Simbolo razzista: niente più blackface, cioè volti truccati di nero, per rappresentare i “Mori” nelle Processioni di Mendrisio, ossia gli otto figuranti della sfilata del Giovedì Santo facenti parte della fastosa corte orientale di Erode Antipa. I personaggi ci saranno, quattro a cavallo e quattro a piedi, ma non avranno più la pelle scura grazie al trucco. E oltreconfine è subito divampata la polemica tra favorevoli e contrari a questa scelta.
Al Corriere del Ticino lo ha confermo il presidente del Consiglio della Fondazione Processioni Storiche di Mendrisio, Gabriele Ponti: “Le Processioni Storiche di Mendrisio sono una tradizione vivente, che rimane viva perché evolve con l’evolvere della civiltà e delle sensibilità – ha detto al quotidiano svizzero – Non rinunceremo ai personaggi, non avrebbe senso, ma soltanto al trucco facciale. Le Processioni di Mendrisio sono arrivate fino ai giorni nostri perché hanno saputo stare al passo con i tempi”. I tempi di oggi, è il chiaro riferimento, sono quelli in cui, soprattutto America ma non soltanto, la pratica di truccare i volti di scuro per rappresentare persone nere è spesso stato interpretato come un messaggio offensivo e derisorio.
“Nell’affrontare un tema contemporaneo come quello del blackface – ha aggiunto Ponti al Corriere del Ticino – abbiamo deciso di interpretare al meglio l’argomento apportando un cambiamento che vuole dimostrare quella sensibilità che una manifestazione che si fregia di un riconoscimento UNESCO dovrebbe sapere dimostrare nei confronti dell’umanità. Perché di questo si parla”.
La decisione, però, ha subito innescato polemiche. La Lega dei Ticinesi, ad esempio, è subito andata all’attacco: “La scelta ci offende come cittadini e come leghisti, legati alle nostre tradizioni e alle nostre usanze – hanno scritto i consiglieri comunali Simona Rossini e Massimiliano Robbiani in un’interrogazione – Ancora una volta andiamo a snaturare una nostra tradizione per accontentare un filone di politicamente corretto che nulla ha a che vedere con le narrazioni religiose che celebriamo in questo caso durante il periodo pasquale”.
“Non pensiamo assolutamente che otto figuranti che vengono colorati di nero in una sfilata dove ogni particolare è riprodotto nei minimi particolari con precisione e cura dei dettagli, offenda qualcuno o che dimostri poco rispetto per le sensibilità o che implichi mancanza di pari opportunità e di inclusività – concludono i due consiglieri leghisti – Anzi, siamo convinti che questa modifica discrimini noi cittadini di Mendrisio (e non solo) che ogni anno siamo presenti e manteniamo viva questa bellissima tradizione che è stata riconosciuta Patrimonio dell’Unesco e della quale siamo molto fieri. Inoltre ci sentiamo presi in giro perché gli storici personaggi nella Bibbia hanno la pelle scura e non comprendiamo quale sia l’offesa nel riprodurre tale rappresentazione storica”.
3 Commenti
Assurdità della questione a parte, non si possono trovare dei figuranti di colore? Sempre che si possa dire “di colore”, perché esseri umani di razza non caucasica ormai non si sa più come chiamarli.
Eccoci di nuovo – persone bianche che predicano sulle esperienze vissute di persone di colore (includo lo sottoscritto).
Vabbè. Cerchiamo di educarci un pochino ognitanto e di non vedere il mondo esclusivamente dal punto di vista dei bianchi:
Cosa significa veramente blackface:
Merriam Webster definisce il blackface come “trucco scuro indossato (come da un artista in un minstrel show) in una caricatura dell’aspetto di una persona di colore” o “un artista che indossa tale trucco”. Questa pratica risale agli spettacoli di menestrelli che erano popolari dal 1800 alla metà del XX secolo, soprattutto negli Stati Uniti. Gli attori bianchi che si esibivano in questi spettacoli si strofinavano il viso con il lucido da scarpe o con la vernice grassa per impersonare e recitare stereotipi razzisti ed esagerati sui neri.
Come spiega il National Museum of African American History & Culture, questi spettacoli non si limitavano a imitare i neri, ma creavano caricature che distorcevano le caratteristiche e la cultura degli afroamericani, compreso l’aspetto, il linguaggio, la danza, il portamento e il carattere. Questo permetteva al pubblico bianco di vedere i neri non solo diversi, ma anche inferiori a loro stessi, rafforzando la supremazia della loro pelle e della loro cultura.
L’impatto del blackface non fa ridere. La filosofa Sylvia Wynter sostiene che questa pratica rappresenta i neri come indegni della dignità umana. Pensate ai costumi che generalmente utilizzano il Blackface: teppisti, gangster, criminali e altre popolazioni emarginate vi figurano in modo preponderante. Anche vestirsi da rapper spesso glorifica la violenza, e questo non fa che rafforzare gli stereotipi negativi nell’immaginario popolare. Questo, a sua volta, ha permesso a molti bianchi di giustificare il trattamento dei neri come meno che umani. Non è una forzatura dire che la caricatura delle persone di colore crea una giustificazione morale per la violenza, quindi non dovrebbe essere presa alla leggera.
Gli sforzi per difendere il blackface e giustificare altre espressioni razziste cancellano il razzismo del passato e, soprattutto, proteggono il razzismo del presente.
Servono anche a delegittimare l’opinione nera e chiunque si opponga all’umorismo razzista. Etichettando coloro che denunciano il blackface come troppo sensibili o politicamente corretti, ignoriamo il danno reale che esso provoca.
https://www.goodhousekeeping.com/life/a33337549/why-blackface-is-offensive/
Il politicamente corretto raggiunge le vette del ridicolo…non si tutelano ne su superano (anzi rischiano l’opposto) razzismi e emarginazioni con queste azioni