Chissà se ce l’hanno una coscienza i politici, parapolitici, extrapolitici, aspiranti tali di ogni calibro e colore, i presidenti, i vicepresidenti, i manager di rango e quelli miseri d’accatto, più qualche bel sindacalista d’un tempo, che il pugno chiuso sfidava il cielo e poi alzava calici e tartine salmonate.
Chissà davvero se ce l’hanno una coscienza tutti coloro che a Campione, negli anni d’oro che ora sono melma e disoccupazione, hanno imbottito casinò e Comune di infaticabili dipendenti, carissimi parenti, strani conoscenti, plotoni di elettori spuntati in pianta organica nei 100 passi tra il baretto e il Municipio, nei fuorisacco di una giunta, tra un gorgheggio lirico, sigari cubani e fiche a mazzi (pronuncia italofrancese a scelta).
Chissà se in qualche ventre tronfio, in qualche doppiopetto di passaggio, in qualche fascia tricolore e in quei bei rottami sorridenti in bianco e nero spunta un pochettino di vergogna, oggi, per quegli accordi da segrete stanze sulle sponde dei due laghi, per la divisa allo zio del pro-cugino, per Totò che non lavora, poveraccio, che vuoi farci.
Chissà se ora chi è passato per un lampo o un’eternità da cda, rsu, ad, consigli e soviet campionesi, ha il coraggio di guardare alla bambina bionda che – sola, in un tendone, a metà ottobre – è china sul quaderno di un asilo che non c’è più. Chissà se qualche caporale dell’esercito dei mostri e parassiti saprà spiegarle che – ci spiace, ci perdoni – c’è un conto da pagare, han detto di portarlo a lei.
Chissà come faranno i predoni dell’enclave, oggi, a non staccare gli occhi imbarazzati dalla scolaretta che in tempo di castagne sta su un pancone a disegnare sogni e prime lettere.
Chissà come farà l’armata dell’amico mio e dell’irrealtà, che pagava 10mila euro pure l’ultimo croupier, che nel 2007 conficcava una Las Vegas senza senso nel cuore spompo di un paesotto tra spaghetti e cioccolata, che iniettava droga nelle vene di una follia da 100 dipendenti comunali, 25 vigili e quasi 1000 braccia d’ogni tipo tra roulette, cambuse e zone slot mentre il mondo dell’azzardo si liquefaceva tra telefonini, computerini e salette di provincia al profumo di caffè e involtini all’orientale.
Chissà se qualcuno sentirà sulle proprie spalle il peso devastante dell’enorme massa umana scacciata dal tempio, per le colpe di chi quel tempio l’ha voluto e l’ha drogato senza sosta. Innocenti come neve non saranno, forse, le vittime di oggi, ma che fareste voi, che avreste fatto voi se nell’89, nel 93 o nel 2002 v’avessero proposto un posticino in paradiso, dove si guadagna(va) da nababbi e si vive(va) da faraoni?
Avidità in eccesso e insostenibile bellezza della via breve, ma gli oltre 500 che a Campione oggi sono in strada hanno perso l’aura di divinità. Quell’epoca è finita, sono tornate le persone, come tutte: padri, madri, figli, dipendenti no-stipendio e un futuro fosco.
Da reucci a reprobi, cacciati lì, l’asilo per le vie che quello vero è chiuso causa fallimento, a spillare birra per racimolare qualche fondo, a protestare senza sosta. A pagare la follia malsana di chi per anni li ha innalzati – ok, magari compiacenti – sul piedistallo finto di un paradiso insostenibile.
Un gigantesco fungo allucinogeno meglio noto come politica ha allignato sulle sponde del Ceresio e non soltanto.
Ma chi quel mostro ha generato, quel mostro deve uccidere. Presto. La comunità, ingannata o straviziata, va salvata. Subito se non proprio a qualunque costo.
Madri e padri, prima ancora i loro figli, giovani ed anziani, vigili e croupier non possono essere abbandonati da uno Stato, da un territorio che li ha sedotti e poi disconosciuti.
Perché ora, come sempre, è l’intossicato che rischia di morire. Che ha sbagliato, certo. Ma può essere ancora il più debole, l’anello ultimo della catena, a pagare e a “morire”? No, è ingiusto, come forse nulla è stato “giusto” in quel Bengodi rattrappito.
Ovvio: chi negli anni ha smerciato il male e avvelenato i pozzi, in gran parte è già sparito all’orizzonte. Dileguato, irrintracciabile, liquefatto. Come il mito di Campione, d’altro canto. Che poi tanto Campione non è stato, a conti fatti. Solo un brocco ben vestito.
Ma dannato sia che lascerà cadere il peso tossico delle colpe e dello spaccio sulle spalle bianche e tenere di una bimba che disegna in piazza, su un pancone, metà ottobre. Nell’asilo che non c’è.
3 Commenti
Gran bella analisi non si potevano utilizzare parole migliori! In più post ho sottolineato le colpe politiche di questa situazione ed è per questo che non provo nessun tipo di affezione nei confronti dei dipendenti che tutti, e sottolineo tutti, si sono inchinati o addirittura strisciati sui politici di turno, ma quella bimba non ha nessuna responsabilità ed è triste pensare che ancora una volta le colpe dei padri ricadono sui figli!
I dipendenti per strada sono gli stessi che fino a ieri godevano di stipendi e privilegi insostenibili, che votavano le amministrazioni che avvallavano queste regalie.
“magari compicenti” è un eufemismo..
Il giorno che impareremo la lezione, sarà sempre troppo tardi..
Egregio, in questa piccola e marginale parte d’Italia la responsabilità dello stato attuale di cose ricade, alla pari, sia sulla politica passata, sia sulla maggoranza degli elettori dalla “coscienza dormiente”, sia sugli organi pubblici e della stampa che non hanno vigilato né denunciato in tempo utile per fermare il danno esiziale.
Siccome leggo solo testate on-line, stamani mi è passata sott’occhi questa notizia, credo altrettanto eloquente, sebbene un po’ negletta:
https://www.ciaocomo.it/2018/10/17/processo-paratie-di-como-la-mano-pesante-del-pmtutti-da-condannare/164751/
Su una cosa in particolare sono d’accordo: sono stati avvelenati i pozzi per le generazioni più giovani e per quelle future, soprattutto a causa dell’assenza di solidarietà tra vecchie e nuove generazioni e per il dissennato individualismo che ha portato ad ingrassare pochi a danno dei più.