Imposta, indossata, sopportata, personalizzata o “una vale l’altra basta che funzioni”, simbolo di sicurezza o bavaglio da cui liberarsi a ogni costo: non c’è probabilmente mai stato un accessorio più globale e discusso della mascherina.
E un oggetto come questo, utile e simbolico allo stesso tempo, poteva forse non ispirare l’arte?
Chiamatela Pop art, chiamatela attenzione alla realtà o semplice desiderio di provocare, fatto sta che la tanto odiata mascherina è diventata, per un numero inimmaginabile di artisti e creativi di tutto il mondo, un punto di partenza per inventare, stupire, far riflettere.
E da mostrare in quelle mostre virtuali su Instagram o Pinterest che, se non sostituiranno mai la bellezza dello stare fisicamente davanti a un’opera, hanno il pregio di arrivare ovunque e di parlare una lingua che, anche a lockdown archiviato, varrà la pena continuare a parlare.
E se un’opera d’arte e una galleria si fanno virtuali, perché non può esserlo anche il collezionista?
E chi altri poteva essere, a Como, se non Michele Dino Viganò? Dna da collezionista di razza, di quelli che le opere amano averle tra le mani e su ogni spicchio di parete libera, e sguardo acuto al punto giusto (non per niente è una delle anime della rassegna comasca StreetScape, quella che l’anno scorso ha – vivaddio – fatto tanto discutere con il toro e i panni stesi in piazza del Duomo), Viganò non è tipo che durante i lockdown ha usato i social per cercare la ricetta del lievito madre. No, lui ha “annusato” un filone e, da buon segugio, si è messo a caccia.
VIGANO’ SU INSTAGRAM
“Mi sono interessato al tema delle mascherine per puro caso durante il primo lockdown, quando era difficile trovarle e mi sono attivato per cercare aziende che producessero tnt per rispondere a un appello della Regione e di alcuni ospedali – spiega – poi curiosando su siti d’arte e social ho iniziato a trovare artisti che, ispirandosi a questo oggetto, avevano creato opere straordinarie”.
Da qui è nata una vera e propria collezione virtuale di opere a tema “maschera” che spaziano dall’arte alla moda, dal design alle immagini storiche: “Da fine aprile a oggi ne ho raccolte circa un migliaio in una sorta di collezione che pubblico regolarmente sui miei profili social – racconta – si va dalle opere di artisti emergenti a quelle di designer di moda come Thom Brown, da giochi d’artista come quelli del brasiliano Lucio Carvalho, che sostituisce le teste di dame rinascimentali con caschi, a foto storiche scattate durante l’epidemia di Spagnola. Ho quattro o cinque amici che mi aiutano a trovarle e me ne inviano talmente tante ogni giorno che selezionarle e pubblicarle sta diventando un lavoro impegnativo. Ma non sono l’unico, ho trovato un altro ‘collezionista’ come me, un inglese che pubblica immagini di livello altissimo con il nome di Fashion for bank robbers”.
Immagini splendide e potentissime anche attraverso lo schermo di un pc che, però, non possono che stuzzicare l’animo dell’amante delle mostre, “quelle vere”, che è Viganò: “Me le immagino tutte stampate e appese su una grande parete e qualcuno mi ha suggerito di pensare a una mostra, quando sarà possibile, oppure di pubblicarle in un e-book – dice – una cosa non esclude l’altra ma per ora sono un passatempo che mi aiuta a distrarmi in un momento così difficile, un modo per evadere guardando la bellezza dell’arte”.
Un commento
In questo momento, nel quale la mascherina è uno dei pochi strumenti realmente utili che noi tutti dovremmo usare con criterio, ma nel quale molte persone comunque la vedono come una imposizione dei governi o delle “forze che governano” credo che un’opera d’arte che rappresenta delle mani che chiudono la bocca sia quanto di più controproducente per il bene comune si possa fare. Sono per l’arte, ma se questa opera diventasse un simbolo di “lotta al potere e alla dittatura sanitaria”(cit. Molti ignobili concittadini) sarebbe un brutto fallimento. È solo il mio pensiero, mi andava di esternarlo.