C’è una piccola e pacifica battaglia, ci si scusi l’ossimoro, che mette insieme un po’ tutto: la storia di Como, la religione, la passione dei cittadini per i simboli antichi della città, la modernità dei social network, l’aspirazione di un amministratore comunale.
La vicenda affonda le radici (inconsapevolmente, va detto) fino al lontano 1869 come ha dottamente spiegato quella sorta di enciclopedia umana della storia di Como che è Paolo Baronio, grande protagonista – tra foto, aneddoti, ricostruzioni, memorie personali – della città apparsa e sovente scomparsa nei decenni e nei secoli passati. Teatro di queste pillole imperdibili, un gruppo Facebook che è una magnifica finestra aperta sulla storia cittadina grazie ai fondatori e ai tantissimi partecipanti alle varie discussioni. Quel gruppo si chiama “Como com’era e dintorni“.
Ma torniamo all’oggetto. Pochi giorni fa, Paolo Baronio ha pubblicato esattamente su quel gruppo social le immagini dell’antico porto di Como, quando ancora piazza Cavour non esisteva e la conformazione era completamente diversa da oggi.
Il testo di Baronio a corredo delle immagini, che ci permettiamo di allegare qui sopra, era il seguente: “Le due edicole poste all’ingresso del Porto di Como, fino al 1869, quando fu interrato con le macerie delle case demolite per far posto ai Portici Plinio. Le due statue contenute nelle edicole raffigurano San Giovanni Nepomuceno (che si invocava contro le alluvioni e gli annegamenti) e la Madonna del Rosario“.
La bellezza della discussione, in certi casi davvero possibile soltanto grazie ai social, sta nel fatto che subito dopo sono nate due teorie diverse su dove sia posizionata in particolare la statua originale di San Giovanni Nepomuceno: alcuni, in particolare citando il volume “Como e la sua storia“, edizioni Nodo Libri, la danno sul molo di Villa Sucota (quella che compare in tutte le nostre foto nell’articolo); mentre l’altra statua, quella della Madonna del Rosario, si troverebbe invece nel giardino di Villa Oscura a Blevio.
Ma un altro partecipante al gruppo “Como com’era e dintorni” ha invece offerto (con tanto di fotografia personale allegata) una seconda interpretazione del destino della statua. Questa: “La statua di San Giovanni Nepomuceno di Villa Sucota non corrisponde a quella presente nell’edicola all’ingresso del porto, anche se riportato nel libro Como e la sua storia. La statua si trova invece dalla parte opposta del lago a Villa Val Scura di Blevio“.
Una discussione appassionata che ha prodotto un terzo filone, come si accennava all’inizio. Ovvero l’appello di un consigliere comunale, Guido Rovi – che accredita la prima versione sulla collocazione attuale della statua del santo – per riportare la scultura al suo luogo d’origine. Ecco cosa ha scritto Rovi: “Grazie ad uno dei gruppi Facebook e soprattutto a Paolo Baronio ho riscoperto le vecchie foto del porto di Como, con statua di San Giovanni Nepomuceno, protettore dalle alluvioni. Credo sia ancora proprietà del comune, anche se è posizionato sulla darsena davanti a villa Sucota. Al posto di rimpiangere la fontana oggi a New York o il porto che non c’è più, quella statua c’è ancora e una sua ricollocazione in piazza Cavour farebbe avere un baricentro al luogo e preserverebbe la memoria e il genius loci”.
Ora, non resta che sbrogliare due nodi: stabilire in via definitiva dove sia la statuta originale di San Giovanni Nepomuceno e se sia possibile o meno riportarla in piazza Cavour. Chi ne sarà capace?
2 Commenti
A Como il legame tra statue e piazze non è né ricco, né tra i più felici.
All’interno della città murata di statue vere e proprie se ne trova solo una: quella che celebra Alessandro Volta, poiché Mazzini, nell’omonima piazza, è ricordato da un assai modesto busto. Infine, a parte i Plinii con le edicole aggrappate sulla facciata del Duomo, il poco che resta è dislocato fuori le mura.
Davanti a queste, a piazza Vittoria, si eleva il bel bronzo dell’altro risorgimentale Giuseppe; mentre oltre il muro perimetrale di palazzo Carducci, un dinamico mezzobusto di Cavallotti con tanto di dito puntato sorprende il turista. Due passi dopo, nello stesso recinto, a corona del portone d’ingresso, il busto del Carducci guarda ispirato il lago. Con il bronzo che, nei vicini giardini, ricorda la sfortunata Mafalda di Savoia, la statuaria comense purtroppo finisce qui.
Certo a via Odescalchi, per merito grandissimo, e mai troppo lodato, dell’Associazione Famiglia Comasca, la ragguardevole statua dedicata al Beato Papa Innocenzo XI (non unico papa beato, ma sinora unico comasco tra i papi) ci rammenta l’obbligo che i posteri avrebbero di ricordare degnamente le figure di rilievo nazionale ed europeo avute da Como, cercando di colmare i secolari ritardi eventualmente accumulati. Del resto le piazze disponibili non mancano di certo dentro le mura.
Mi chiedo allora, e chiedo a chi ha davvero a cuore Como: dove sono i due monumenti destinati a celebrare l’uno il grande umanista del ‘500 Paolo Giovio, e l’altro quel maestro dell’architettura che è stato Giuseppe Terragni? E quando i cittadini di Como porranno finalmente rimedio a queste storiche, quanto inspiegabili, omissioni?
Ad Hammamet?