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Cultura e Spettacolo

Museo della Seta, Aquilini, quella voglia di Santarella e la sorpresa: Manlio Rho in ottobre

“Vieni a trovarmi in museo che facciamo due chiacchiere. C’è anche l’aria condizionata!”
Potevo forse resistere a un invito così? Ovviamente no. E così eccomi di nuovo al Museo della Seta spinta dal richiamo di una temperatura sotto i 30 gradi ma, soprattutto, con una domanda semplice semplice da fare al suo Direttore, Paolo Aquilini. Che però avrebbe aperto un mondo inaspettato.

Già, perché mentre voi siete al mare a godervi le meritate ferie e la città sembra aver trovato tutte le risposte al suo bisogno di promozione ed eventi nel fare passivamente da sfondo a sfilate e film hollywoodiani, c’è qualcuno che lavora (letteralmente) sottoterra per provare a offrire anche altro in un panorama culturale che, salvo rari sprazzi di cui si è parlato, pare arrancare, e non poco.

E così partiamo dalla mia domanda, talmente ovvia da sembrare quasi una scusa per scroccare mezzoretta di fresco (“Ora che la Ticosa è praticamente tornata nelle mani del Comune,intendete riproporre l’idea di creare un nuovo Museo della Seta alla Santarella?”) e passiamo attraverso la sua risposta (molto meno ovvia).

“Spostarsi da qui sarebbe come coronare un sogno. Il tavolo è aperto. Se ne sta occupando la nostra Presidente, Bianca Passera, quindi non è un’ipotesi così peregrina. Perché se il Museo funziona qui, non può non funzionare più in grande da un’altra parte. Ora siamo intorno ai 10mila ingressi l’anno ma con una sede più visibile potremmo raddoppiare il numero dei visitatori”.

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E continuiamo passeggiando lungo l’esposizione che, in una sede più grande, potrebbe di certo scrollarsi di dosso la sensazione di horror vacui da cui sembra essere nata: “ Quando sono arrivato, ho provato a pensare di togliere quello che non serve e alleggerire e razionalizzare l’allestimento ma saltava fuori il garage, il pavimento, il soffitto col controsoffitto degli anni Settanta, l’illuminazione a neon soffocante”.
Nonostante tutto, però, piace.

“Questo posto fa il miracolo di non far accorgere le persone del contesto. Però è un museo complesso, che non sei in grado di capire se non hai una guida che te lo spiega e questa è una cosa che detesto. Io voglio esercitare il diritto di poter andare in un museo e capire da solo se mi interessa oppure no”.

Ed eccoci alla prima novità. Perché, tra video d’epoca dell’Istituto Luce, un magazzino trasformato nella nuova sala dedicata alla stampa serigrafica, che verrà inaugurata a breve, con un tavolo da stampa dotato di touchscreen, vecchie matrici restaurate da cui ricavare moderne copie per i laboratori didattici, sogni di futuri percorsi tattili e sonori (“Abbiamo il profumo di seta – potete sentirlo nelle sale dedicate alla mostra Afrodite allo Specchio ndr – ma ora vogliamo far toccare i tessuti e magari far sentire il rumore dei telai”) in questo garage si prepara una piccola rivoluzione.

Capace di sorprendere, si spera, i giovani come i figli di Paolo Aquilini, usati come “cavie” per testare gli allestimenti.
“Mia figlia, che ha 13 anni, la prima volta che è venuta qui ha detto “Papà, bello! Però che palle. Non succede niente” e ha ragione. Perché qui non funziona nulla, non posso far andare i macchinari. Allora li racconto con un video, con un’installazione o semplicemente con un rumore o un allestimento suggestivo”.

Ottimi contenuti, bellissimi i nuovi allestimenti ma anche un’ottima attività promozionale (termine quanto mai inflazionato in questo periodo), nettamente al di sopra della media cittadina.

“Oltre ai video sugli schermi delle stazioni, dalla settimana scorsa abbiamo anche un corner alla Stazione Centrale di Milano, realizzato nell’ambito di un progetto Cariplo, dove promuoviamo il Museo e la mostra Afrodite allo Specchio. Da ottobre servirà invece per promuovere la nuova mostra”.

E così, tra una nuova sala e un sogno di nome Santarella, Aquilini cala inaspettatamente l’asso
“Il 18 ottobre inaugureremo la mostra Manlio Rho: il senso del colore dedicata a un aspetto meno noto dell’attività di questo artista comasco, quella del suo lavoro nel comparto tessile come disegnatore di tessuti, insegnante al Setificio, consulente ed esperto di colore”

Un modo per comprendere meglio anche le sue opere pittoriche, esatto?
“Certo. Tutta la sua pittura è stata influenzata dalla sua attività professionale e viceversa e per spiegare questo dialogo presenteremo un centinaio tra disegni, tessuti, dipinti, cartelle colore e materiali inediti provenienti dall’archivio privato della famiglia Rho, oltre ad altri prestati dall’Archivio di Stato e dalla Pinacoteca Civica. E per la prima volta pubblicheremo anche un catalogo come Museo della Seta Editore. Abbiamo già chiesto il patrocinio al MiBAC: sarà la mostra più importante realizzata negli ultimi anni dal nostro Museo. E poi mi piacerebbe fare rete sul territorio. L’Ordine degli Architetti, ad esempio, dedicherà alla nostra mostra un corner nella sua sede”.

Fare rete, sinergie … che sia la volta buona? E il Comune? Prestiti a parte, si è pensato di organizzare in contemporanea qualcosa in Pinacoteca? Una sorta di mostra diffusa sul territorio. Lì i materiali non mancano di certo
Io gliel’ho detto

E la organizzano?
No. O meglio, non lo sanno.

Come non lo sanno? Ottobre è a un passo e le cose vanno anche promosse per tempo.
Pare manchino i fondi. Ma in realtà non serve fare una grande mostra. I tempi delle megamostre in cui i quadri degli Impressionisti in realtà erano tre e il resto erano le scarpe dell’artista, la tavolozza e le lettere sono finiti. Meglio fare delle mostre di autori locali fatte bene, con poche energie ma con tanta testa. Non è mai una questione di soldi ma è una questione di pensiero. Si parla di un Rho inedito che è quello legato al mondo del tessuto.

Non viene voglia di raccontare anche altri aspetti di quel periodo?

Farebbe gioco a tutti. Io spero che mi contattino, che si possa fare qualcosa insieme. Allora sì che diventerebbe una mostra diffusa, una città che finalmente si occupa e si preoccupa di uno stesso obiettivo. Noi intanto facciamo la nostra parte. In fondo siamo un piccolo mammifero che si muove tra le zampe dei dinosauri e riesce a sopravvivere solo perché mangia poco e si nasconde sotto terra (in senso letterale, ahimè)”

Inutile ricordare, ovviamente, che fine hanno fatto i dinosauri e cosa sono invece riusciti a combinare quei piccoli mammiferi, vero?

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