Dopo anni bui, letteralmente, Como riscopre finalmente uno dei suoi tesori. Domani, infatti, “Il Compianto”, la scultura capolavoro di Arturo Martini “dimenticata” (qui il racconto) nell’androne del cortile d’ingresso all’Aula Magna del Setificio, verrà restituita alla città grazie a un percorso composto da pannelli didascalici, totem informativi e da una nuova illuminazione che, finalmente, renderanno merito a quest’opera realizzata da quello che è considerato uno dei massimi scultori del nostro tempo e uno dei massimi esponenti della cultura figurativa tra le due guerre.
“Riscoperto”, quasi casualmente, dal direttore del Museo della Seta, Paolo Aquilini, “Il Compianto” era balzato agli onori delle cronache nel 2018 quando il critico d’arte Vittorio Sgarbi, venutone a conoscenza nel corso di una visita in città in occasione del Festival della Luce, l’aveva definita “un’opera monumentale e sconosciuta che merita di essere esposta al più presto, sicuramente in uno dei vostri musei”.
Ma invece di essere portata in una sala della Pinacoteca, “Il Compianto” resterà qui, in via Castelnuovo, dove è stato appunto ideato il percorso di valorizzazione fortemente voluto e sostenuto dall’Associazione Ex Allievi del Setificio, Fondazione Setificio e Museo della Seta, in collaborazione con il Comune di Como, l’ISIS Paolo Carcano e l’Università degli Studi dell’Insubria.
Una scelta non facile e sicuramente coraggiosa che mira non solo a rispettare l’opera in sé, ma anche la sua storia e il percorso che l’ha portata a essere dov’è e che è parte integrante del suo valore. Un’idea controcorrente rispetto alla più facile tendenza alla musealizzazione che spesso snatura le opere riunendole in un solo luogo che, per quanto perfetto e ideale per la loro conservazione, non solo manca di una parte di “racconto” importantissima ma, soprattutto, rischia di svuotare i luoghi per i quali le opere sono state pensate e che potrebbero, invece, rappresentare tasselli importanti di una sorta di “museo diffuso” che invece merita di essere difeso.
L’opera di Martini, infatti, fu donata al Setificio da un ex allievo, Giovanni Balbis, poi socio di Carlo Bari nella famosa ditta serica comasca Balbis& Bari, per ricordare il sacrificio di quanti erano caduti per la Patria ma, fin da subito, la storia della sua collocazione fu travagliata. Un articolo di stampa locale del giugno 1940, infatti, riporta che la tavola si trovava al Setificio “in attesa di essere degnamente collocata” e solo sette anni dopo fu esposta nella sede di via Carducci con una lapide che riportava i nomi degli allievi caduti in guerra. Nel 1970, infine, la scultura fu portata nella nuova sede della scuola, dove si trova ora, e dove da domani sarà valorizzata come merita diventando parte di un percorso che parte dal Museo della Seta per raccontarne la storia e l’importanza.