Svolta Civica ha presentato una mozione sul caso delle 8 scuole che complessivamente, con tempi diversi, il sindaco di Como Alessandro Rapinese ha annunicato di voler chiudere in città (le scuol sono: dell’infanzia a Ponte Chiasso, media “Don Milani” di Sagnino, asili di Prestino, via Volta, via Varesina e salita Cappuccini e le due primarie di via Perti e via Brogeda a Ponte Chiasso),
Duri i contenuti del documento destinato al consiglio comunale, con Svolta Civica che accusa “l’azione amministrativa” di primo cittadino e giunta di essere “incerta e approssimativa dal punto di vista operativo”.
Poi vengono elencati i singoli punti, quasi capi d’accusa:
- la scuola materna di via Longhena è stata frettolosamente chiusa creando disagi alle famiglie in assenza di un tempestivo inizio dei lavori di ripristino
- la materna di Ponte Chiasso doveva essere chiusa quest’anno ma tutto è rimasto come prima perché non sono terminati i lavori dell’edificio di Monteolimpino dove dovevano trasferirsi gli alunni
- il nido Magnolia è stato chiuso dall’amministrazione e riaperto per decisione del giudice;
- quartieri sensibili come Ponte Chiasso resteranno nei prossimi anni privi di scuola materna e primaria con gravi danni per il tessuto sociale e disagi per le famiglie a causa della lontananza delle nuove strutture;
- solo cinque anni fa, con riferimento alla scuola di via Perti, l’allora consigliere Rapinese aveva definito strategico il fatto che esistesse una scuola di questa portata in centro e si era impegnato a “presentare una mozione con la quale si impegna a ripristinare quanto prima la sicurezza e a considerare essenziale la destinazione di quell’immobile al fine attuale, cioè scuola”.
la decisione dell’amministrazione si fonda esclusivamente sul criterio della razionalizzazione in funzione del risparmio economico - come ha rilevato il sociologo Mauro Magatti in una recente intervista, non è stato valutato l’effetto economico proiettato sul futuro e le conseguenze sociali atteso che “se nei quartieri si eliminano le scuole si tolgono realtà vitali per chi abita in quell’area e si va a influenzare le decisioni delle famiglie rispetto alla possibilità o meno di trasferirsi” e tutto ciò “porta maggior degrado nei quartieri rendendoli meno vivibili”;
- che anche a livello europeo si sottolinea la necessità di investire sulla creazione di condizioni più adatte alla ripresa della crescita economica creando situazioni più adatte alla ripresa della crescita demografica per le quali scuola svolge un ruolo fondamentale;
- che è mancato nell’azione dell’amministrazione un minimo di confronto con la rete delle famiglie e degli insegnanti e non è stata data nessuna indicazione circa la destinazione futura degli immobili liberati dagli alunni. Il tutto in una situazione di cronica incapacità a portare a compimento nei termini previsti i lavori di ristrutturazione,
- che è legittima la pretesa dei cittadini di conoscere quale sia l’idea circa l’identità che sindaco e giunta intendano dare al centro storico.
Al termine di questa sorta di requisitoria politica, ecco l’invito “a sindaco e giunta a sospendere le decisioni sin qui adottate in materia di chiusura delle scuole in attesa di valutare le ricadute sociali ed economiche future sui quartieri e sul centro storico, la destinazione futura degli immobili e inoltre, con riferimento alla scuola di via Perti, a ripristinare quanto prima la sicurezza e a considerare essenziale la destinazione di quell’immobile al fine attuale, cioè scuola”.
Un commento
Un quartiere senza scuola è un quartiere senza futuro. Sia esso centrale che periferico. E non si tratta solo di pochi minuti in più a piedi!!! Ma di identità di quartiere. Certo la denatalità è evidente, ma – soprattutto nel caso del centro storico – questo fenomeno è peggiorato dal proliferare di affitti brevi. Inoltre fare in modo che le famiglie si spostino in zone più periferiche, farà aumentare i costi degli appartamenti sia in affitto che per gli acquisti in quelle zone
E alla fine molti comaschi si vedranno costretti a migrare nei paesi limitrofi. Così si potranno chiudere via via altre scuole: il comune non dovrà ristrutturare e risparmierà ulteriormente. Poi la città sarà quella che sarà e i turisti verranno a visitare i ruderi di Como e magari un buon marketing la potrebbe definire la Pompei dei giorni nostri. Evviva, sai quanti b&b e alberghi di lusso? D’altro canto da un sindaco che ritiene incontrovertibile che Como si sia trasformata da città manifatturiera a città turistica questa impostazione mi sembra coerente. Solo che industrie ed artigianato non sono così vulnerabili come il turismo. La città turistica è falsamente programmabile, perché la gente va dove vuole e senza preavviso cambiano i desideri. Il turista oggi c’è domani chissà (vedi città dei balocchi). Inoltre, uno studio dell’università ticinese, ha evidenziato come la relativa facilità per i giovani di trovare lavoro in campo turistico, li spinge a non laurearsi. E questo a mio avviso è il fattore più negativo legato al superturismo.