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Cinque sensi

Una stella (Michelin) illumina Cernobbio. Davide e il segreto della sua Materia

“La cucina è lo strumento con cui esprimo me stesso agli altri. Esistono piatti buoni ma io pretendo di più: voglio la sorpresa, la sperimentazione, il brivido dell’emozione e l’incanto del gusto. Quando tocco queste vette mi sento appagato e solo allora inserisco la creazione nel menù”.

Le parole dello chef Davide Caranchini, ventottenne di Montano Lucino, stella Michelin, inserito nella classifica dei giovani promettenti 30 under 30 della rivista Forbes e gestore del ristorante Materia di Cernobbio, sono accompagnate dai profumi che fuoriescono dalla sua trafficata cucina.

(FotoServizio: Carlo Pozzoni)

“Da piccolo ero sempre ai fornelli – racconta – così ho deciso di diplomarmi all’Istituto Alberghiero Gianni Brera di Como. Poi, neanche ventenne, sono volato a Londra dove ho lavorato e studiato per circa tre anni respirando un clima internazionale e multietnico”.
Momenti intensi, che lo portano a toccare le pentole del Maze di Gordon Ramsay, del Le Gavroche e dell’Apsleys di Heinz Beck, ma anche estremamente faticosi con standard elevati e ritmi lavorativi che toccavano le diciotto ore giornaliere. Accanto a lui la compagna Ambra, responsabile di sala del ristorante.

“Non è stato facile condividere la vita con me – commenta – in giro per il mondo, senza orari, carico di stress. Ambra non mi ha mai abbandonato e mi è sempre stata accanto. E con lei mia madre”.

Dopo l’esperienza londinese, nel 2013 Davide raggiunge uno dei ristoranti migliori del mondo: il Noma a Copenaghen. E lì getta le basi della sua idea.
“La loro cucina nordica mi ricordava quella del mio territorio – afferma – una matrice naturale, basata sulla stagionalità e sulla ricerca di erbe selvatiche, con una forte impronta sperimentale”.

A settembre 2016 Davide apre il ristorante Materia e con il suo staff inizia a sperimentare nuovi piatti partendo dai prodotti locali cui ne aggiunge altri provenienti da altri territori, anche esteri.
“Non cerchiamo la rotondità del gusto – spiega – siamo piuttosto attratti da note estreme quali l’acido e l’amaro. Il nostro legame con la tradizione si unisce ai gesti, alle storie, agli ingredienti – continua – senza rivisitare i piatti tradizionali, già perfetti, ma donando nuova linfa alle materie. Questo concetto ha ispirato il nome del locale”.

Una nuova linfa che Davide riserva anche alle verdure.
“Da sempre considerate solo un contorno – sottolinea – le verdure meritano la stessa dignità della carne e del pesce. Abbiamo, inoltre, una serra dove coltiviamo le erbe, fondamentali per arricchire il gusto dei nostri piatti”.

La padronanza di Davide rivela la maturità di un ragazzo che si è sempre sottovalutato per spronarsi a dare di più e il suo sguardo dritto parla dei molti sacrifici che ha affrontato. Un talento che non passa inosservato a uno sconosciuto visitatore. “A novembre arriva la telefonata che ho sempre sognato – racconta tradendo l’emozione – e mi invitano alla serata di premiazione Michelin a Parma. Fino all’ultimo sono stato insicuro perché non ti dicono nulla. Il 16 novembre ho ricevuto la stella Michelin: un giudice aveva mangiato da me in anonimato, come prevede la prassi, decretando la mia vittoria. Ho pianto come un bambino”.

Davide rappresenta un’eccellenza nella nostra comunità eppure non mancano i detrattori.
“Le invidie sono tante – conclude – forse per la mia giovane età, forse per la mia idea di cucina. Non mi demoralizzano affatto perché so quanta fatica c’è dietro ai miei riconoscimenti. Ricevere un premio è una responsabilità che ti spinge a migliorare. Solo questo conta”.

 Il pezzo che avete appena letto è stato pubblicato su ComoZero settimanale, in distribuzione ogni venerdì e sabato in tutta la città: qui la mappa dei totem.

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