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Ndrangheta in provincia di Como: violenze, droga, esplosivo. “Gli faccio saltare il cranio”

Nelle prime ore della mattinata di oggi, nelle province di Como e Monza Brianza, i Carabinieri di Cantù, nell’ambito dell’operazione congiunta con i colleghi di Monza e frutto di due complesse e vaste indagini, confluite in un’unica attività investigativa, svolte, con il coordinamento della D.D.A. di Milano (Procuratore Aggiunto Alessandra Dolci, Sostituti Procuratori Cecilia Vassena e Sara Ombra), hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare – emessa dal GIP del Tribunale di Milano su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Milano nei confronti di 22 persone, di cui 21 italiani e un serbo (16 misure di custodia cautelare in carcere, 4 agli arresti domiciliari, 2 obbligo di dimora).

Per quanto riguarda l’attività investigativa condotta dal N.O.R. della Compagnia Carabinieri di Cantù a partire dal mese di dicembre 2017, attraverso la quale sono emersi profili di reità per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti a carico di 9 soggetti, le indagini hanno consentito di documentare:

• a carico degli indagati, un’azione di vero e proprio controllo del territorio, espressa attraverso comportamenti tali da incutere timore ed omertà nella popolazione, tipico delle organizzazioni criminali calabresi;

• nel cosiddetto “business” dei servizi di sicurezza nei locali di pubblico intrattenimento (ubicati nelle province di Como, Monza Brianza e Milano), attraverso l’imposizione di ditte di sicurezza di “copertura” o l’infiltrazione di soggetti contigui al sodalizio ndranghetista (nella maggior parte dei casi veri e propri “picchiatori” nelle vesti di buttafuori) che, di fatto, effettuavano un controllo sia sull’andamento dell’esercizio pubblico, sia sugli avventori; è emerso come gli indagati esercitassero un’azione di vero e proprio controllo del territorio adottando tutti quei comportamenti finalizzati a far comprendere alla popolazione il livello di potere che le organizzazioni criminali calabresi sono in grado di gestire.

A tal riguardo, come già era emerso per la città di Cantù, i locali di pubblico intrattenimento (bar, discoteche, ecc.) sono i luoghi in cui viene maggiormente palesato il potere delle organizzazioni criminali che, senza alcuno scrupolo, apertamente, dimostrano la loro forza piegando violentemente qualsiasi forma di reazione.

Questi sono infatti i luoghi dove si riuniscono tutte le categorie sociali, dal semplice cittadino, al commerciante, al facoltoso imprenditore. In tale contesto, si sviluppa, il “business” dei servizi di sicurezza nei locali di pubblico intrattenimento che spesso, contrariamente a quanto si possa pensare, non è gestito da ditte o società specializzate nel settore (che, invero, rivestono invece un ruolo di mera “copertura” per i vari gruppi di “buttafuori”), bensì da alcuni personaggi chiave, appartenenti o, in qualche modo, vicini o collegati alla criminalità organizzata. Questi ultimi, per lo svolgimento dei servizi di sicurezza, si avvalgono solo in piccola parte di persone specializzate e munite della prevista autorizzazione prefettizia;

Non a caso, uno degli indagati è il responsabile della sicurezza della Discoteca Spazio di Cantù, il locale in cui maturò il ferimento, nell’ottobre del 2015, la gambizzazione a colpi di arma da fuoco di un boss della ndrangheta appartenente alla famiglia “Muscatello” e divenne luogo di ritrovo di soggetti appartenenti alla costa Morabito di Africo.

Emblematica, in tal senso, è la frase pronunciata da uno degli indagati che così racconta le “regole” per l’aggiudicazione dei servizi di sicurezza in Brianza: “…omissis…. PURTROPPO NELLA VITA E NEI PAESI DELLA BRIANZA, CI SONO DEGLI EQUILIBRI CHE VANNO OLTRE IL LAVORO DELLA “SICUREZZA” PERCHÉ DIETRO AL LAVORO DELLA “SICUREZZA” NEI NOSTRI PAESI QUA C’È SEMPRE QUALCUNO DIETRO, OK? …: “

Gli indagati si muovevano con assoluta spavalderia e determinazione e senza alcun timore o ritegno, utilizzando i metodi tipici della criminalità organizzata: “CHIAMO IL DIRETTORE DEL LOCALE E GLI DICO…”NON TI PERMETTERE DI FARE VENIRE UN ALTRO DA MILANO A LAVORARE DOVE CI SIAMO NOI, PERCHÈ TU IL VENERDÌ APRI, IL SABATO SERA VENIAMO NOI, TI TIRO GIÙ TUTTA LA SICUREZZA E TUTTI I BUTTAFUORI, E CHIUDI…”

Le condotte poste in essere dagli odierni indagati avevano certamente, come scopo, di favorire le attività della “’ndrangheta” e, in particolare, anche il mantenimento dei sodali detenuti: “TUTTI I MESI BISOGNA MANDARE IL REGALO AGLI AMICI CHE PURTROPPO NON CI SONO PIÙ A LAVORARE CON NOI, ED HANNO BISOGNO DI MANGIARE GIUSTAMENTE NO?”

• l’attività di “recupero crediti”, con modalità estorsive, di somme di denaro in cambio di una percentuale sull’intero capitale da recuperare, su commissione di imprenditori locali, ma anche solo di gente comune od amici (attività, allo stato, tra le maggiori fonti di introiti per le organizzazioni criminali) è l’esempio del grado di infiltrazione della criminalità calabrese nel tessuto socio economico del territorio. Affidare il recupero di discrete somme di denaro in cambio di una percentuale sull’intero capitale da recuperare è ormai divenuta una pratica sempre più diffusa tra gli imprenditori locali.

Nella maggior parte dei casi, basta solo la presenza di alcuni personaggi conosciuti come appartenenti o vicini alla ‘ndrangheta per convincere anche i più ostinati a ritornare sui loro passi e pagare. Tale attività risulta oggi una delle maggiori fonti di introiti per le organizzazioni criminali, le quali, di fatto, trattengono per sé una grossa percentuale del debito riscosso, riuscendo, contestualmente, ad inserirsi nelle stesse imprese committenti o, comunque, nel settore commerciale locale.

Anche in questo caso, gli atteggiamenti manifestati dagli indagati si sono rivelati assolutamente idonei ad esercitare una particolare coartazione psicologica sulle persone in quanto dotati dei caratteri propri dell’intimidazione derivante dall’associazione di tipo mafioso presente ed operante nel territorio.

Gli indagati, dunque, recuperavano i crediti adottando una vera e propria pressione psicologica sulle vittime, con gravi e continue minacce, rese assolutamente efficaci per la consapevolezza delle vittime di avere a che fare con soggetti legati alla ‘ndrangheta: “IO …omissis… VE LO GIURO… SE GLI RIDATE TUTTI I SOLDI A …omissis… VI SPARO DAI COGLIONI FINO ALLA GOLA E VE LI FACCIO SALTARE AL CERVELLO… QUESTO POCO MA SICURO… E TU LO SAI BENISSIMO COME LA PENSO EH… TE L’HO DETTO ANCHE A CASA TUA …omissis…”

“… E IO GLI SPARO QUATTRO COLPI IN TESTA GLI FACCIO SALTARE IL CRANIO… HAI CAPITO O NO? QUINDI PRENDILO E ME LO PORTI A VERANO A CARATE, DOVE CAZZO VUOI … LO VAI E LO PRENDI… COME AVETE FATTO SEMPRE COI CAZZI VOSTRI PER ANDARE DA …omissis… E ME LO PORTI DAVANTI A ME PERCHÈ SE NO VADO A CASA SUA IO STANOTTE… PERCHÈ DESSO MI AVETE ROTTO IL CAZZO TUTTI”

• l’operatività di personaggi facenti parte dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta costituita da numerose locali, di cui ad oggi 18 individuate in Lombardia; in particolare, i soggetti:
◦ operavano avvalendosi della forza di intimidazione scaturita dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà con lo scopo di commettere delitti di estorsione, concorrenza illecita mediante minaccia, imposizione di pagamenti finalizzati alla “protezione” delle attività economiche;
◦ controllavano il territorio e le attività economiche che vi insistono, anche attraverso la gestione, in via diretta e indiretta, di interi settori imprenditoriali e commerciali e, in particolare, i servizi di sicurezza presso locali notturni ubicati nelle zone di Como, Milano e Monza Brianza;
◦ recuperavano crediti derivanti da attività lecite e illecite avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e pertanto con modalità estorsive;
◦ garantivano il sostegno economico alle famiglie dei partecipi al sodalizio allo stato detenuti;

• un ingente traffico di sostanze stupefacenti, del tipo cocaina, hashish e marijuana, per un valore complessivo stimato in 300mila euro, ponendo in sequestro Kg. 8,300 di sostanza stupefacente del tipo marijuana nonché oltre 200 grammi di hashish.

Nel corso delle perquisizioni eseguite, presso una cascina sita a Meda (MB) è stato rivenuto un ordigno artigianale pericoloso del tipo “bomba carta” che verrà fatta brillare da personale specializzato del Nucleo Artificieri di Milano, nonché nr. 63 confezioni di prodotti anabolizzanti a carico di uno dei destinatari sul quale sono in corso ulteriori accertamenti.

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