Se non fosse che in ballo c’era una delle questioni più importanti per il futuro di Como – l’area Ticosa – ci sarebbe quasi da (sor)ridere su quanto accaduto ieri sera dentro, fuori e attorno al consiglio comunale di Como.
L’esito infausto e surreale della seduta è ormai noto: pur alla presenza della “madre di tutte le delibere”, ieri, poco prima della mezzanotte, in aula è mancato il numero minimo legale a causa dell’assenza di numerosi consiglieri di maggioranza (in particolare, decisiva quella del forzista Enrico Cenetiempo che era sì in Comune, ma fuori dalla sala al momento della conta). Di conseguenza, tutti a casa anzitempo e voto sulla Ticosa rinviato a lunedì prossimo, salvo altri inghippi. Una figuraccia, insomma.
Ma se questo è il nocciolo serio della questione – l’abbiamo raccontato e “filmato” qui con dovizia di dettagli – molte altre scenette si sono consumate tra il tramonto e la notte.
Che il centrodestra fosse pericolosamente a corto di uomini e donne si era già ampiamente intuito attorno alle 20, cioè prima del “gong”.
Il segnale più evidente? Il ritorno in consiglio comunale a nemmeno un mese dal parto della consigliera di Forza Italia Antonella Patera, divenuta mamma di una splendida bimba soltanto il 22 giugno scorso. Graziosa, sorridente, diligentissima, Patera ha preso posto (con il cerchiolino rosso nella foto sotto) da vera soldatessa per un paio d’ore. Poi, leggera com’era arriva, se n’è (comprensibilmente) andata. Ma perché allora concedersi la sgambata a Palazzo?
Semplicissimo: perché nel frattempo, dalla Liguria con furore (e con un’invidiabile abbronzatura) stava arrivando Enrico Cenetiempo, anch’egli precettato e sottratto ai cavalloni sia per garantire la presenza di almeno 17 consiglieri di maggioranza in aula, sia per dare il cambio – appunto – a mamma Patera. Staffetta consumata rapidamente e via, si è ripartiti.
Attorno alle 21.30, altro momento clou.
Dopo un centinaio di domande da parte dei consiglieri, l’assessore all’Urbanistica Marco Butti e i dirigenti dei vari uffici coinvolti si sono riuniti per preparare le risposte. Un’oretta e mezza di “intervallo” dove si è visto di tutto: un gruppuscolo di consiglieri civico-forzisti guidati da Franco Brenna fiondarsi in piazza San Fedele ad ascoltare il concerto jazz, altre mini-comitive pianificare alacremente la battaglia tra stanze e cortili (i Pd, soprattutto, con l’ex assessore e guida tecnico-spirituale sul caso Ticosa, Lorenzo Spallino, a dare consigli e aiuti), altri ancora – i leghisti, in particolare – banalmente inghiottiti dalle tenebre fino al rientro in sala.
Ore 23.30, la vigilia del fragoroso patatrac.
Sebbene a grande fatica, il sindaco Mario Landriscina – su pressanti richieste in particolare della capogruppo di Fratelli d’Italia, Patrizia Maesani – era riuscito a convincere anche i riottosi della Lega, della civica Insieme e soprattutto di Forza Italia a votare il proseguimento a oltranza della seduta anche dopo la mezzanotte, così da mettere subito il trofeo Ticosa in bacheca senza ulteriori dilazioni.
A dispetto dell’impegno mediatore di Landriscina – e delle telefonate secche e notturne del capo di Forza Italia, Alessandro Fermi, in hot line con i dubbiosissimi consiglieri giovani Luca Biondi ed Elena Canova, per convincerli ad approvare l’oltranza – alla rete diplomatica è sfuggito proprio colui che in realtà avrebbe dovuto garantire il 17esimo voto: l’azzurro (stinto, dopo ieri) Enrico Cenetiempo, già staffettista con Patera.
Il consigliere proprio non voleva saperne di proseguire fino all’alba la discussione e infatti ecco che, quando la “sorella d’Italia” Patrizia Maesani ha chiesto di votare sulla prosecuzione della seduta, “il Cene” si è fatto trovare puntualmente fuori dalla sala. Il risultato, con soli 16 bottoni verdi accesi sul tabellone luminoso, è noto.
Dopo lo scossone, alcune scene minime e memorabili: il furore agonistico dell’assessore forzista Franco Pettignano nei confronti di Cenetiempo, lo scontro frontale tra quest’ultimo e Patrizia Maesani in corridoio, il nervosismo alle stelle del sindaco per l’esito della serata, l’incredibile flemma dell’assessore Marco Butti: un lupo della Tasmania dentro, una sorta di novello Mahatma Gandhi fuori.
Poi – accompagnato da qualche parolone al vento – è calato il sipario. Prossimo ciak lunedì prossimo, stesso set. Gli attori, chissà.