soltanto da catene di negozi uguali a quelli di qualsiasi altra città.

“Sono anni che a Como è venuto meno il controllo rigoroso da parte dell’Amministrazione. Ognuno fa quello che vuole ed è tutto un mercimonio nell’assoluto lassismo verso i valori ambientali. Basti vedere la mia Piazza Volta, ormai ridotta a un piazzale, con le sedie girevoli scomparse e i tavolini che hanno occupato ogni angolo disponibile”.

L’architetto prova così a individuare uno dei motivi principali che sta dietro a questo cambiamento lampante e inesorabile: “Il fatto è che oggi ci si è dimenticati totalmente dei quartieri mentre ogni spazio del centro è al servizio del turismo e del profitto e non dei cittadini, in nome di un settore che, ricordiamocelo, è definito non per niente ‘terziario’ e che anche il Covid, in tutta la sua drammaticità, ha dimostrato quanto sia fragile se diventa l’unica risorsa per un’intera città”.

Cassina (Confcommercio): “Senza turismo l’alternativa è la desertificazione”

Il centro storico che perde identità, trasformandosi pian piano in una sorta di mix tra centro commerciale e fast food a cielo aperto, preoccupa anche Confcommercio: “E’ una situazione negativa per tutti che accomuna tutte le città turistiche – è il punto di vista di Marco Cassina, presidente di Federmoda Como e consigliere di Confcommercio, oltre che titolare di un noto negozio di abbigliamento in città – ma dove non c’è turismo, l’alternativa è la desertificazione commerciale con negozi che chiudono e non vengono sostituiti da nuove attività”.

Una situazione apparentemente senza via d’uscita, quindi, dovuta principalmente, secondo Cassina, a due fattori: il mancato ricambio generazionale e la mancanza di una legislazione che tuteli le piccole attività.

“Oggi i giovani difficilmente rilevano le piccole attività considerandole, spesso erroneamente, poco remunerative e così i negozi vuoti vengono occupati da brand e catene, inquilini appetibili anche per gli stessi proprietari degli immobili che, giustamente, devono tutelare i propri interessi – spiega – inoltre, dal punto di vista legislativo, mancano strumenti che permettano di incentivare i proprietari a non revocare gli affitti alle piccole attività, magari storiche, che oggi talvolta sono costrette a chiudere anche se in buona salute perché il proprietario dell’immobile non ha rinnovato il contratto preferendo altre destinazioni più remunerative”.

Ma, al di là della nostalgia magari anche anacronistica per la bottega in cui la nonna (e dopo di lei nessuno più) comprava i bottoni, trasformare la città murata nel clone di mille altri centri storici tutti uguali è davvero la soluzione vincente per l’economia di una città?

“No, anzi è un vero e proprio impoverimento progressivo che alla lunga potrebbe avere esiti negativi perché, al di là dei comaschi, gli stessi turisti che cercano un brand vanno nelle metropoli, mentre nelle piccole città come la nostra si aspettano di trovare qualcosa di autentico, made in Italy, dal cibo all’abbigliamento – prosegue Cassina – mi viene in mente banalmente quando ha chiuso la cremeria Bolla e al suo posto è entrata una catena di pizzerie: una perdita per la città ma anche per il turismo stesso”.

E per provare a invertire, almeno in parte, questa rotta, Confcommercio sta mettendo in atto alcuni interventi per provare a sostenere le piccole attività locali: “Oltre a muoverci perché si possa intervenire con sostegni a livello legislativo, stiamo lavorando anche in collaborazione con le scuole professionali e le associazioni di categoria per formare giovani che garantiscano un ricambio generazionale di qualità anche attraverso esperienze formative all’estero per vedere cosa si fa altrove – dice – per questo proponiamo corsi a 360 gradi dai social alle lingue, per far sì che il commercio diventi sempre più una professione a tutti gli effetti”.

L’ARTICOLO CHE HAI APPENA LETTO E’ USCITO SU COMOZERO SETTIMANALE: ECCO DOVE PUOI TROVARLO

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5 Commenti

  1. Difficile non condividere ogni parola, se posso aggiungere vorrei chiedere anche che senso ha che attivita’ ultradecennali come parrucchieri si trovino a tre metri una attivita’ simile aperta da extracomunitari in una via dove gia’ altri 4 fanno lo stesso, parlo di Via Cadorna, evidentemente qualcosa non va, si polverizza il lavoro essendo la clientela sempre quella, ma nessuno verifica prima di concedere permessi o gli stessi non servono piu’ che e’ peggio ?

  2. L’architetto Di Salvo ha pienamente ragione e andrebbe ascoltato dai politici ignoranti e piegati ai voleri delle lobby affaristiche che tengono in pugno la città. E i sedicenti progressisti avrebbero dovuto puntare su una persona come Di Salvo per la figura di sindaco, anziché svendere il ruolo a una donna in carriera che rappresenta le lobby medesime.

  3. Sono stata un’allieva dell’architetto Di Salvo, quando questi insegnava allo storico “Istituto di Setificio”. Condivido al 100% la sua analisi sulla situazione che si sta creando in città. A Como ormai non si riesce piu a camminare nel centro, bisogna fare una continua ginkana tra tavoli e sedie che sono ovunque. Tra un po’ le metteranno anche davanti alla splendida Cattedrale. È davvero vergognoso che nessuno si indigni, a parte pochi, e non si fermi questa invasione. Che qualcuno prenda provvedimenti in merito! Questo non è certo un abbellimento della città, ma anzi il segno di un lento degrado. Difendiamo Como

  4. Aggiungo a quanto ho detto nell’articolo, che l’Assessorato al Commercio del Comune di Como, in collaborazione con tutte le Associazioni di Categoria comasche, negli ultimi anni ha finanziato interventi di riqualificazione per attivita’ presenti nel Distretto Urbano del Commercio con contributi a fondo perso che hanno favorito questo processo di salvaguardia delle stesse.

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