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Bartolich: “Il pacifismo si cali nella realtà. Condanni chi viola i diritti umani, distingua aggressore e aggredito”

Tra silenzi locali e forse qualche imbarazzo, finalmente una candidata sindaca di Como esprime chiaramente il proprio pensiero sulla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina e, più in generale, sul pacifismo. E’ Adria Bartolich – sostenuta da Civitas e dalla sinistra cittadina che non si riconosce nell’alleanza di centrosinistra pro Minghetti – ad affidare a facebook (qui integrale) una lunghissima riflessione, per toni e contenuti tutt’altro che “comoda”.

Partendo dalla condanna generale della guerra in sé (“Sempre distruttiva”) e dall’appello “a non cedere a sentimenti d’odio antirussi”, Bartolich premette di apprezzare “chi fa del pacifismo un’opzione etica , la scelta di non risolvere i conflitti con la violenza è da persone civili e ragionevoli. E’ un atteggiamento moralmente giusto con cui affrontare la vita “. Però – afferma Bartolich entrando nel vivo della discussione – “va declinato nel confronto con la realtà e di quello che accade”.

“La nostra Costituzione, oltre al ripudio della guerra come modo per risolvere i problemi di carattere internazionale, aggiunge anche il concetto di difesa della sovranità nazionale come dovere da perseguire anche con l’uso delle armi, se necessario – specifica la candidata sindaca – Se non si vuole fare una lettura parziale e tendenziosa della nostra Costituzione, bisogna tenere conto di entrambi gli elementi”.

“Per questa ragione – aggiunge – se penso sia encomiabile perseguire la pace con ogni mezzo (opzione etico-morale) credo sia altresì necessario considerare con la dovuta attenzione, che spesso la realtà si manifesta come cosa estremamente complessa, con la quale occorre misurarsi sulla base di un atteggiamento realista. Spesso nelle contese entrambi hanno buone ragioni, o almeno le ritengono tali, però ci sono dei principi generali ai quali occorre attenersi”.

Bartolich li elenca:

1) Un Paese aggredito ha il sacrosanto diritto di difendersi

2) Anche la guerra, seppur trattandosi di una situazione estrema, non è priva di regole che vengono dettate da una serie di accordi pattizi internazionali, a cominciare dalla Convenzione di Ginevra, che stabiliscono limiti e tutele nei confronti dei prigionieri e delle popolazioni civili.

Infine, il cuore della riflessione: “In altre parole il pacifismo segna un cammino ma non è una possibilità assoluta e deve essere modulato sulla base delle condizioni di realtà. Per questo mi spingo a dire che l’assunzione del pacifismo come principi etico, se non declinato e considerato come un’astrazione, alcune volte finisce per diventare, al lato pratico, una sorta di atteggiamento di ascetica superiorità nei confronti delle sofferenze della parte più colpita”.

“Credo di poter dire, in tutta onestà, che sia il punto 1) che il punto 2) siano stati ampiamente trasgrediti con l’occupazione militare dell’Ucraina e con la strage di civili inermi compiuta nei giorni scorsi dai soldati russi, tra l’altro pare ampiamente condannata addirittura dai altri soldati russi intervenuti in un secondo momento”, osserva la candidata di Civitas.

Infine, la conclusione: “Per questa ragione credo che il movimento pacifista, proprio perché animato da un’opzione etica di grande rilevanza, non possa genericamente manifestare per la pace, bensì debba trovare il modo di esprimere una netta condanna per atti che violano, non solo le convenzioni internazionali, ma anche quanto previsto dalla nostra Costituzione che opera un netto distinguo tra l’aggressore e vittime dell’aggressione. Cioè deve fare delle scelte politiche, mi rendo conto difficili, ma che lo rendano credibile. Altrimenti il rischio è che manifestare per la pace serva solo a liberarci la coscienza dal senso di colpa che produce il dover assistere, impotenti, ad atti che vanno contro il diritto internazionale, e quello che è più grave, contro i diritti umani”.

In più, Bartolich ricorda che “come parlamentare e membro della Commissione Esteri della Camera, dopo avere partecipato a diverse missioni nelle zone di guerra della ex Jugoslavia, nell’angosciante situazione di dovere votare per consentire l’uso della basi italiane per il decollo degli aerei; ma in tutta coscienza credo che lo stupore e la condanna andassero rivolti nella direzione di tutti coloro che per un decennio erano stati silenti di fronte ai massacri che lì si stavano compiendo, in ragione di un generico, quanto irresponsabile e astratto pacifismo di facciata. Aggiungo che dire cosa si deve e non si deve fare quando si osserva dall’esterno non è come essere chiamati a decidere in prima persona”.

“Intervenire in un paese di 5 milioni di abitanti come la Serbia non è come farlo su uno come l’Ucraina – specifica poi a candidata – 40 milioni di persone di cui 10 milioni della cospicua minoranza russa , per di più nel quale agiscono direttamente gli interessi della seconda potenza mondiale. In Ucraina un intervento diretto rischierebbe di allargare il conflitto in maniera pericolosissima”. Ma “l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin non è, come qualche nostalgico pare pensare, propedeutica alla ricostruzione dell’URSS, ammesso che ciò possa essere auspicabile. E’ un atto d’aggressione, una volta si sarebbe detto, imperialista, nei confronti di uno stato sovrano. Per questo, a prescindere dalle simpatie o meno per il Governo ucraino, il nostro atteggiamento deve essere di massimo sostegno nei confronti dei civili che scappano dalla guerra, offrendo loro supporto ed aiuti”.

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4 Commenti

  1. pacifismo,aggiungo,quasi sempre a senso unico:la colpa delle guerre e’ sempre di USA,Nato,Occidente.Se,come in questo caso,l’aggressore e’ un altro(QUELL’altro)si mantiene una rigorosa equidistanza..e,no,Bartolich,la faccenda-la guerra d’invasione in Ucraina-non e’ affatto complessa,e’ molto semplice;detto cio’ apprezzo le sue parole e mi auguro-ma dubito-che sia condivisa da chi la sostiene.

  2. Oltre che condividere in pieno questo ragionamento (spero così succeda anche per la sua variegata compagnia), devo complimentarmi con la candidata per la sua capacità di sintesi e di scrittura.

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