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Questa è una casa comunale. Nella vergogna di via San Bernardino due palazzine sono così

Se uno non ci va, non ci può credere. Non può credere che pur ai margini della bella, bellissima Como del 2019, esistano situazioni come quella di via San Bernardino da Siena 45.

Case comunali. Case di nessuno, fatti salvi coloro che – verrebbe quasi da dire loro malgrado – ci abitano.

Inutile nasconderlo: ciò che colpisce più di tutto, che ha il potere di bloccare lo sguardo come ogni piccolo orrore che attira e suscita repulsione al tempo stesso, è la fila di mattoni.

Alle finestre, alle porte, ovunque. Perché sì, dei 18 alloggi comunali del complesso, almeno 8 sono murati. Non da oggi, da anni. Ma resta un’immagine traumatica da vedere, degna di un luogo abbandonato o di un carcere in disuso. E soprattutto, un’immagine che non cambia: passano anni, lustri, amministrazioni. La piccola Alcatraz sopravvive, morendo ogni giorno di più.

Negli altri 12 alloggi, qualcuno ci vive (sapere esattamente chi e sulla base di quali contratti, però, è impossibile; bisogna accontentarsi di chi si incontra e ascoltare le varie campane).

“Come mai hanno murato le case? Perché il Comune ha cacciato gli abusivi che ci abitavano ma non ha soldi, o non vuole metterli, per ristrutturare” dice una delle poche sentinelle del caseggiato.

Facile pensare subito alla fame di appartamenti popolari, alle liste d’attesa, ai tanti che farebbero follie pur di avere un tetto senza pretese. Invece no, la soluzione di Palazzo Cernezzi per l’emergenza abitativa è murare mezza palazzina.

via san bernardino_case_comunali

La palazzina con le finestre che piangono, verrebbe da dire parafrasando il celebre film di Pupi Avati. Anzi, le due palazzine: perché pure quella dirimpetto – immancabilmente comunale – presenta la stessa, assurda situazione.

“Intanto – racconta un altro inquilino – ci hanno appena aumentato l’affitto: siamo arrivati a 280 euro al mese. E tra spese e acqua vanno altri 500-600 euro. Per cosa? Per avere i citofoni rotti, le luci esterne che non funzionano, topi grossi come gatti nei giardini, presenze abusive, contratti scaduti da anni. E se chiami in Comune ti dicono: telefonate voi all’idraulico o all’elettricista, che vi costa?”.

Eh, già. Cosa costa? Al massimo, euro più euro meno, qualche spicciolo in più di una pila di mattoni per cementare le speranze e la dignità di qualche inquilino brontolone.

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L’articolo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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2 Commenti

  1. Non comprendo perché per dissuadere chi occupa le case popolari senza titolo, si murano gli ingressi. È come tagliarsi gli attributi per far dispetto alla moglie.
    Allora i motivi forse sono altri. Le case popolari sono un antidoto a chi, e oggi sono molti, attraversa difficoltà economiche e sono un calmiere ai prezzi delle case in affitto. In città ci sono molte case fatiscenti affittate a prezzi elevati. Mi auguro che il motivo per cui l’assegnazione delle case popolari non funziona, non sia quello di favorire i proprietari di casa che senza investire vogliono capitalizzare il più possibile.
    Sarebbe un’ulteriore beffa a chi sta subendo o ha subito il peso della crisi economica e sarebbe un ulteriore vantaggio a chi gli effetti della crisi li sente solo alla televisione.
    A parte ciò, il degrado del patrimonio pubblico rappresenta una forma di impoverimento della comunità. Il nostro “buon” Sindaco aveva dichiarato che il ruolo principale dell’Amministrazione non erano i grandi progetti ma le piccole manutenzioni….se non l’avesse detto proprio lui in un’intervista a ETV, non ci crederei!

    1. Gioele il punto è un altro.
      Le case occupate abusivamente, una volta che vengono sgomberate (e ti assicuro che accade poche volte), necessitano solitamente di pesanti ristrutturazioni per essere messe a norma e poter esssere assegnate a chi ne ha diritto.
      Dato che le ristrutturazioni non possono partire immediatamente (e credo che non partiranno mai), il Comune mura gli accessi per impedire che vengano ri-occupate da abusivi. Questa pratica è comune in tutta Italia e non solo.
      Giustissimo fare guerra agli abusivi.
      Forse però bisognerebbe redigere un bel piano di riammodernamento complessivo di tutte le case popolari del Comune. Uno/due immobili l’anno, con calma, ma facendo bene, vanno sistemati tutti. Contestualmente deve essere fatto un bando serio, sena lungaggini, che vada ad individuare i nuovi coinquilini.
      Una volta ristrutturato però ci vuole un presidio comunale sul territorio. Qualcuno che si occupi della manutenzione anche ordinaria, qualcuno che “faccia sicurezza”, qualcuno che mostri che le istituzioni sono presenti. È forse questo il passaggio più delicato ma talvolta, il Comitato degli Inquilini, se esiste, riesce a sopperire a queste cose.

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