A due anni esatti dalla nomina a presidente della Fondazione Volta (era il 29 giugno 2018), a un anno dalla scadenza del mandato e nel bel mezzo di quello che verrà probabilmente ricordato come l’annus horribilis di tutti i settori, cultura compresa, Luca Levrini prova a fare il punto della situazione tra progetti realizzati, sogni ancora nel cassetto e una città con un cuore pulsante ma mani troppo spesso legate.
A due anni dalla sua nomina, a che punto sono i progetti che si era proposto di realizzare?
Sono un idealista nato e, ahimè, ho iniziato con l’ambizione più alta, quella legata alla valorizzazione del Tempio Voltiano (progetto presentato dalla Fondazione a ottobre 2018 Ndr). Quello di cui mi sono accorto in questi due anni, però, è che un conto è vivere la città da cittadino semplice, un altro è entrare nei meccanismi dell’amministrazione, della politica, delle anime culturali. Nel momento in cui le vivi ti rendi conto di alcune cose.
Ad esempio?
Che esiste, da un lato, da parte di moltissimi un instancabile desiderio di fare ma che, dall’altro, ci sono grandi limiti che impediscono la concretizzazione di questi progetti.
Di che limiti parla?
La burocrazia e l’economia. Fondazione Volta si è sempre adoperata per essere un elemento di convergenza e necessaria condivisione, premessa necessaria del fare. Ma poi ogni progetto si scontra inevitabilmente contro la macchina comunale nella quale anche gli stessi dirigenti si scontrano con una burocrazia del timore, quella che tende a non fare per paura delle conseguenze.
E poi c’è l’aspetto economico.
Sì ma è un problema relativo, che si pone solo quando si parla di grandi mostre. Gli indicatori della cultura del Sole 24 Ore segnalano che Como, negli ultimi anni, ha perso sì qualche posizione ma è all’undicesimo posto davanti a città come Brescia, Bergamo o Torino per numero di spettacoli. E questo significa che la nostra città ha nelle piccole realtà un motore culturale veramente forte. Quindi ben vengano bandi per finanziare eventi di piazza.
Quali sono i progetti sulla sua scrivania, oggi?
La cosa che devo assolutamente realizzare è sdoganare il valore di Volta come precursore dell’ecologia con iniziative specifiche a cominciare dalla partecipazione a We Planet, una mostra diffusa a Milano realizzata con grandi globi dedicati al tema della tutela del pianeta. Noi ne esporremo uno in Corso Como, un’occasione per valorizzare la nostra città e l’impegno nel sostenibile. E poi un evento sulla mobilità elettrica di cui Como potrebbe essere protagonista con i battelli elettrici e l’inaugurazione, entro l’anno prossimo, del museo dedicato alla Vis Comensis sotto il Liceo Volta (vincitore del bando Emblematici Cariplo 2019 Ndr).
E, a lungo termine, avete anche le celebrazioni per il Bimillenario di Plinio il Vecchio.
Entro fine anno vorremmo istituire il comitato locale delle celebrazioni. Per il 2023 mi aspetto scintille dalla città. Ci sarà di certo una grande mostra e iniziative che coinvolgeranno non solo la Lombardia ma tutto il territorio nazionale se non l’Europa e Como deve per forza candidarsi a baricentro di queste iniziative.
Ce la farà anche a realizzare il sogno del Tempio Voltiano?
Il Tempio vive in un’area che deve essere ridisegnata e ha problemi strutturali che rendono al momento irrealizzabile il nostro progetto di valorizzazione. Ci siamo dati come termine il 2027, anno delle celebrazioni per i 200 anni dalla morte di Volta. Sono ottimista.