Nel 2017 furono assunti 240 addetti a tempo indeterminato e 4140 a tempo determinato nel settore turistico sul Lago di Como. Nel 2018 furono 930 i primi e 4550 i secondi.
Stiamo parlando di quasi 5mila persone che lavorano stagionalmente, per 7 o 8 mesi all’anno e che nei mesi restanti sono costretti a chiedere la Naspi, ovvero la disoccupazione.
Un ciclo cui appartiene anche Giorgia, residente a Menaggio, cameriera ai piani in un albergo a quattro stelle in Tremezzina. La struttura ricettiva in cui lavora ormai da otto stagioni però, a causa della crisi legata al Coronavirus, non ha ancora riaperto.
“Da quanto ci è stato riferito l’hotel dovrebbe riaprire con la fine di luglio ma lo farà a ranghi ridotti – racconta Giorgia – Ciò significa che non solo abbiamo perso praticamente metà stagione lavorativa (di solito si inizia a marzo, Ndr) ma anche che sicuramente non tutti verremo assunti perché con le prenotazioni contate non c’è bisogno del personale degli ultimi anni”.
In questi mesi Giorgia ha tirato avanti con i bonus dello Stato ma i mesi autunnali e invernali potrebbero trasformarsi in un vero inferno per lei e per i migliaia di lavoratori stagionali del Lago di Como.
“Qualora non lavorassi questa stagione, non potrei accedere alla disoccupazione – spiega la lavoratrice – Ciò significa che non guadagnerei nulla fino all’inizio della stagione 2021. Questa è la prospettiva peggiore, la migliore è che riesca a lavorare almeno fino a novembre così da poter accedere alla Naspi per la metà dei mesi in cui ho lavorato. In caso contrario dovrò sopravvivere con un po’ di risparmi e grazie allo stipendio del mio compagno. Se fossi sola, non so davvero cosa farei”.
D’altra parte l’afflusso turistico sul Lario è ai minimi storici. “Le ultime due stagioni sono state incredibili, abbiamo lavorato tantissimo ma prettamente con gli stranieri, avevamo una clientela con i fiocchi – sottolinea Giorgia – Quest’anno è davvero difficile e trovo che gli albergatori che decidono di riaprire, conoscendo il rischio economico di una stagione non abbastanza redditizia, sono estremamente coraggiosi. Speriamo davvero per tutti che qualcosa si muova”.
A dare un quadro generale della situazione in cui versa il settore turistico sul Lario è Fabrizio Cavalli di Filcams. “La realtà attuale è in continua evoluzione – spiega – Possiamo dire che gli alberghi hanno un’occupazione del 50% in meno rispetto all’anno scorso. La maggior parte ha aperto tardi e con ritmi estremamente ridotti, molti ancora non hanno cominciato la stagione”.
Sorprendentemente Cavalli sottolinea che “i contratti a chiamata, soprattutto nella ristorazione, sono aumentati notevolmente perché il turismo è prettamente locale e città e lago si riempono esclusivamente nel weekend. Quindi, vista la precarietà della clientela, i titolari non azzardano assunzioni di lungo periodo”.
I problemi economici delle strutture ricettive però si riversano inevitabilmente su tutto il territorio. “E’ chiaro che una minor occupazione crea problemi al territorio sul lungo periodo – spiega Cavalli – Gli alberghi sono la ricchezza del territorio lariano perché portano turisti stranieri da America, Russia e Asia che spendono molto. La loro assenza ha un riflesso anche sull’occupazione in altri settori”.
Serve correre ai ripari. “Come Filcams – spiega Cavalli – stiamo chiedendo da una parte che anche per la nuova cassa integrazione sia possibile inserire la causa Covid così che gli stagionali possano accedervi e dall’altra che la disoccupazione possa essere chiesta con i parametri dello scorso anno altrimenti chi non ha lavorato questa stagione non riceverà sussidi nei mesi invernali”.