“Dove sono gli squali? E i tonni?”. Se pensate che queste siano domande impossibili da sentire sul Lago di Como, oppure che sia ancora un pesce d’aprile, beh, no. In questo caso, è tutto vero: certe affermazioni apparentemente assurde sono state veramente state al centro di chiacchierate fra i turisti e un conducente di taxi boat. Conducente che noi, ovviamente – dietro comprensibilissima richiesta di riservatezza sui dati personale – abbiamo intervistato, raccogliendo ‘il meglio’ di un paio d’anni trascorsi a bordo, trasportando turisti da ogni angolo del mondo. Un’esperienza che ha regalato momenti surreali, episodi esilaranti ma anche uno sguardo ravvicinato su un sistema lavorativo che spesso sfugge alle regole.
“Il Lago di Como attira turisti per la sua cultura del lusso, in particolare si tratta di americani, arabi, indiani e, meno frequentemente, francesi e messicani. Gli italiani? Quasi inesistenti, in questi anni ne ho portato solo”, ha raccontato. Ma la vera sorpresa sono le domande surreali che riceve: “Una volta stavo portando in giro una ragazza americana e lei mi ha chiesto se coloravamo il lago con dei coloranti artificiali. Un’altra, dopo averle indicato sommariamente dove si trova la Svizzera, mi ha chiesto come fosse possibile arrivarci se ci sono di mezzo le montagne. Davanti a queste domande è impossibile rimanere seri e, per scherzare, le ho risposto che, infatti, non ci sono strade dirette ed è molto difficile valicare il confine, lei ci ha creduto ed è rimasta scioccata”.
La scarsa conoscenza geografica a volte raggiunge vette incredibili: “Molti non sanno nemmeno dove si trovano, mi è capitato più di una volta che, dopo essere stati in barca già da un po’, mi hanno chiesto quale fosse il lago di Como. E poi ci sono quelli convinti che nel Lario ci siano squali e tonni, sono soprattutto gli americani che non capiscono la differenza tra un lago e il mare, quando gli dici che l’acqua è dolce, restano sbalorditi. Altri episodi sfiorano il grottesco, come quella volta che una famiglia si è fatta portare davanti alla villa di George Clooney per spargere le ceneri dei propri parenti e non manca chi pensa che Bellagio sia stato chiamato così per via del famoso casinò di Las Vegas.
Proprio grazie a queste particolari avventure il lavoro di taxi boat ha i suoi lati positivi. “Gli americani sono fantastici: amano chiacchierare e si godono davvero la giornata. Se sono soddisfatti del servizio lasciano grandi mance, una volta mi hanno dato 500 euro“. Altri turisti non sono altrettanto generosi: “Arabi e indiani si credono i migliori ma ti trattano come se fossi il loro galoppino“.
Tuttavia, dietro il fascino delle acque del Lago di Como si nasconde una realtà lavorativa dura: “Quando siamo in alta stagione molto spesso non esiste la pausa pranzo, si sta in barca per dieci ore consecutive senza nemmeno avere il tempo di andare in bagno“. Inoltre, il rischio è sempre dietro l’angolo: “La vita dei clienti dipende da te, ci sono giorni in cui le condizioni del lago, tra vento e onde, sono pessime”.
“Il settore dei taxi boat è come una giungla, il lavoro in nero è molto diffuso, tutti si conoscono e sanno quello che succede, ma nessuno parla – ha spiegato il conducente, che anche per queste ragioni, comprensibilmente, ha scelto l’anonimato – Ci sono persone che nel giorno libero decidono di andare a lavorare in nero per altre compagnie. Conosco persone che lavorano sette giorni su sette senza alcuna tutela, e poi non mancano i lavoratori completamente in nero”.
La situazione si complica con l’arrivo della stagione turistica, due anni fa la giunta Rapinese vietò l’approdo di barche private al pontile di Sant’Agostino indirizzandole ad usufruire delle strutture del Porto Marina 2, secondo il conducente questa soluzione potrebbe ridurre l’ingorgo di barche ma non è molto fiducioso: “Penso che si prenderà ancora gente da là (Sant’Agostino, ndr), ci sarà il solito casino di barche, anche a noleggio. Questa, è una situazione molto pericolosa, perché in tanti non sanno nemmeno guidarle, dovrebbero esserci più controlli su chi può affittare una barca”.
Il vero pericolo, infatti, non sono le onde o il meteo, ma chi non ha esperienza: “Alcuni si incagliano sul fondale basso, altri non sanno riaccendere il motore. E poi tocca a noi soccorrerli“. E quando l’alcol entra in gioco, la situazione diventa ancora più rischiosa: “Gli inglesi si ubriacano a livelli assurdi. Una volta una barca si è scontrata con un’altra già ormeggiata, distruggendola completamente, perché erano tutti sbronzi al ritorno dal giro”.