Nella mattinata di oggi, lunedì 9 novembre, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Como ha arrestato tre uomini per usura, estorsione ed esercizio abusivo dell’attività bancaria.
Si tratta di Paolo Barrasso (59 anni) e Gabro Panfili (74 anni), destinatari della misura cautelare in carcere, e Giovanni Gregorio (82 anni) destinatario della misura cautelare degli arresti domiciliari. Barrasso, dipendente di una società cooperativa a mutualità prevalente e già in servizio presso l’infrastruttura ferroviaria di Como-Ponte Chiasso, e Panfili, pensionato, hanno entrambi precedenti per reato contro il patrimonio.
L’operazione denominata “Chi vuol essere milionario”, coordinata e diretta dalla locale Procura della Repubblica, ha visto impegnati numerosi Finanzieri per l’esecuzione di una Ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di Como nei confronti dei tre soggetti, di cui due in carcere e uno ai domiciliari, nonché di 14 Decreti di perquisizione e sequestro a firma del Pubblico ministero inquirente.
I tre sono accusati, non in concorso tra loro, di usura ai danni di Bruno De Benedetto. Essi infatti, in almeno 4 anni, avrebbero prestato all’uomo somme di denaro e preteso tassi di interesse annui oscillanti tra l’80% e il 600%. Avrebbero approfittato, così, delle difficoltà di De Benedetto nel periodo in cui era fortemente indebitato nei confronti dell’erario e stava affrontando lo stato di decozione in cui versavano le imprese a lui riconducibili (“Houdini S.R.L.”, “Krusty S.R.L.”, “Chops S.R.L.” e “Villa Olmo Lago S.R.L.”), dai cui conti correnti sono stati in buona parte prelevati i capitali utilizzati per ripianare i debiti usurari o emessi gli assegni consegnati in garanzia ai tre indagati a fronte degli importi prestati.
L’indagine ha avuto inizio a seguito dell’arresto, nell’ottobre 2019, di Bruno De Benedetto per reati di bancarotta. Questi, oltre a rendere confessione, avrebbe riferito di essere stato vittima di usura tra il 2014 ed il 2019 ad opera dei tre indagati, che gli erano stati presentati dal compagno di una delle vittime di usura di Panfili. Le dichiarazioni di De Benedetto sono state accertate dall’attività di intercettazione e appostamento da parte della Guardia di Finanza. Nel caso di Panfili, l’attività illecita si svolgeva in un immobile in via Volta a Como gestito dalla moglie, adibito a “commercio mobili antichi”. Dalle indagini è emerso, inoltre, che che l’attività di usura è proseguita anche nel periodo di piena emergenza da Covid-19.
Tra il 2015 e il 2019, Gregorio ha concesso a De Benedetto prestiti per 400.000 euro e ottenuto la restituzione di 600.000 euro con interessi sino al 50% su base mensile (tasso annuale del 600%) corrisposti anche tramite emissione di assegni tratti sui conti correnti delle società gestite da De Benedetto. A fronte di prestiti periodici di 10.000 euro, richiedeva la restituzione di 15.000 euro dopo un mese.
Inoltre, Gregorio ha costretto De Benedetto ad assumere fittiziamente presso la “Krusty s.r.l.” (da luglio 2016 a dicembre 2018) e la “Avenue Hotel s.r.l., una cittadina nigeriana per permetterle di ottenere il permesso di soggiorno in Italia. Alla donna sono stati corrisposti, sotto forma di retribuzione senza che questa svolgesse alcuna attività, 58.238,50 euro versati su conti correnti intestati alla donna ma sui quali Gregorio risultava delegato a operare. Gregorio, così, si è reso responsabile anche dei reati di estorsione ed agevolazione della permanenza illegale in Italia di una cittadina extracomunitaria. Nel corso della perquisizione odierna, Gregorio è stato anche trovato in possesso di una pistola con matricola abrasa e diverse munizioni, oltre a documentazione contabile varia.
Barrasso è invece accusato di avere prestato a De Benedetto, tra il 2016 e il 2019, 300.000 euro ottenendo la restituzione di 500.000 euro, con interessi sino al 20% su base mensile (tasso annuale del 240%). A fronte di prestiti di 5.000 euro, richiedeva infatti la restituzione di 7.000 euro dopo due mesi.
Panfili, infine, è accusato di avere prestato a De Benedetto, tra il 2016 e il 2018, un importo complessivo di 150.000 euro ottenendo la restituzione di 230.000 euro, con interessi pari al 6,67% su base mensile (tasso annuale dell’80%). Le prestazioni usurarie imposte a De Benedetto venivano perfezionate attraverso il rilascio di assegni post datati in garanzia, impegni personali rilasciati da parte di un terzo soggetto e pagamenti in contanti.
Panfili è altresì accusato di una serie di episodi di usura caratterizzati dall’applicazione di tassi di interesse annui del 13,7%, del 20% e del 23% ai danni di altri tre debitori tra cui la titolare della gestione di una casa vacanze. In due casi i prestiti sono stati garantiti dai debitori, con la concessione di un’ipoteca volontaria su di un immobile a Nesso per un valore di 60.000 euro, con l’impegno alla restituzione in 120 rate da 500 euro ciascuna a fronte di un prestito di circa 26.000 euro e con la concessione di un’ipoteca volontaria di 100.000 euro (a fronte di un prestito di pari importo) iscritta su di un’abitazione di Como successivamente trasferita dall’usurato in favore di una delle figlie di Panfili il 16 aprile del 2012, in base a una vendita simulata per un corrispettivo di 173.000 euro (mai versato in quanto l’assegno bancario emesso dall’acquirente è risultato non negoziato ed annullato per distruzione).
Nel terzo caso, a fronte di un prestito di 60.000 euro, Panfili ha ottenuto dal debitore il trasferimento in favore di una delle proprie figlie del diritto di proprietà di un immobile a Capiago Intimiano del valore di 152.900, simulando il pagamento della differenza (92.900 euro) con l’emissione di un assegno bancario mai incassato. Panfili ha stipulato altresì con il debitore un accordo di riacquisto dell’immobile, nel termine di 5 anni, mediante versamento di 60 rate mensili da 400 euro ciascuna e di una rata finale di 128.600 euro.
Barrasso è, poi, accusato di usura ai danni dell’amministratore unico della Parva S.R.L. e del compagno di questa per avere preteso, a fronte di un prestito di 80.000 euro, interessi pari a oltre il 19% annuo. In particolare, l’indagato si faceva trasferire dai debitori, titolari di un bar, il diritto di proprietà di un immobile ad Argegno per un corrispettivo di 153.000 euro, concordando con i predetti il successivo riacquisto per il corrispettivo di 265.000 euro. Lo stesso immobile era contestualmente concesso in locazione a soggetti giuridici riconducibili ai venditori per un canone mensile di 1.200 euro versato per 65 mensilità. Il 10 giugno 2016, infine, la “Parva s.r.l.” ha riacquistato lo stesso immobile per un corrispettivo di 265.000 euro. E’ stato accertato che altre situazioni debitorie sono state ripianate con la cessione di immobili siti in varie località (Inverigo, Alzate Brianza, Cadorago) ma per queste non si è raggiunta la prova della applicazione di tassi usurari.
A fronte dei plurimi episodi di usura contestati e di ulteriori prestiti accertati (per i quali non si è raggiunta la prova della sussistenza di interessi usurari), Panfili e Barrasso sono accusati, ai sensi dell’art. 132 del T.U. bancario, di avere abusivamente esercitato, a partire dal 2012, una attività finanziaria.
Per il solo De Benedetto, i prestiti ammontano a 1.000.000 di euro. L’impegno alla restituzione ha riguardato 1.600.000 euro. Almeno 10 sono le persone, oltre a De Benedetto, che sono state indotte a rivolgersi agli indagati per ottenere prestiti. Grazie alle rispettive dichiarazioni rese da alcune di queste persone, si è ricostruito il complesso contesto criminale in cui questi hanno operato.
Per Barrasso, il profitto dell’attività usuraria accertato è pari a 390.000 euro, per Gregorio 200.000 euro, per Panfili circa 258.000 euro. A parte le dichiarazioni rese da De Benedetto, il sistema usurario e di illecita attività finanziaria è stato ricostruito grazie alle meticolose indagini svolte dalla Guardia di Finanza. Ci sarebbero anche alcune denunce delle vittime che, convocate quali persone informate sui fatti, si sono presentate dinanzi al P.M. e alla Guardia di Finanza ma hanno reso dichiarazioni (spesso riduttive) in ordine ai rapporti economici intrattenuti con gli indagati e quanto alle effettive responsabilità penali di questi, così come emerse a seguito delle intercettazioni e della documentazione acquisita. Il compagno di una delle vittime, lo stesso che ha presentato De Benedetto ai tre indagati, si è prestato, per conto di Barrasso, a ritirare somme che De Benedetto doveva restituire e ha persino avvertito Panfili delle indagini a suo carico.