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Simona the day after, la cultura dilaniata: il tototutto per una giunta asfittica

Dopo Simona cosa sarà?

E’ una domanda, LA domanda che in queste ore serpeggia, o sguiscia, nemmeno troppo silenziosamente, fuori e dentro il Palazzo. Come abbiamo raccontato subito l’assessore alla Cultura e al Turismo,  ha presentato le annunciate dimissioni al sindaco di Como, Mario Landriscina.

Ph: Pozzoni

QUI L’ANTEFATTO
“Se continua così, me ne vado”. Lo sfogo (segreto) di Simona Rossotti, triste e delusa

QUI LA CRONACA
Simona addio. Round finale Rossotti-Landriscina: dimissioni entro una settimana

Come sempre le cronache congelano gli istanti, olimpioniche diplomazie potrebbero sovvertire quanto, in questo momento, è certo: entro pochi giorni Rossotti se ne andrà. E così sarà, salvo, appunto, tocchi taumaturgici e magie politiche.

Dunque dopo? Come abbiamo raccontato su ComoZero Settimanale (nel fine settimana distribuito in tutta la città) le ferite aperte sul fronte Cultura e Eventi, sono ben oltre l’emorragia: un Bando Cultura prossimo alla pubblicazione ma in vergognoso ritardo, un Bando Eventi tutto da inventare (ricordate la miserrima desolante scorsa stagione calda?), il futuro nero di Villa Olmo, nessuna programmazione sui grandi eventi e le grandi mostre, fuggi-fuggi delle manifestazioni che hanno dato blasoni di platino a questa città.

Simona Rossotti (Pozzoni)

COMOZERO SETTIMANALE E DOVE TROVARLO

Chi raccoglierà il testimone della sorridente mora di Cuneo? “Oh, beh ovvio: Franco Brenna” vaticinano i soliti beninformati. Nì. Il presidente della commissione Cultura, capogruppo della Civica Insieme, che mai ha nascosto l’ambizione (ricordate l’improvvido ufficio allestito e disallestito in pochi giorni?) si trova di fronte a due montagne.

Como Vittorio Sgarbi in Pinacoteca – Ph© Carlo Pozzoni FotoEditore

Franco Brenna, il consigliere-tendente-assessore si fa un ufficio tutto suo in Comune

Un cartello chiamato desiderio. Rimosso l’ufficio di Brenna. Rossotti: “Ho sbagliato, chiedo scusa”
 

La prima, endogamica: nelle attuali geometrie di giunta a donna che esce deve essere corrisposta donna che entra (tema, piaccia o meno: quote rosa). Franco Brenna, donna non è. Uno schema possibile (ma assai complesso e non immediato) vede un non-rientro dell’assessore ai Lavori Pubblici, Vincenzo Bella, che (come abbiamo anticipato ieri: qui) al momento è fermo per un piccolo tagliando.

In quel caso una ripartizione di deleghe permetterebbe a Brenna di entrare e di sostituire la quota rosa di Rossotti con un altro nome tutto da capire. Patrizia Maesani? L’ex capogruppo di Fratelli d’Italia non disdegnerebbe. Si tratta di un nome che, al netto di qualche eccesso di vitalità, ha sufficiente il physique du rôle e senso istituzionale per iniettare linfa a un esecutivo più che affannato.

La seconda, salamoia: la delega alla Cultura, per un tempo N, tornerebbe dove è stata fino ai primi di luglio 2018, nel portafoglio del sindaco. Scelta non felicissima, nel caso, dall’insediamento (giugno 2017) a oggi la timidezza, quando non palese assenza, con cui questa amministrazione ha trattato l’argomento ha prodotto soltanto un limbo in cui nulla si è mosso veramente. Certo non sono mancati finanziamenti, contributi e patrocini ma non vi è stata mai una reale progettazione, una programmazione, un’idea unificante che segnasse l’orizzonte: “Andiamo di là, facciamo questo”.

La terza, ovvia ma apparentemente non sormontabile: nomina di un nome esterno. Una ridda di nomi in queste ore. Nessuno credibile, tototutto, totognicosa. Montagne di ipotesi partoriscono topolini che anche-no-grazie.

Non serve l’ennesima esegesi sull’azione culturale delle ultime due amministrazioni (ne abbiamo prodotte al limite del sopportabile su queste pagine) serve che Mario Landriscina prenda una decisione forte, nodale, appassionata e, per una volta, controcorrente. Nomini qualcuno che conosca la materia, le persone, i nomi, che abbia esperienza organizzativa e formazione vera, che non riduca Cultura e Eventi a un fatto di (pur nobilissimo) quartiere ma che sappia conciliare il quartiere a un contesto nazionale, europeo. Non foss’altro che riempiamo alberghi e case di turisti. Basta un rapido viaggio tra portali per le prenotazioni e forum connessi per capire che l’unica cosa che chiede il gitante è un’offerta ampia, diffusa, credibile. (Nemmeno abbiamo cartellini o audioguide in inglese).

Secondo il capogruppo Dem a Palazzo, Stefano Fanetti, la soluzione per il sindaco sarebbe a portata di mano ma, ovviamente, si tratta più di una polpettina mezzo avvelenata, servita solo per innervosire un già non serafico primo cittadino: Cultura, furbastro d’un Fanetti: “Landriscina in agonia, vuole salvarsi? Chiami Gaddi”.

Abbiamo provato a parlarne con il sindaco. Non è stato molto diplomatico (per dirla con garbo) e comunque da qualche tempo preferisce filtrare le interviste con una preselezione via WhatsApp: una specie di riffone telematico dove speri di imbroccarla giusta e passare al livello successivo.

Abbiamo contattato Brenna, viceversa assai gentile che altrettanto gentilmente ha risposto: “Leggo da voi, non so altro”. Abbiamo chiacchierato di nuovo con Rossotti: “Ho ricevuto centinaia di mail e messaggi ma non so altro”. Per un’intervista finale, però, bisogna attendere.

Il senso d’attesa permanente è la misura, cifra quasi assoluta, che segna questa amministrazione. Cosa si debba aspettare non è chiarissimo. Secca un po’ reiterare sempre lo stesso motivetto: ma serve un’azione di forza, un chiarimento generale sul destino della cittadella. La cultura stavolta, il viadotto da tempo, Villa Olmo, eccetera, un immenso eccetera che lentamente alza il livello delle acque. E il soffocamento non è più un timore, uno spettro, è una sensazione costante.

 

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