Al dubbio, ventilato dalla società che ha l’incarico di redigere il progetto esecutivo di recupero, che le storiche serre di Villa Olmo siano ormai troppo ammalorate per essere restaurate, rispondono gli autori del progetto definitivo, gli architetti Corrado Tagliabue e Paolo Brambilla con parole a metà tra l’invito a riflettere sulle scelte da fare e un j’accuse nei confronti del Comune.
Nei giorni scorsi, infa,tti, avevamo svelato un retroscena preoccupante legato ai lavori, mai partiti, di restauro delle serre ottocentesche che, inserite nel finanziamento Cariplo da 5 milioni di euro, aspettano ormai da anni di trasformarsi, pare, in uno spazio in grado di abbinare cura delle piante a spazi per eventi e attività culturali: per rispondere ai dubbi del team incaricato di redigere il progetto esecutivo (con capofila lo studio Massarente di Rovigo), il Comune ha incaricato una ditta specializzata in diagnostica di edifici vincolati il compito di effettuare una serie di analisi chimico fisiche e strutturali per capirne le effettive possibilità di recupero.
Villa Olmo: saranno serre molto belle. Ecco il progetto di restauro tra piante e spazi culturali
“Le serre di Villa Olmo sono l’unico esempio di serra storica sul lago di Como e, senza entrare nel merito delle ultime decisioni prese dal Comune, mi auguro che si sia consapevoli del loro valore culturale e si facciano studi approfonditi su come sono state progettate e sul loro funzionamento – sono le parole di Tagliabue – sono tranquillo perché ogni intervento dovrà passare al vaglio della Soprintendenza ma mi auguro che ne venga preservata la funzione originale di ricovero invernale per le piante, magari in collaborazione con qualche scuola agraria, riservando alla stagione calda funzioni diverse come spazio culturale o per eventi senza farne una pura macchina da introiti attraverso un progetto di gestione programmata”.
Più tranchant, invece, il suo collega Brambilla: “Le condizioni in cui versano oggi le serre sono indubbiamente imputabili alla mancanza assoluta, in tutti questi anni, della seppur minima manutenzione. Finché sono state utilizzate dai giardinieri del Comune si sono mantenute in buone condizioni, ma dal 2015 a oggi, senza riscaldamento in inverno e senza ventilazione durante l’estate, le parti in ferro saranno sicuramente corrose ma affermare che occorre valutare se vale la pena recuperarle oppure no è irrispettoso nei confronti di un monumento storico e di tutta la memoria che porta con sé”.
“Una serra non è un edificio, le parti in ferro ammalorate si possono sostituire e più che domandarsi se sia possibile un suo recupero, la vera domanda da farsi è quanto costeranno in più i lavori dopo tanti anni di incuria – aggiunge – il nostro progetto arrivava fino all’esecutivo ma poi il Comune ha scelto di assegnare questo incarico tramite una gara con tempi che si sono protratti fino a oggi e il timore è che ora si arrivi a pensare di travolgere le serre, sempre che la Soprintendenza lo consenta, perché troppo ammalorate per farne solo un luogo in grado di produrre vero reddito, come un bar o un ristorante, con una grave perdita in termini di storia e di architettura”.
Un commento
Complimenti al comune ora scaricheranno le colpe su chi sulle piante?!?! Hanno detto
Bene gli architetti. Speriamo Como rinasca