Giovedì prossimo 30 gennaio 2025 in molti paesi e città della provincia di Como torna l’antica tradizione della Giubiana, vero e proprio rito che coincide sempre con l’ultimo giovedì del primo mese dell’anno. Ma qual è il significato del grande rogo della Giubiana, con l’accensione di grandi falò nelle piazze su cui vengono fatti bruciare fantocci di paglia e stracci?
La tradizione della Giubiana ha un’origine molto antica, e nel mondo agricolo, durante il periodo più freddo dell’anno che spesso viene fatto coincidere con la fine gennaio, è sempre stata usanza diffusa bruciare simbolicamente il vecchio anno, per augurarsi che l’anno nuovo fosse più propizio e ricco di nuovi raccolti e di molti frutti.
Il nome stesso della festa del resto sembra fare riferimento ad antichissimi rituali propiziatori, molto più antichi del diffondersi del cristianesimo. Il nome Giubiana sembra infatti collegato al dio romano Giove: dal nume romano viene infatti l’aggettivo «joviana» (e quindi la “Giubiana” in molti territori della Lombardia), oppure “Jovia” (divenuta “Giobia”, in altre parti della Lombardia e nei territori del Piemonte). Altre possibili figure di riferimento sono Giunone, Giano, e Diana.
Poi, con l’avvento della religione cristiana, i riferimenti agli dei pagani sono stati messi in disparte, ma il nome originale di Giubiana si è conservato nel tempo. Nei secoli medievali la narrazione popolare ha creato svariate leggende e numerosissimi racconti popolari, nelle quali Giubiana è così diventata una figura femminile che allude alla grande Madre, a volte una vecchina, altre volte una strega, variante della befana, da scacciare simbolicamente insieme ai rigori dell’inverno. L’elemento più caratterizzante della festa è rimasto il grande falò, che ancor oggi è percepito da tutti come un simbolo di rinnovamento e di ripartenza del nuovo anno.
La storia di questo personaggio ha diverse varianti, a seconda dell’area geografica. Ogni comunità ha nei secoli fatto proprio questo rituale dando vita a storie e tradizioni diverse. In molti paesi, ad esempio, la Giubiana è vista come una vecchia strega brutta e malefica. Ѐ a questo personaggio che si lega la tradizione del risotto con la luganega (salsiccia). Leggenda vuole che la strega, affamata, andasse a caccia di bambini da mangiare. Una mamma nel tentativo di salvare il proprio figlio ebbe l’idea di preparare un gran pentolone di risotto giallo a cui aggiunse della salsiccia nella speranza che la vecchia avrebbe gradito la carne tenera di un porcellino, risparmiando il bambino. Mise poi la pentola sulla finestra. Il profumo delizioso attirò l’attenzione della Giubiana che si precipitò a mangiare il risotto. E continuò a mangiarlo tutta la notte senza accorgersi che stava ormai albeggiando. E, poiché le streghe non possono vivere alla luce del sole, non appena un raggio di sole la illuminò, questa divampò in un grande rogo.
A Cantù invece la Giubiana non ha le sembianze di una vecchia strega ma quelle di una bellissima fanciulla che secoli prima avrebbe tradito la città. Durante la decennale guerra tra Como e Milano (1118-1127) Cantù, alleata della capitale ambrosiana, resisteva fieramente all’assedio dei Comaschi. Una notte bussò alle porte della città una fanciulla dall’aspetto celestiale che chiedeva asilo. Le porte le furono aperte e le fu concessa ospitalità. Ma la giovane si impossessò delle chiavi della città e le consegnò ai nemici. Cantù cadde sotto il fuoco comasco. In seguito però Milano vinse la guerra e i canturini poterono attuare la loro vendetta, catturando la traditrice e condannandola al rogo. Ѐ così che da allora ogni anno un manichino, vestito di ricchi abiti, viene prima esposto allo scherno del pubblico poi condotto in corteo. Giunti in Piazza Garibaldi, la piazza principale di Cantù, viene letta la condanna davanti alle autorità e alla folla; poi il manichino viene dato alle fiamme. Se questo brucerà completamente, sarà una buona annata.
Sia bella sia brutta, la Giubiana è diventata un’occasione per incontrarsi, fare festa gustando un buon risotto, bevendo un vin brulé o assistendo ai fuochi d’artificio in compagnia.