Nonostante la sua storica neutralità, la Svizzera mantiene un elevato grado di preparazione alla difesa, confermato dall’obbligo, introdotto durante la Guerra Fredda negli anni Sessanta, di costruire un numero sufficiente di bunker antiatomici per ospitare l’intera popolazione.
Con circa nove milioni di posti protetti disponibili nei 370.000 rifugi pubblici e privati, la Svizzera vanta un grado di copertura che supera il 100% della popolazione residente.
Nonostante la copertura elevatissima, il Consiglio federale nella sua seduta del 22 ottobre ha deciso di apportare modifiche all’ordinanza sulla protezione civile e alla strategia quadro per le costruzioni di protezione, estendendo l’approccio basato sul motto “un posto protetto per ogni abitante“.
La nuova strategia contempla ora anche le lavoratrici e i lavoratori frontalieri attivi in Svizzera nel calcolo delle persone che potrebbero necessitare di un rifugio.
“La strategia quadro evidenzia che i rifugi tradizionali nel luogo di residenza restano importanti e che è quindi necessario garantirne la salvaguardia del valore per i prossimi decenni. Il Governo rileva inoltre l’importanza di proteggere anche le persone che presumibilmente continueranno a spostarsi in caso di conflitto armato, non da ultimo per mantenere in funzione l’economia e che potrebbero trovarsi lontano dal loro luogo di residenza e quindi anche dai rispettivi rifugi”.
Benché il documento non citi espressamente i lavoratori frontalieri, interpellato dal Corriere del Ticino, l’Ufficio federale della protezione della popolazione (UFPP) ha precisato: “L’obiettivo è fornire protezione temporanea alle persone che non si trovano nel loro luogo di residenza o nelle vicinanze di un rifugio assegnato. La base di calcolo per la pianificazione dei rifugi è la popolazione residente permanente, che quindi soggiorna in Svizzera da almeno un anno”. L’UFPP aggiunge che, in caso di emergenza, “si cercherebbe naturalmente di accogliere tutte le persone in cerca di protezione”.
Uno studio chiarirà in che modo verrà attuata questa protezione e quante persone dovranno essere incluse e in quali città e regioni. L’UFPP conclude, sempre dalle colonne del foglio ticinese: “Resta ancora da chiarire in quale misura si possa tener conto dei pendolari transfrontalieri”.
L’obbligo di costruire rifugi è tuttora vigente. Ai sensi degli articoli 60 e 61 della Legge federale sulla protezione della popolazione e sulla protezione civile, ogni abitante deve disporre di un posto in un rifugio nelle vicinanze della sua abitazione. “Nei comuni dove la quota non è raggiunta – spiega tvsvizzera.it – chi costruisce nuovi edifici abitativi è tenuto a realizzare un rifugio e ad equipaggiarlo”.
Nel caso in cui la costruzione del bunker non sia obbligatoria, il proprietario dell’abitazione è tenuto a versare un contributo sostitutivo. Questa quota, benché non uniforme su tutto il territorio nazionale, si aggira attualmente attorno agli 800 franchi per ciascun posto letto protetto. A partire dal 1° gennaio 2026, tale quota salirà uniformemente in tutta la Svizzera a 1.400 franchi.
Dei 370mila rifugi presenti, molti risalgono a oltre quarant’anni fa e necessitano di ammodernamenti. Per i prossimi 15 anni, la Confederazione prevede di investire complessivamente 220 milioni di franchi per la ristrutturazione degli impianti di protezione. Tali costruzioni sono indispensabili non solo in caso di conflitto armato, ma anche per far fronte a catastrofi e situazioni d’emergenza.
Di questo importo, 135 milioni di franchi sono già previsti nel bilancio ordinario, mentre i restanti 85 milioni di franchi rappresentano un fabbisogno supplementare che sarà discusso alle Camere.
 
				 
															 
															 
															 
															 
															 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
					 
					