Nume tutelare del Politeama, di cui è stato liquidatore dal 2018 fino a due anni fa quando è stato acquistato dal Comune di Como, il commercialista comasco Francesco Nessi è stato il promotore del Tavolo di co-progettazione che tre anni fa ha riunito ventiquattro tra associazioni culturali e professionisti che, a titolo gratuito, hanno lavorato a una relazione che potesse restituire davvero questo luogo alla città (qui l’avevamo anticipata).
Relazione che doveva essere presentata ufficialmente ai cittadini domenica scorsa in occasione di un incontro pubblico presso la Sala Bianca del Casino Sociale che, però, è stato cancellato all’ultimo dagli organizzatori.
Dottor Nessi, perché avete cancellato la presentazione?
Probabilmente abbiamo scelto la data sbagliata, con altri appuntamenti in città, e questa è stata la ragione per la quale abbiamo ricevuto poche adesioni da parte di chi ha fatto parte del Tavolo di co-progettazione. E sicuramente un po’ dell’entusiasmo con il quale avevamo intrapreso questo processo partecipativo è venuto meno alla luce dei costi da sostenere per la ristrutturazione dell’edificio.
Nella vostra relazione ipotizzate di recuperare il Politeama trasformandolo in un luogo di aggregazione polifunzionale con spazio per teatro, musica, arti visive, cinema al servizio della città. Che costi avete stimato?
Tra i 30 e i 50 milioni di euro che potevano essere recuperato attraverso finanziamenti pubblici e fondi europei, oltre che fondazioni e sponsor privati. Ma era stato ipotizzato anche un piano gestionale su sei anni che, però, prevede che il Politeama potesse stare in piedi facendo praticamente sold out a tutti gli spettacoli, cosa non facile di questi tempi.
Costi a parte, a spegnere l’entusiasmo dei partecipanti al Tavolo avrà senz’altro contribuito anche la recente decisione, da parte del Comune, di rivendere lo storico cineteatro appena acquistato.
E’ una cosa che faccio fatica a dire dopo tutte le energie che ho dedicato al Politeama, ma probabilmente ha ragione il sindaco Rapinese che, di fronte ai tanti impegni dell’amministrazione comunale, ha deciso che questa non fosse una spesa sostenibile. Quando l’ha acquistato era probabilmente convinto di poterci mettere mano, ma quando si è reso conto della cifra ha deciso di dare la priorità ad altro.
La considera un’occasione persa per la città?
Noi abbiamo attivato uno strumento partecipativo e molte associazioni e professionisti hanno dato il loro contribuito immaginando che a Como servisse uno spazio aggregativo soprattutto per i giovani, da vivere tutti i giorni. Ma quando il Comune ha annunciato che avrebbe messo in vendita il Politeama, non ho visto alcuna levata di scudi da parte dei comaschi. E ammetto che questa mancanza di partecipazione è stata una grande delusione per me. A inizio Novecento, alcuni palchettisti avevano aperto una raccolta fondi ed erano riusciti a costruire questo cineteatro, 115 anno dopo pare che non si abbia nemmeno più voglia di provare a restaurarlo.
Come si spiega questa mancata risposta?
Penso che sia facile e bello parlare di cultura, salvo poi aspettare che siano gli altri a tirare fuori i soldi. O forse, semplicemente, i tempi sono cambiati, forse la Como di allora era più ricca o forse la gente, oggi, preferisce stare a casa davanti alla tv o a un pc invece di uscire.
E ora?
Per quanto mi riguarda ho la coscienza a posto, ho cercato stimolare la città a trovare soluzioni utili ai suoi cittadini ed è stato fatto un lavoro molto valido. Sicuramente è un buon momento per vendere perché Como è sulla bocca di tutti, ma bisogna capire se c’è qualcuno disposto a investire per farne un teatro e non un supermercato.
Che tipo di vincoli ha l’edificio?
Il Politeama è vincolato dal punto di vista architettonico ed è considerato un bene da tutelare in quanto uno tra i primi esempi di edifici in cemento armato del Novecento. Ma questo non significa che, salvando le facciate, al suo interno si possa fare quello che si vuole perché questo vincolo non può prescindere dalla sua destinazione.
Cioè, deve restare un teatro?
Ritengo si possa implementare la volumetria della parte destinata ad attività ricettiva, ma il Politeama nasce come teatro e dovrà avere anche in futuro una prevalente destinazione teatrale. Per questo dico che non basta avere i capitali, ma occorre capire chi si farà avanti.
Lei che futuro spererebbe per il Politeama?
Io sono di un’epoca in cui il contatto umano era fondamentale e ricercato. Oggi è diverso, è più facile che un ragazzino chieda in regalo l’ultimo modello di cellulare piuttosto che un motorino per uscire con gli amici. Per questo credo che sia importante dare ai nostri figli luoghi e occasioni per incontrarsi in modo sano, altrimenti diventeremo tutti schiavi della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. E’ questo quello che spero.