Capita raramente di ospitare interviste per cui – con una certa legittimità – si può affermare che segnino in maniera definitiva un “prima” e un “dopo”. Quella di oggi a Stefano Fanetti, ex segretario cittadino del Pd, ora capogruppo in Comune, ha molti tratti di quel genere. Se non per il partito – ma i riflessi di alcune frasi a livello locale potrebbero non essere secondari – almeno per se stesso.
Si parte dalla politica nazionale di queste ore, che vorrebbe il Pd uscito sconfitto dalle urne del 4 marzo vicino (o almeno non lontano) da un’intesa con il Movimento Cinque Stelle per formare un governo.
“Io non sono pregiudizialmente contrario – dice subito Fanetti – Le elezioni non hanno prodotto i numeri per una maggioranza, è un fatto. Dunque io credo che se si interrompesse definitivamente la trattativa tra Di Maio e il centrodestra, sarebbe giusto ascoltare, dialogare, valutare le possibilità per formare un governo con i Cinque Stelle”.
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“Non c’è dubbio sul fatto che il Pd sia qualcosa di molto diverso dal Movimento – prosegue il capogruppo Pd – ma qui non stiamo parlando di un’alleanza strutturale, bensì di un eventuale accordo molto preciso su 4-5 punti programmatici per il bene del Paese, per non riportare gli italiani al voto senza alcun risultato dopo poche settimane. Se i Cinque Stelle e la Lega o l’intero centrodestra non dovessero trovare un’intesa, allora sarebbe sbagliato chiudere a priori il dialogo, chiuderci a riccio. Poi, per carità, trovare l’intesa non sarà facile e non è nemmeno obbligatorio. E a quel punto, allora, se ogni accordo si rivelasse impossibile, si tornerà a votare”.
Sia nel Pd, sia tra i grillini, fette più o meno ampie delle rispettive basi sono chiaramente in fermento per un’ipotesi di accordo, soprattutto dopo anni di accuse incrociate sconfinate non raramente negli insulti.
“E’ vero che nei nostri confronti sono piovuti insulti negli ultimi anni – ricorda Fanetti – Ma anche noi non siamo stati teneri con il Movimento. E poi, quante volte ci siamo insultati con Forza Italia? Eppure alla fine per un tratto si è governato assieme a Berlusconi. Con il M5S, i colpi sono partiti e arrivati da entrambe le parti. Non è per questo, però, che si può liquidare la prospettiva di dare un governo all’Italia dicendo a Di Maio, “tanto è un problema vostro che avete vinto”. Non sarebbe un atteggiamento maturo, responsabile”.
“Restando appollaiati all’opposizione – aggiunge il capogruppo dem a Palazzo Cernezzi – consegneremmo il M5S alla destra, esattamente come facemmo ai tempi dell’eplosione della Lega, partito che poteva essere ricondotto in un altro alveo rispetto a quello del centrodestra. Il modo migliore per duplicare quello schema perdente è dire oggi “noi con Di Maio non parliamo”. Rischiamo una scissione? Rischiamo di perdere voti? E allora? Il Pd di oggi forse non rischia entrambe le cose a prescindere? Forse è ora di archiviare per sempre un concetto di superiorità morale che non ha senso di esistere, soprattutto verso chi le elezioni le ha vinte”.
Una considerazione forte, però, a questo punto arriva. “Quello che va evitato a ogni costo, semmai – aggiunge Fanetti – è dare l’impressione di accaparrarci poltrone da distribuire tra i soliti noti. La prospettiva non può essere l’autoconservazione di un gruppo dirigente che ha perso nettamente le elezioni. Nessun accordo può essere finalizzato alla spartizione di seggiolini che gli iscritti e i militanti non capirebbero”.
Poi, Fanetti – renziano tra i renziani in camicia bianca nell’epoca d’oro dell’ex premier al 40% – celebra un (elegantissimo ma durissimo) “funerale politico” proprio del Matteo fiorentino.
“Serve aprire una fase nuova – afferma – E’ indubbio, negli anni scorsi abbiamo vissuto un’ubriacatura collettiva, a livello nazionale e locale. Ai tempi del famoso 40%, nel 2014, c’è stata una percezione un po’ distorta della realtà, e questo non soltanto in Matteo Renzi. L’abbiamo provato tutti o quasi. Con il nostro ex segretario onestamente qualcosa si è rotto. Io non rinnego nulla, non significa scaricarlo o cancellarlo. Ma quando eravamo al 40% camminavamo 3 metri sopra il cielo e lì abbiamo perso il contatto con la realtà. E con i nostri elettori, soprattutto”.
“Durante i cosiddetti anni del renzismo – continua Fanetti – abbiamo iniziato a parlare e a rivolgerci quasi soltanto a persone di classe sociale medio-elevata. Eventi come la Leopolda garantivano emozioni, ma alla fine sdoganavano un ottimismo di fondo che in realtà era lontanissimo dalla gente comune. Quello snobismo imperdonabile ci è tornato in faccia. Abbiamo quasi selezionato l’elettorato con cui parlare, ma rivolgendoci a un target snob e perdendo di vista i temi sociali, le fasce più deboli, il nostro elettorato storico. Renzi, come Maurizio Traglio a Como o Giorgio Gori alle regionali, ci hanno aperto strade verso altri mondi. Ma alla fine abbiamo chiuso le vie verso il nostro mondo e ci siamo trovati a parlare a un solo universo. E questo ha prodotto la sconfitta alle elezioni e dello stesso Renzi”.
“Qualcuno a sinistra dirà che era tutto già scritto? Può darsi – risponde Fanetti – Ma in politica rivedere le posizioni e le scelte non è una vergogna, riconosco assolutamente di avere usato toni inadeguati verso persone o parti politiche. Ma la risposta non è fossilizzarsi su una posizione. D’altronde, il Pd è stato travolto anche dai personalismi di quelle stesse figure, a partire da Bersani, che poi alle elezioni è uscito peggio di noi”.
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La prospettiva, secondo Fanetti, è una sola: “Risintonizzarci con il Paese. Dire basta all’impostazione classista che ci ha puniti. Parlare al cuore della gente per risolvere i bisogni e non per raccontare un’Italia ideale che non esiste”.
4 Commenti
Caro Fanetti, a) dici che si rischia di “consegnare il M5S alla destra” Noi non consegniamo niente a nessuno: ciascun partito sceglie prendendosi le proprie responsabilità. b) “Restare appollaiati all’opposizione” non è obbligatorio, ma in certi casi, utile sì. La storia insegna che mediante opposizioni costruttive praticate dai partiti di sinistra sono state ottenute tante buone leggi anche in difesa della nostra democrazia. d) Il PD di Renzi si “rivolgeva soltanto a persone di classe sociale medio elevata” La morte dei Circoli in cui si dovevano ritrovare gli iscritti e le persone di qualsiasi classe chi l’ha permessa, se non i dirigenti locali che, forse, si sono sentiti sminuiti ad esercitare questo importante compito? Un vertice senza la base non sta in piedi per molto, e la cura dei territori non spetta a Renzi ma alla dirigenza dei nostri luoghi: a ciascuno il suo sarebbe cosa assai utile.e) Non è giusto fare di Renzi il capro espiatorio del calo del PD. Vi siete dimenticati che la maggioranza del popolo era ed è contro l’arrivo di una marea di migranti e ha preferito votare Salvini perché ha promesso di rimandarli a casa con le ruspe. Noi abbiamo fatto ciò che si doveva: restare umani cercando di superare le tante difficoltà. La voce populista è stata roboante e ha raccolto più voti.
Bravo, Fanetti!!!
Ammettere i propri errori e segno di intelligenza politica.
Chapeau.
E bravo Fanetti. Complimenti. Uno che alla fine ammette gli errori e pure con una analisi