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Tangenziale monca, lettera di Alberto Gaffuri: “Como, città sempre assente. Io ti accuso”

La vicenda della Tangenziale di Como, o meglio, la vicenda dell’unico moncherino realizzato della Tangenziale di Como, sembra ormai giunta all’epilogo. A un triste epilogo.

L’antefatto è noto: nei giorni scorsi, la Società Pedemontana ha comunicato ad alcuni cittadini interessati da espropri che il vincolo su quei terreni è decaduto. Una sorta di ammissione tombale, per quanto indiretta, sul fatto che i 6 km mancanti non vedranno mai l’asfalto.

Chi si è sempre battuto politicamente perché, al contrario, l’infrastruttura venisse completata è stato l’ex sindaco di Albese con Cassano, Alberto Gaffuri, promotore anche del “Comitato No Pedaggio”.

Oggi, a giochi pressoché chiusi, Gaffuri mette nero su bianco tutta la propria amarezza per questo esito, mettendo la politica inconcludente degli ultimi lustri – con la città di Como in testa – sul banco degli imputati. E senza rinunciare, comunque, a un briciolo di speranza.

Di seguito, la lettera integrale.

Sono anni, troppi ormai, che discutiamo di Tangenziale di Como. Ne discutiamo, tanto, ma senza portare a casa alcun risultato concreto: completato il primo lotto (correva l’anno 2015), da allora un sacco di promesse, ma nulla più.

In questo – spiace dirlo, ma così è stato – la città di Como non ha assunto, quantomeno negli ultimi anni, il ruolo che avrebbe potuto esercitare.

Como non è stata guida di questo processo, lasciando a volenterosi quanto piccoli Comuni limitrofi il compito di gestire una fase probabilmente più grossa di loro. Io ne sono stato mio malgrado tra i protagonisti, con la sensazione ricorrente di non essere stato fin qui sufficientemente incisivo. Come me tanti altri amministratori locali, che ci hanno provato, e sono sicuro lo faranno di nuovo, qualora tutti assieme ci dessimo un’altra occasione.

Il punto è proprio questo. Attorno a quest’opera, inutile nasconderlo, non c’è però stata finora una vera spinta della politica nostrana, col risultato che, eccezion fatta per qualche apparizione sulla stampa più per immagine personale che di sostanza, la vicenda è rimasta relegata ai giornali piuttosto che scaldare i palazzi delle istituzioni, da Roma a Milano, fino al lago.

I palazzi, quelli che contano davvero, temo (sperando di essere smentito) che della nostra tangenziale ne abbiano sentito parlare davvero poco. Troppo poco pensando al problema che la medesima risolverebbe nella vita di ognuno di noi qualora fosse completata.

Se di questo siamo convinti, non possiamo stare a guardare.

Ora, che i buoi (apparentemente) parrebbero scappati dalla stalla, è necessario metterci la faccia. Lo devono fare tutti coloro che, a vario titolo, rivestono un ruolo istituzionale. Tutti, nessuno escluso, dal parlamentare al consigliere comunale, dal sindaco al consigliere regionale passando per gli assessori, tutti, una volta per tutte, debbono avere il coraggio di dichiarare se siano favorevoli oppure no alla realizzazione del secondo lotto della Tangenziale, quello che da Como sale ad Albese con Cassano, non altri.

Almeno per il momento.

Questo primo necessario passo, tuttavia, non è sufficiente. Alla seppur importante enunciazione di sostegno al progetto deve seguire un’azione vera, tangibile, reale. Non basta un Tavolo, ancorché prestigioso, a spostare l’equilibrio. Bisogna andare oltre alla fotografia di rito: non è servita fino a oggi, non servirà di qui in avanti.

Ognuno per la sua parte deve non solo dire cosa intende fare, ma anche farlo. Questo, con l’idea che sia tutto un territorio a muoversi, come del resto si è chiamati a fare nelle occasioni che contano. Basta fare un giro a Lecco e pensare a come fosse soltanto una manciata d’anni fa per capire a cosa mi riferisco. E’ tutto lì, da vedere.

Solo così quelle decine di migliaia di automobilisti che giorno dopo giorno prendono parte alla laica processione che a passo d’uomo attraversa Como da e verso le rispettive aziende torneranno a interessarsi davvero della tangenziale e, chissà mai, perfino a mettersi in prima persona per ottenere una risposta che il territorio deve richiedere, inseguire, pretendere con tutte le sue forze.

Diversamente, rimarremo tutti a brontolare di code continue, inquinamento costante e di un trasferimento gomma-rotaia che, ancorché affascinante (specie per il sottoscritto, che il treno lo usa con grande frequenza), sembra avere nel caso di specie il dolce sapore del sogno a occhi aperti.

Alberto Gaffuri

L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Un commento

  1. Ciao Gaffuri, io sono convinto che se si vuole si può trovare la strada per far riprendere il cammino al completamento della tangenziale; il punto però è che dai politicanti comaschi non ci si può aspettare niente visto e considerato che non riescono nemmeno a tenere praticabile una strada, infatti tutte le strade cittadine sono un colabrodo, manca l’adeguata illuminazione, ponte dei lavatoi a rischio crollo ma non riescono nemmeno a sistemare adeguatamente gli accessi, ecc.; i politici però fanno la fila per andare in ti o sul giornale a fare annunci pubblicitari: quindi credo che dobbiamo partire con un comitato che spinga per raggiungere l’obiettivo è fare la possibilità ai cittadini di Lipomo, TAVERNERIO e Como di poter vivere senza l’incubo delle colonne.
    Bisogna non gettare la spugna e cominciare a fare qualche gesto eclatante che richiami l’attenzione sui problemi della circolazione.

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