Cosa ci fanno a Como delegazioni di Torino, Fabriano ma anche della turca Gaziantemp (tutte Città Creative Unesco) e della cinese Hangzhou (coinvolta nel progetto Unesco The Silk Road)? Guardano le luci di Natale? Anche, ma in realtà sono qui perché Como è una città creativa.
Eh sì, lo è. A dispetto di chi la considera solo benedetta dalla presenza di uno splendido lago o semplice (indegna?) erede di un passato glorioso che l’ha arricchita di capolavori. E dimostrarlo è la sfida che unisce il Comune di Como, gli Amici di Como e la Fondazione Alessandro Volta, con il supporto dell’International Knowledge Institute (istituto internazionale riconosciuto dall’Unesco che ha l’obiettivo di preservare e promuovere le conoscenze tradizionali) che hanno presentato oggi, in una conferenza stampa, il sogno di candidare Como a Città Creativa Unesco 2019 per la seta.
“E’ un progetto strutturato, capace di unire le forze della città e del suo territorio in una sfida comune – spiega il sindaco Mario Landriscina – Ovviamente corriamo per vincere, ma il primo successo l’abbiamo già ottenuto: siamo riusciti a mettere intorno a un tavolo soggetti che prima non si parlavano, per così dire, creando nuove sinergie”.
“L’idea è nata da un incontro casuale a Milano – racconta Daniele Brunati – Ne ho parlato con il Sindaco e abbiamo coinvolto Fondazione Volta e l’International Knowledge Institute. Ci stiamo lavorando da tempo attraverso incontri con aziende seriche, Unindustria, l’Università, il Museo della Seta e molti altri e siamo quasi arrivati ad un progetto di fattibilità. Questo lavoro, comunque vada, diventerà un patrimonio da usare in futuro perché, oltre alle sinergie che si stanno creando, tutta la documentazione verrà raccolta in una pubblicazione”.
Una storia di creatività, quella della seta comasca, in cui la città spesso fatica a riconoscersi, come sottolinea Luca Levrini, presidente della Fondazione Alessandro Volta: “Non bisogna chiudersi nello slogan Como città della seta perché sarebbe riduttivo rispetto alle nostre potenzialità. Como ha bisogno di una narrazione che ne definisca l’identità e la vocazione futura e la seta è uno spunto interessante, capace di coinvolgere molti settori in maniera trasversale. Inoltre entrare nella rete delle città creative permetterà anche di avere contatti e creare sinergie che potranno avere interessanti sviluppi futuri”.
Ma quali sono, concretamente, i passaggi di questa candidatura? “Durante questo weekend ospiteremo in città le delegazioni di alcune città che hanno già ottenuto la nomina a Città Creative – spiega Giuseppe Biagini dell’International Knowledge Institute – Ci aiuteranno a capire le nostre potenzialità e come muoverci. A febbraio, poi, uscirà il bando Unesco 2019 a cui intendono parteciperanno, pare, circa una decina di città italiane. Ogni nazione, però, può presentare solo due candidature in due ambiti differenti (e nel Crafts dovremo vedercela con Biella). Se passeremo questa prima scrematura, entro metà giugno dovremo preparare una breve presentazione che comprenda anche i benefici anche culturali per il territorio che potrebbero derivare da una eventuale nomina”.
Ecco appunto, oltre l’aver creato sinergie (fondamentale), cosa guadagnerebbe la città da un’eventuale nomina? “L’esperienza di altre città dimostra un grande ritorno di immagine in tutto il mondo – dice Biagini – Como ovviamente non ne ha bisogno, ma ha invece bisogno di proteggere il marchio di qualità della sua seta che è più di un prodotto, è cultura”.
Un commento
Sarà possibile presentarsi con una città che non ha ancora avviato a soluzione l’antica questione delle barriere architettoniche?
Che figura ci potrà fare Como in un contesto internazionale in cui chiede di inserirsi come “città creativa”?