Acsm Agam si è presentata al gran completo nella seduta odierna della commissione speciale sulla terza linea del termovalorizzatore. Dai progettisti all’amministratore delegato. Segnale evidente dell’importanza del tema in discussione e della volontà di fornire ogni dettaglio dell’operazione che tante perplessità sta facendo emergere. (qui le ultime notizie)
Un piano che “ad oggi ci vede in una fase assolutamente preliminare – spiega l’amministratore delegato Paolo Soldani – Noi abbiamo iniziato un percorso di ascolto dal mese di settembre del 2021. Adesso stiamo raccogliendo indicazioni e pareri. Solo dopo, considerati tutti i fattori emersi, decideremo se fare e presentare uno studio di impatto ambientale e il progetto definitivo. Ad oggi non abbiamo chiesto alcuna autorizzazione a livello regionale”.
Parole chiare che però non hanno frenato una vera e propria valanga di perplessità e dubbi presentati dalle diverse associazioni ambientali, ascoltate in commissione. A partire dalle parole di Enzo Tiso presidente del Circolo ambientale Angelo Vassallo. “Non dubito che il nuovo impianto, qualora venisse fatto rispetterà ogni norma così come i limiti sulle emissioni inquinanti. Ma avremo comunque delle emissioni che si andranno ad aggiungere a quelle che da 53 anni ricadono su Como e sull’area intorno al sito della Guzza – spiega Tiso – La prima linea nasce nel 1969 e la prima normativa seria sul tema ambientale risale al 1979. E solo dal 2005 viene eseguito un monitoraggio continuo dell’atmosfera. Insomma questo per dire che il territorio è già gravato e indebolito e anche piccole emissioni si sommeranno a una situazione potenzialmente già compromessa. Forse sarebbe meglio fare uno studio epidemiologico”.
Dubbi che sono alla base delle osservazioni inviate dalle associazioni in Regione (qui il racconto) ma che Acsm Agam assicura verranno affrontate per intero. Numerose le perplessità esposte anche sulla presunta “centralità di Como” per l’operazione come spiegato dalla società e messa in discussione dai presenti. “La produzione complessiva nelle 5 province in cui opera Acsm Agam (Como, Lecco, Sondrio, Monza, Varese), è di circa 150mila tonnellate all’anno. A Como si punta al dato di 85mila tonnellate con la nuova linea. Qui arriveranno ovviamente rifiuti da trattare dalle altre nostre province di riferimento e non andranno altrove come accade oggi”, spiega l’ingegnere Elisabetta Fasola. Ultimo capitolo quello della mobilità e dell’incremento di mezzi in circolazione per raggiungere l’impianto. Abbiamo stimato l’arrivo di 17 camion al giorno per cinque giorni alla settimana. Ogni cassone contiene 25 tonnellate”. Sulla tempistica anche “ottimisticamente prima del 2025 non si potrà avviare l’impianto”.
Chiusa la fase preliminare per arrivare al Paur, ovvero all’avvio della procedura autorizzativa unica regionale, bisognerà passare attraverso la valutazione di impatto ambientale (Via) e l’autorizzazione integrata ambientale (Aia).
3 Commenti
Ad Albate la fuliggine la trovi dentro le case. Siete dei pazzi.
Altro che terza linea… Per bruciare spazzatura di altre città? Senza avere niente di ritorno per i comuni mortali se non la morte per inquinamento…. Barricate in piazza
Ieri sera ho seguito l’incontro dedicato alla terza linea del termovalorizzatore organizzato dal Comitato Assemblee Popolari.
Credo che gli interventi dei relatori possano essere incasellati in due macro-categorie:
– Non siamo di fronte a un investimento per la città di Como, ma a un’iniziativa di business.
– La scelta di incenerire i fanghi tradisce gli obiettivi di economia circolare propri del Green Deal europeo. Sarebbe quindi una soluzione tecnicamente superata già prima di nascere.
Mi sembra però che alla discussione manchino almeno un paio di pezzi:
1) Non si capisce quanto il trattamento dei fanghi impatterebbe concretamente sul territorio (penso ad esempio a considerazioni per cerchi concentrici che dimostrino fino a dove si sentirebbe puzza, comparazioni con impianti simili già realizzati altrove, proiezioni sul monitoraggio della qualità dell’aria, ipotesi di viabilità forzata, per esempio l’uso obbligatorio della tangenziale per i camion che trasporteranno i cassoni sottraendoli quindi alla viabilità ordinaria…).
2) Non si capisce quale sarebbe la soluzione tecnologica alternativa compatibile alle esigenze del Green Deal per il trattamento di un rifiuto che – finché non scomparirà l’uomo – continuerà ad esistere. Si è parlato di convenire i fanghi in agricoltura (dai dati riportati sembra che l’80% dei fanghi potrebbe seguire questa strada) ma non se questi fanghi, prima di trasformarsi in concime, dovrebbero essere prima trattati (è il processo di trasformazione dei fanghi in gessi di defecazione con l’aggiunta di calce viva che è stato l’oggetto della puntata di Report di lunedì scorso). Se così fosse, dove e come dovrebbero essere bonificati? Quale sarebbe l’impatto ambientale (e quindi il costo sociale) per le comunità locali?
Avanti con le considerazioni e complimenti ai ragazzi che hanno messo insieme l’iniziativa. Bravi anche i consiglieri comunali e l’assessore Annoni che con il loro interessamento hanno evitato che una questione così delicata passasse in sordina.
Adesso cechiamo di mettere insieme tutti i pezzi per completare il quadro.