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Punti di vista

Caso Lombardi, il silenzio di Rapinese e la riunione con il vincolo del segreto. Ma la città ha diritto di sapere

Al terzo giorno dalla cacciata dell’assessore Ivan Matteo Lombardi, il sindaco di Como Alessandro Rapinese non ancora ha ritenuto di dire una parola pubblica – al di là delle stringatissime righe formali dell’atto di revoca – su cause, origini, motivazioni di un gesto così dirompente. Atto che, per la stragrande maggioranza dei comaschi, rimane sostanzialmente incomprensibile.

Si dirà: “Cose che sono sempre successe, ogni primo cittadino ha il diritto-dovere di licenziare l’assessore o gli assessori nei quali non nutre più fiducia”. Tecnicamente vero per quanto riguarda la facoltà, molto ma molto meno per ciò che concerne la doverosa trasparenza verso eletti ed elettori (tutti, non solo quelli vincitori), a maggior ragione per un sindaco che ha sbandierato da sempre la volontà e la necessità che il Comune sia una casa di vetro. Ma se sulle finestre di questo teorico palazzo trasparente calano silenzi e opacità in un momento così significativo, che valore hanno quelle parole e quelle che verranno in futuro su questo tema?

Rispetto a una figura istituzionale e politica che, tra l’altro, ha fatto dell’ipercomunicazione in qualsiasi sede il marchio distintivo, soltanto una fideistica accettazione dei voleri del capo può non far vedere la macroscopica incongruenza del mutismo a oltranza. Di più: a fronte delle accuse pesantissime mosse dallo stesso Lombardi nei confronti di Rapinese e della sua gestione del potere e dei rapporti umani, l’assenza di una presa di posizione del sindaco accredita inevitabilmente la sensazione che vi sia almeno una buona parte di verità in quel fosco quadro delineato dall’ex titolare del Verde. Soltanto una parola chiarificatrice del primo cittadino – parola, ribadiamo, doverosa per il ruolo pubblico di chi indossa la fascia tricolore e che rappresenta tutti i cittadini, non soltanto chi lo ha votato – potrebbe offrire un’altra versione dei fatti e fare luce sulle ragioni, poi magari persino comprensibili, rispetto a quella revoca a ciel sereno.

Risulta, a questo proposito, che Rapinese nelle ore della decisione abbia convocato tutta la lista e abbia motivato molto più nel dettaglio le ragioni del suo atto, parlando di fatti di una gravità insuperabile compiuti da Lombardi. Ma, anche in questo caso, i presenti sarebbero stati vincolati a un religioso silenzio, come a chiudere ancora di più in un cassetto segreto e accessibile soltanto agli “adepti” quella verità e quella trasparenza sempre chieste però (soprattutto negli anni dell’opposizione) agli altri.

La cacciata di un assessore non è il fatto interno di una lista: è un fatto pubblico che riguarda una figura che fino a poche ore prima governava nell’interesse di tutta Como e sulle cui ragioni un sindaco ha il dovere di motivare a tutti i cittadini. Non è nel chiuso della propria ristretta cerchia che si rappresenta una cittadinanza. Non è così che ci si può ergere a paladini della trasparenza.
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10 Commenti

  1. giuseppe lombardo
    17:23 (34 minuti fa)
    a lettere

    Sono sbigottito di quanto sia accaduto, in questi giorni a Palazzo Cernezzi e, soprattutto, del provvedimento adottato dal Sindaco nei confronti dell’ormai ex Assessore Matteo Lombardi. Non si discute sull’autorevolezza del 1° Cittadino a rimuovere (e, non “cacciare…”) un membro della Giunta, ma il modo con il quale sia avvenuto.

    Quindi, Sindaco Rapinese venga fuori da questo letargo “omertoso” che lo avvolge, ormai, da tempo e, scopra le carte dell’ enigmatico gioco, “stupendo” così la città che Le sta a cuore, rendendola conto del segreto che aleggia, visto che sono a conoscenza del fatto soltanto i Suoi “ubbidienti” Assessori e gli altrettanto, nonchè, “silenziosi” Consiglieri.

    Cordialmente.

    Pino

  2. Anche a Como, ai più accaniti sostenitori dell’uomo forte la richiesta di trasparenza potrà sembrare superflua. Per gli emuli di Trump & c., il potente di turno non deve spiegazioni a nessuno! Persino quando egli degradi un fedele e utile sostenitore a nemico da epurare, reo di avergli ricordato che tra le impegni assunti c’era proprio quella trasparenza oggi tradita e negata. Non può stupire neppure la conseguente alterazione dei fatti, come quando i fans del Sindaco di Como liquidano la richiesta di verità sulla cacciata del Lombardi come “retorica di chi inneggia al nemico”, ignorando che non possa sussistere alcuna attenuante per chi ha sostenuto i metodi che hanno armato la mano del proprio carnefice.
    Dalle ultime elezioni Como è diventata assai più distante dalla realtà di quanto lo sia la Città dei Balocchi; anch’essa giustamente dissociatosi da questa triste iconografia natalizia

  3. La sede istituzionale delle “spiegazioni” è il Consiglio Comunale e poi l’eventuale comunicato stampa ai giornali.
    I Consiglieri hanno il diritto di conoscere le motivazioni in anteprima dal sindaco e non su un social.
    Rispettiamo la forma istituzionale, se non sarà fatto allora si potrà criticare.
    Ma non credo che il sindaco si sottrarra dalle spiegazioni….
    che potranno piacere o meno

  4. Io penso che se Rapinese ha assunto una decisione simile non l’abbia fatto a cuor leggero ma sofferta e meditata. Il problema non è soddisfare i pruriti e la curiosità di alcuni ma governare al meglio la Città cosa che sta facendo nonostante il disfattismo dei “politici trombati” che nei decenni passati il loro modo di governare e’ stato disastroso e non si può rimediare in pochi mesi.

    1. Cioè lei è convinto che questi sei mesi di amministrazione siano stati fatti “al meglio”?

      Opinione legittima, ma altrettanto legittimo pensare siano stati commessi parecchi errori.
      Di promesse (vedi piscina), di programmazione (vedi il Natale), di valutazione (vedi assessore cambiato dopo sei mesi).

  5. Non è particolarmente sorprendente che Rapinese Sindaco che trasforma ogni circostanza in avanspettacolo non abbia proferito parola sull’allontanamento dell’Assessore Lombardi. Non perché si è dimenticato di essere un “comunicatore” quanto perché non è un “politico”. I politici, quelli veri, non sbagliano mai i tempi delle loro decisioni. Se si legge con attenzione la storia della Prima Repubblica, dove la politica si faceva sul serio, ci si accorge che i veri politici non solo dovevano decidere ma non dovevano mai sbagliare i tempi delle loro decisioni. Craxi e la scala mobile fu un esempio. Tutti erano convinti che la decisione fosse giusta ma se il referendum fosse stato proposto un anno prima, non sarebbe passato; se fosse stato proposto un anno dopo non sarebbe stato fondamentale per frenare il processo inflattivo. Non si può ancora dire che Rapinese prenda decisioni sbagliate, si può dire che non azzecca mai i tempi delle decisioni che prende. Perché promettere che la piscina sarebbe stata pronta fra tre-sei mesi? Bastava parlare di “entro il 2023”. Perché non aspettare l’anno prossimo per avvicendare la Città dei Balocchi con Natale a Como? Bastava aspettare e mettere in discussione un modello vecchio di trent’anni. Perché non aspettare almeno un anno per avvicendare Lombardi? Perché….? Perché Rapinese non prende decisioni buone o cattive ma sempre inopportune. Sempre con la pancia e mai con il cervello. È un chiacchierone, più che un comunicatore, prestato alla politica. Cosa vogliamo farci?

  6. Senza spiegazione pubblica, comprensiva della descrizione delle ignote “nefandezze” del Lombardi, si potrebbe ritenere che il Comune di Como sia retto da una setta dagli ancor più misteriosi requisiti di appartenenza. Invece della casa di cristallo, un tetro bunker di cemento.

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