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Como, scossa Braga (Pd) sul centrosinistra: “Ora un sindaco donna. Nomi? Bartolich e Lissi all’altezza”

In casa Pd continuano i lavori di ristrutturazione del nuovo Segretario Enrico Letta, che strizza l’occhio a Giuseppe Conte e punta a un centrosinistra largo e alternativo alla destra. E sebbene le grandi opere di partito, al momento, non sconvolgono e non modificano gli equilibri in territorio Lariano, la parlamentare comasca Chiara Braga è tra le protagoniste del nuovo corso Dem.

Onorevole Braga, il centrodestra in Italia arriva quasi al 40%, cosa pensa di una tale forza di Lega e Fratelli d’Italia impensabile fino a qualche anno fa?
La destra ha un radicamento sociale in Italia da molto tempo, quello che preoccupa di più è che questa destra è sempre più spinta su posizioni estreme: contro l’Europa, arretrata sul tema dei diritti civili, alleata di Orban. È questo che preoccupa molto. Ma credo che ci sia anche una componente di una destra moderata ed europeista che si trova a disagio in questo assetto. Per la sinistra, per il Partito Democratico è importante guardare anche a quella fetta molto consistente di elettorato che oggi è nell’area del “non voto” per conquistare lì un consenso che io credo sia assolutamente raggiungibile per noi.

Nicola Zingaretti ha dato le dimissioni come Segretario del Pd dichiarando di vergognarsi “di un partito che pensa solo a primarie e poltrone”. Cosa pensa delle sue parole, delle dimissioni e del suo lavoro?
Le parole che ha usato Nicola Zingaretti erano il frutto di una situazione di forte esasperazione per il continuo bombardare dall’interno di una linea, che nei passaggi più difficili, quelli della caduta del Governo Conte e della formazione del nuovo Governo, aveva condiviso con tutto il gruppo dirigente del PD. C’è stato un carico di amarezza che l’ha portato a usare toni e espressioni molto forti. Avendo lavorato a stretto contatto con lui, io mi sento di ringraziarlo perché ha raccolto un partito che era ai minimi storici, che ha subito delle scissioni e che ha governato il Paese in una delle fasi più complicate, quella della pandemia. Credo che abbia rimesso al centro della politica il PD e, anche se la sua decisione è stata poi quella di lasciarne la guida, ha lasciato sicuramente un partito più forte e più centrale rispetto al disastro che aveva ereditato.

Lei ora è nella segreteria di Letta, che leader è?
Sicuramente Enrico Letta è un leader e una persona molto generosa. Ha lasciato quello che stava facendo per prendere in mano le redini del PD, che ha continuato a sentire come la sua comunità politica in questi anni. Anche lui con chiarezza ha messo in fila una serie di questioni che riguardano la riorganizzazione del nostro partito come la necessità di aprirsi il più possibile, proprio in queste settimane inizieremo le agorà democratiche. Ma ha fatto anche delle scelte molto importanti, penso alla valorizzazione del ruolo delle donne nella guida dei gruppi parlamentari e sta dando corso a degli impegni che già c’erano ed erano avviati da Zingaretti sulla costruzione di una coalizione ampia di centrosinistra alternativa alla destra. Come ha raccontato bene anche nella sua recente visita a Como, ha intenzione di dedicarsi molto a rendere il PD un luogo più aperto, capace di accogliere nuove energie e rispondere ai bisogni del nostro Paese.

Il PD ha cambiato 9 leader in 14 anni (di questi solo 4 sono ancora nel partito). Pensa che Letta possa risolvere le questioni interne e portare un po’ di continuità?
Il PD ha cambiato diversi leader, ha subito varie scissioni ma nonostante questo è ancora il partito più strutturato e, stando a quanto dicono i sondaggi che ovviamente valgono quello che valgono, oggi è il primo partito a livello nazionale. Penso che la pluralità di idee per il PD sia sempre stato un valore e continua ad esserlo, anche di dialettica al nostro interno. Ovviamente non può ridursi a una guerriglia continua che impedisce l’attività principale di un partito, cioè quella di occuparsi dei problemi reali di un paese e di indicare una prospettiva di crescita, soprattutto in questa fase di uscita dalla difficile crisi che stiamo ancora vivendo.

Letta ha dichiarato di sentire spesso Giuseppe Conte con l’obiettivo di fare un percorso d’avvicinamento in vista delle elezioni 2023, per poi creare un’alleanza. Pensate quindi a un nuovo centrosinistra allargato?
Letta ha in mente un centrosinistra largo, coeso e capace di essere competitivo e alternativo alla destra. Noi con Giuseppe Conte abbiamo governato il Paese durante uno dei periodi più difficili, quello della pandemia, e abbiamo ottenuto un risultato importantissimo cioè quello di incidere a livello europeo per lo sviluppo del programma del Recovery e avere una quantità di risorse importanti che oggi il Governo Draghi sta mettendo a terra. Il Movimento 5 Stelle e in particolare Giuseppe Conte, nonostante la fortissima dialettica che stiamo vedendo in queste ore e che rispettiamo, sono interlocutori con cui vogliamo costruire un pezzo di strada, come stiamo già facendo sulle amministrative in molte realtà. È un processo che ovviamente deve tenere conto anche dell’evoluzione che il M5S e la leadership di Conte stanno vivendo.

Nel Movimento 5 Stelle stiamo assistendo proprio in queste ore a uno scontro tra Conte e Grillo. In caso di scissione, pensa che un “partito Conte” possa rubare voti al PD?
Credo di no. Intanto vediamo come questa evoluzione del M5S si definirà. Il PD non deve avere paura di avere una serie di alleati affidabili con cui costruire un pezzo di strada, un cammino insieme. È interesse nostro che il campo del centrosinistra sia il più solido possibile e, in questo senso, noi abbiamo sempre guardato all’iniziativa di Giuseppe Conte, rispetto anche al M5S, come un passaggio decisivo.

Veniamo a Como. Dopo 5 anni di giunta Lucini, Landriscina aveva promesso di rianimare la città. Secondo lei c’è riuscito?
Direi proprio di no. Al di là delle buone intenzioni e della buona volontà, amministrare una città come Como richiede competenze e capacità politiche, che Landriscina ha dimostrato di non avere. E devo dire che non è nemmeno stato aiutato da una maggioranza che si è rivelata inadeguata. Io credo sia un capitolo da lasciarsi alle spalle.

In vista delle elezioni 2022, avete già in mente alleanze, anche con M5S, o state lavorando per correre da soli?
Il Partito Democratico, attraverso i suoi organismi (dirigenti, cittadini e provinciali) di cui faccio parte e rispetto il lavoro, sta portando avanti un’interlocuzione con le forze del centrosinistra e credo anche con quelle forze che vogliano essere alternative alla continuità di questa amministrazione Landriscina e a una scelta di destra. Naturalmente per noi, l’importante è essere chiari su questa alternativa; anche il gruppo dirigente nazionale segue con attenzione le scelte che il partito farà a Como, come in tutti i contesti amministrativi in cui si andrà al voto.

Cosa pensa di un’eventuale candidatura di Adria Bartolich per il centrosinistra? E in generale, crede sarebbe ora di avere una donna come sindaco di Como?
Io credo che una donna, del PD o comunque chiaramente espressione del centrosinistra e che non ha timore a dirlo, sia esattamente quello che serve a Como. Può mettere in campo esperienze politiche e amministrative che possono incontrare anche l’accordo di altre componenti di una maggioranza di centrosinistra. E può essere capace di allargare ad altre realtà. Una condizione importante è che accanto a una candidatura come può essere quella di Adria Bartolich, di cui si è parlato e la cui disponibilità mi sembra molto importante e significativa per il centrosinistra, ci sia anche la valorizzazione di altre figure femminili. Io penso ad esempio a un’altra donna come Patrizia Lissi, che ha dimostrato di avere grandi capacità di leadership in Consiglio e ha dimostrato di assumere posizioni molto chiare anche sul fronte dei valori e dell’impegno sociale. Penso che una candidatura femminile sarebbe molto positiva per una città come Como, così come per altre. E credo che i nomi che abbiamo fatto sono nomi che sono sicuramente all’altezza di questa sfida. Ovviamente da costruire insieme al campo del centrosinistra.

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4 Commenti

  1. Se a Como il centrodestra è afflitto dalla “nominite”, il centrosinistra ha un’altra patologia, la “dichiarite”. Dopo le esternazioni dell’altro pezzo da 90 del PD comasco, Luca Gaffuri, su Guerra e Mantovani, adesso l’onorevole Braga, propone Bartolich e Lissi. Che dire! È curioso come gli unici due che avrebbero dovuto presentare programmi e candidature, i segretari provinciale e cittadino, Broggi e Legnani, non hanno ancora detto nulla. Forse aspettavano l’imbeccata da “quelli che contano”? Mah. È più probabile che stiano faticosamente lavorando per formare una potenziale coalizione di centrosinistra, la più ampia possibile. Ma chi glielo fa fare a cercare punti di accordo tra tutti per poi sentire qualcuno che, senza averci capito molto, spara nomi a capocchia? Per cui, se posso esprimere un suggerimento a questi due brillanti giovanotti, gli direi di chiedere la cortesia a “quelli che contano” di esternare meno e di avere un po’ più di fiducia in loro che, tra l’altro, se la stanno meritando pure. ?

  2. Credo che questa giunta non abbia certo brillato per capacità, efficienza e traspaenza ma se il PD non ha di meglio da proporre allora bisogna convenire che ha ampiamente ragione Rapinese. Piuttosto di preoccuparsi per eleggere un sindaco donna sarebbe meglio eleggere qualcuno veramente “capace e affidabile” al di là del sesso d’appartenenza.

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