Non è un caso evochi metafora sportiva: “Un ciclista sa che è venuto il tempo di smettere quando non prova più gioia nell’infilarsi le scarpe”. Non è un caso, nemmeno, che parli di ciclismo, di gioia (mancata o esaurita), di fine e di scarpe.
Scarpe, soprattutto.
Troppo logore, scomode, prematuramente consumate per proseguire, ormai è evidente. E se la tomaia ha ceduto prestissimo, altrettanto evidente, è in primis una sua responsabilità ma, molto seriamente, non solo sua. Il tema è (anche) l’organismo giunta e come funziona. Perché l’ordine sparso è una conseguenza, tra l’altro, di mancate decisioni al vertice della piramide.
In mezzo al caos-calmo, dopo giorni di silenzio, Simona Rossotti, conferma l’addio a Landriscina. E’ prudente, per un patto d’onore con il sindaco che ha scelto di rispettare, ma sicura di una decisione presa (anticipata su queste pagine: qui), non revocabile o negoziabile.
Simona addio. Round finale Rossotti-Landriscina: dimissioni entro una settimana
Si tratta di decidere il quando, dunque, non il se. E questo quando è a un passo: per mercoledì (6 marzo alle 11:30 a Villa Olmo) è convocata la conferenza stampa di presentazione delle tappe lombarda del Giro d’Italia 2019. Como è una di queste, si sa.
“Sarà l’ultima conferenza stampa cui partecipo da assessore”, ha confermato poco fa Rossotti contattata direttamente. Pochissime parole ma la certezza, ve ne fosse ancora bisogno, di una decisione presa. Ci si potrebbe anche arroccare sui termini, come fossero vincoli divini: “Ha scritto dimissioni irrevocabili, o no, sulla lettera consegnata al sindaco?” Irrilevante.
Aspetta, solo e semplicemente, che Mario Landriscina digerisca la scelta apra la busta (immaginiamo sia una busta) e accetti l’inevitabile.
Perché a parlare con l’ormai ex responsabile della Cultura a palazzo c’è da trarre solo una certezza: non vi sono alternative. A domanda precisa, circa lo stato d’animo che l’accompagna, risponde: “C’è serenità”.
Il resto saranno i tempi della politica a dettarlo. Così come gli imbarazzi sulla successione (o tutte le variabili possibili: qui eventuali scenari), e sulle conseguenze di un ennesimo tassello che, a meno di due anni dall’insediamento, scardina un esecutivo oggettivamente troppo giovane per essere già in crisi.
Eppure lo è.