La tassa sulla salute per i frontalieri potrebbe arrivare all’astronomica cifra di 400 euro al mese. E, doppia ironia (amara) della sorte, per volontà dello Stato italiani. Ne avevamo già parlato qui due giorni fa, ma ora – fatti due conti – emerge lo spettro di un autentico salasso per i lavoratori italiani che varcano il confine ogni giorno per andare a lavorare in Svizzera.
Il tema è quello che si trascina da mesi: la Confederazione si rifiuta di fornire allo Stato italiano gli elenchi dei frontalieri, e nello specifico i vecchi frontalieri, cioè quelli che già lavoravano oltreconfine al 17 luglio 2023, data di entrata in vigore del nuovo accordo fiscale. Su questi lavoratori, come noto, dovrebbe venire applicata la nuova tassa sulla salute. Il “contributo” – come preferisce chiamarlo Regione Lombardia – dovrebbe oscillare tra il 3 e il 6% del reddito, ma con un tetto massimo di 200 euro mensili. Qui, però, si inserisce la mossa nata nel Parlamento italiano.
Non riuscendo a venire in possesso degli elenchi dei lavoratori, ecco spuntare un emendamento alla Legge di bilancio 2025 che prevede la dichiarazione obbligatoria di tutti i soggetti interessati. E, in caso di inottemperanza e di omessa dichiarazione, ecco la prospettiva del raddoppio del prelievo sui redditi dei frontalieri. Che, dunque, potrebbe passare, nell’ipotesi massima, da 200 a 400 euro al mese. Una follia.
“L’accordo del 2020 ha mantenuto per i vecchi frontalieri il sistema dell’imposizione unica in Svizzera e non prevede che le autorità elvetiche ne forniscano i nominativi all’Italia – hanno infatti denunciato Angelo Orsenigo e Samuele Astuti, consiglieri regionali del Partito Democratico – ora si vorrebbe che fossero loro ad autodenunciarsi all’assessore Bertolaso per dare alla sanità lombarda le risorse che il governo non fornisce”. I fondi incamerati da Palazzo Lombardia tramite la tassa sulla salute, infatti, dovrebbero poi andare a rimpinguare le buste paga di medici e infermieri lombardi.
“Questa imposizione è in contrasto con l’accordo italo-svizzero del 2020, e rappresenta un aggravio ingiustificato per i lavoratori e i comuni. Chiediamo innanzitutto che questa norma venga soppressa e che la Regione esprima con forza il proprio dissenso”, concludono Orsenigo e Astuti.