«Dalle simulazioni alla realtà, ecco servito il salasso. E anche se non è consolante, noi l’avevamo detto». A parlare è Jonny Crosio, referente della provincia di Sondrio di Patto per il Nord, da sempre molto attento alle questioni legate ai lavoratori frontalieri e contrario all’accordo bilaterale che da gennaio 2024 ha cambiato il regime fiscale per coloro che sono stati assunti dopo il 17 luglio 2023.
Alle prese in questi giorni con la dichiarazione dei redditi, i lavoratori delle province lombarde di confine per i quali vale la cosiddetta tassazione “concorrente” (in Italia, sui redditi al di sopra dei 10.000 euro annui, viene pagata l’imposta al netto di quella già versata allo stato elvetico) hanno avuto “un’amara sorpresa. Una stangata”, la definisce Crosio, anche a causa dell’obbligo di versare immediatamente l’anticipo del 2026.
“Ci vuole poco per capire di cosa stiamo parlando – dice Crosio – Una lavoratrice con un salario annuo lordo di 48mila franchi che ha già pagato 2.500 franchi di imposta alla fonte in Ticino, dovrà versare altri 13mila euro in Italia. Poco meno di 6.500 euro per il 2025 e altrettanti per l’anno successivo. Significa che nonostante le detrazioni e la franchigia di 10 mila euro oltre un terzo di quanto ricevuto finirà nelle tasche dell’Erario. E chiaramente con il salire del reddito aumenta anche l’imposizione e dunque le tasse. Il Fisco italiano ringrazia. I lavoratori frontalieri un po’ meno”.
L’accordo dà peraltro la possibilità allo Stato di accedere ai dati dei salari dei frontalieri che finora erano rimasti coperti.
“Come Patto per il Nord vogliamo denunciare ancora una volta le responsabilità di tutto questo – punta il dito Crosio – primo tra tutti il Partito democratico con l’allora segretario e primo ministro Matteo Renzi che nel 2015 ha voluto mettere mano all’accordo, poi i vari Governi che si sono succeduti e che hanno contribuito ad arrivare alla sua sottoscrizione”.
E tra i colpevoli c’è la Lega “che prima contraria, ha poi tradito i frontalieri e insieme ai 5 stelle ha portato avanti la modifica» ricorda Crosio entrato in rotta di collisione con il leader del suo ex partito Matteo Salvini anche per non aver assecondato questo volta faccia”, dice Crosio.
“Ho sempre denunciato il fatto che i frontalieri sarebbero diventati limoni da spremere e purtroppo oggi non mi resta che constatare che avevo ragione”.
L’esponente di Patto per il Nord non risparmia neppure il sindacato. «Giuseppe Augurusa, responsabile nazionale dei frontalieri per la Cgil ha dichiarato al Corriere del Ticino di non essere mai stato d’accordo con la cancellazione dell’arco del 1974, ma – ricorda Crosio – al momento della presentazione della proposta da parte del Governo Renzi i sindacati si dimostrarono entusiasti del provvedimento per poi ritrattare, solo in parte e senza mai contestare con fermezza, in un secondo tempo”.
Intanto da tempo al lavoro per aiutare i frontalieri anche i sindacati – prima spiegando quanto si sarebbe dovuto versare, ad esempio, come acconto al saldo relativo ai guadagni ottenuti lo scorso anno – che confermano come ci sia molto timore tra i nuovi frontalieri.
“In effetti si sta verificando quanto preventivato – spiega il presidente del CAF Uil Lombardia Luca Gaffuri – Inoltre sottolineo come sia necessario fare attenzione al fatto che spesso nel modulo precompilato il salario non corrisponde. E spesso ci sono moduli precompilati con dati dei vecchi frontalieri. Ognuno si preoccupi di accedere con lo Spid al cassetto fiscale per verificare la propria situazione”.
Intanto martedì 8 luglio è stata organizzata una diretta Facebook da parte del Caf Uil frontalieri per dare spiegazioni.