Oggi il faccia a faccia del sindaco Alessandro Rapinese con un gruppo di sette abitanti nei bungalow del campeggio di via Cecilio. Domani un vertice per capire come agire nel medio breve termine. In Comune a Como sono ore di fibrillazione per l’incredibile situazione che si è venuta a creare a Lazzago, con la struttura privata formalmente chiusa con un’ordinanza di Palazzo Cernezzi lo scorso 27 gennaio, provvedimento a cui ha fatto seguito l’invito a lasciare la struttura entro 24 ore consegnato dalla Polizia locale agli ospiti, con il risultato finale che però, a parte uno gruppo minimo di persone che ha trovato altre soluzioni, almeno in 50 sono tutt’ora presenti in via Cecilio.
Per quanto riguarda l’incontro con il sindaco della mattinata – presente anche Fabio Rossi, di fatto un portavoce ufficioso degli abitanti del camping – le notizie sono essenzialmente tre: la certezza ribadita da Rapinese al gruppo che “il campeggio chiuderà” anche se non è ancora stata fissata una data precisa per il problema della carenza di alternative in tempi brevi; la possibilità che almeno per le donne presenti a Lazzago si apra la possibilità di accoglienza in alcuni convitti femminili presenti in città; infine, come già accennato, una riunione straordinaria sulla situazione in Comune, forse già domani.
Questa sera, intanto, al campeggio – dove sono in corso da giorni diversi lavori di manutenzione in particolare sulle vecchie caldaie, in gran parte sostituite, e mentre tra la struttura si diffondeva la voce di un’ispezione della Guardia di Finanza – si respirava un’aria sospesa tra tensione e fatalismo. A incontrare alcuni abitanti delle casette con i quali è da tempo in contatto, è tornata la consigliera comunale del Pd Patrizia Lissi. “La situazione – ha detto – è difficilissima, direi drammatica, soprattutto per il clima di grande incertezza che si respira. Speriamo che il Comune sappia dare qualche risposta certa in breve tempo. E poi serve pensare in prospettiva, guardando al futuro e a un’emergenza abitativa che, soprattutto per le persone più fragili, a Como purtroppo è una realtà e va affrontata. Una città come la nostra, a maggior ragione per la collocazione di frontiera, deve necessariamente farsene carico come già accade altrove”.