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Como Senza Frontiere: “Senza dimora, disastro vicino e silenzi inaccettabili. Dal Comune scelte disumane”

La fine del piano freddo – il sistema di accoglienza dei senzatetto per i mesi invernali, quest’anno alla ex caserma di via Borgovico di proprietà della Provincia – innesca le preoccupazioni dei volontari. Con una lunga nota, è Como Senza Frontiere a denunciare una situazione in pericoloso peggioramento a Como. Pubblichiamo la nota di seguito in forma integrale.

La rete Como senza frontiere riunita in assemblea ha riconosciuto doveroso rompere il silenzio sull’inaccettabile situazione venutasi a creare per le persone senza dimora, migranti e native, nella città di Como a seguito dell’interruzione delle misure relative al Piano Freddo.

Non è facile avere gli elementi per delineare la situazione nei suoi termini reali. Del silenzio si circondano spesso, per molte ragioni (naturalmente giustificabili), sia le persone vittime di questa situazione sia quelle che se ne occupano, per volontariato o per professione: la convinzione è che meno se ne parla, meno allarme si provoca, meglio è. Per tutti.

Qualche indicazione, tuttavia, si riesce a cogliere.

«Domenica mattina ero presente, come d’abitudine, alla distribuzione delle colazioni per i senza fissa dimora. Ho dato via un’ottantina delle sigarette che avevo. Certo, qualcuno dei presenti potrebbe averne presa più di una: è difficile con tanta gente mantenere l’ordine, e la possibilità di fumare è molto apprezzata. Ma sta di fatto che i numeri di chi dorme all’aperto mi sembrano davvero importanti, soprattutto se paragonati alla totale assenza di prese di posizione nei confronti di una situazione scandalosa». È molto amareggiato e preoccupato il volontario che ci ha contattato per parlare della situazione dei senzatetto di Como città a seguito della chiusura del dormitorio invernale di via Borgovico, avvenuta, se possibile ancora più in sordina del solito, a fine aprile 2023.

È sufficiente un rapido sopralluogo serale lungo l’itinerario delle vecchie “ronde solidali” per verificare che la situazione sta rapidamente peggiorando. Si contano una ventina di persone sotto il portico dell’ex oratorio di San Rocco, mentre altre vi si stanno dirigendo in ordine sparso. Otto sotto i portici della chiesa del Crocefisso, dove l’accumulo diurno di coperte e cartoni dietro i basamenti delle grandi statue dei santi ai lati della porta principale (quasi sempre chiusa) cresce progressivamente e ormai non si riesce più a nascondere. Tre persone sono all’ex chiesa di San Francesco. Tre in piazza Matteotti. Un gruppetto di senzatetto compare persino – non troppo presto di mattina – sotto i portici in via Maestri Comacini, forse seguendo la logica per cui spesso le anomalie più manifeste risultano, incredibilmente, le più celate. E in questo momento che cosa c’è di più anomalo della povertà nel centro di Como, saturo di danarosi turisti e dei tavolini per rifocillarli? Ma l’espediente questa volta non sembra funzionare: gli indecorosi senzatetto attirano l’attenzione di una pattuglia di vigili urbani, probabilmente allertati da qualcuno.

L’associazione Como Accoglie, nodo della nostra rete impegnato in una pluriennale attività di assistenza agli emarginati e alle persone migranti in particolare, calcola che le persone che si trovano attualmente a dormire all’addiaccio si aggirino approssimativamente attorno alle 30/40. A queste presenze più visibili vanno aggiunte quelle di coloro che si ricoverano ormai abitualmente in ripari di fortuna e negli edifici fatiscenti sparsi per la città. E, ovviamente, le tante persone che bussano alla porta di don Giusto Della Valle. La parrocchia di San Martino a Rebbio, che pure è stata lasciata pressoché sola a gestire il recente flusso di migranti nordafricani, per lo più minori stranieri non accompagnati, si conferma l’unica esperienza di accoglienza indiscriminata delle persone più fragili sul territorio, autoctone e migranti. Lo sanno bene le istituzioni che sono preposte per legge alla tutela dei Diritti fondamentali, e che sono solite consegnare pressoché quotidianamente in via Lissi le persone di cui non possono (o non vogliono?) farsi carico.

Di fronte a tali segnali (che non è difficile riconoscere come la punta di iceberg di cui si ignorano le vere dimensioni), la città sembra alzare un velo di indifferenza

«Nemmeno una preliminare in Consiglio comunale relativa al tema – sottolinea qualche altro volontario –. O un comunicato delle associazioni di volontariato direttamente coinvolte nell’accoglienza. Solo qualche estemporaneo articolo di giornale, per lo più ignorato, e comunque non sufficiente a rendere conto della reale condizione di chi nel nostro Comune non ha nulla, nemmeno un tetto sotto cui ripararsi. La cittadinanza è totalmente ignara e indifferente. La Caritas di Como ha dichiarato pubblicamente che il dormitorio invernale ha ospitato 120 persone in 4 mesi, e che 21 sono state le persone accolte dalle comunità del progetto Betlemme. Vi sono poi gli irriducibili che rifiutano di utilizzare il dormitorio. Che ne è di tutte queste persone?».

Sulla situazione cittadina pesa anche l’incognita dell’impatto dei provvedimenti repressivi del governo nazionale che, di fronte ai più gravi accadimenti (come il naufragio al largo delle coste calabresi di Cutro), non ha saputo far altro che peggiorare la situazione delle persone migranti, rimuovendo protezioni e principi di accoglienza, e – invece – aumentando le condizioni di precarietà e instabilità (e quindi mettendo definitivamente in discussione le possibilità di integrazione sociale). Il riconoscimento ormai quasi unanime da parte della società civile dell’inutilità di misure repressive e di criminalizzazione dei fenomeni migratori non ha minimamente influito sulle decisioni governative. Appare diffuso tra le forze politiche il rifiuto di anteporre i diritti individuali e i doveri costituzionali di solidarietà alla volontà di dare assalto allo Stato sociale, al fine di garantire un profitto parassitario all’impresa privata e di alimentare ulteriormente un serbatoio di clientele e di voti costruito sulla logica dell’emergenza, sui deliri identitari e sulla paura.

Le istituzioni del territorio – da quelle, come la Prefettura, che rappresentano il governo, a quelle elette a livello locale – continuano a evidenziare l’incapacità di affrontare seriamente quel complesso di fenomeni che coinvolge un numero sempre crescente di persone: l’aumento delle povertà e delle fragilità sociali, così come la presenza strutturale di persone provenienti da altre nazioni e continenti, qui spinte dalle guerre, dalle violenze, dai disastri climatici ed economici.

Il settore pubblico rinuncia a gestire le strutture indispensabili ad affrontare questa situazione, lasciando spazio al settore privato, spesso carente dal punto di vista delle competenze e dei servizi, oltre che della trasparenza, o abbandonando a se stesse organizzazioni di volontariato e associazioni di vario tipo.

L’amministrazione Comunale di Como all’inizio della stagione fredda si era vista costretta a ritirare l’illegittimo divieto di accesso al dormitorio per le persone migranti cosiddette irregolari, mentre non è venuta meno alla miope, disumana e propagandistica decisione di ridurre fino a un livello risibile il proprio contributo alle spese dello stabile, quasi interamente a carico del mondo del volontariato. E ora, nel solco della sconcertante inerzia delle precedenti giunte di centrodestra e centrosinistra, ci si guarda bene dall’uscire da una logica prettamente emergenziale e dal fornire soluzioni stabili e aperte tutto l’anno. Forse a Palazzo Cernezzi ignorano che il Sindaco è legalmente responsabile della salute di tutte le persone presenti sul proprio territorio. La vita in strada moltiplica le fragilità e le patologie. A degenerare rapidamente è la qualità delle condizioni di vita in cui versano le persone senzatetto. Ciò comporta un notevole rischio per i soggetti più esposti di precipitare in dipendenze e disagio psichico, e per i volontari e le volontarie, che potrebbero trovarsi costretti a fronteggiare casi sempre più ingestibili, fino ad esiti potenzialmente tragici.

La città di Como ha conferito l’Abbondino d’oro, massima onorificenza civica, alla memoria di don Roberto Malgesini, che è vissuto ed è morto per la causa dei poveri, senzatetto, migranti, degli “scarti” di questa opulenta società.

La città di Como non sa cogliere l’insegnamento che viene da don Roberto, così come non sa riconoscere la drammatica contraddizione che si alza tra l’onorarne la memoria e il non fare nulla per rimuovere le scandalose condizioni in cui spinge le persone più fragili.

La città di Como vive in una delle parti più ricche del pianeta e si rifiuta pervicacemente di contrastare le povertà, preferendo combattere i poveri.

Il Sindaco della città di Como, capace di citare la Costituzione nelle cerimonie pubbliche, si applichi a mettere in pratica i principi costituzionali, a riconoscere i diritti che vi sono sanciti.

La prima richiesta per invertire la rotta, in modo da evitare il disastro, che tutto, tutti e tutte rischia di travolgere, è quella di uscire dalla logica emergenziale e di dotare la città di Como, città di frontiera e di transito, di strutture stabili ed efficienti per l’accoglienza delle persone e il soddisfacimento dei loro diritti inalienabili, a cominciare da un dormitorio permanente e da spazi per centri diurni e di socialità. La città di Como è ben fornita di edifici facilmente destinabili all’accoglienza (dalle residenze di via Volta, ai centri di Prestino e di Tavernola, agli innumerevoli appartamenti sfitti, pubblici e privati).

Per questo siamo disponibili ad avviare un processo di incontro e sensibilizzazione con le Istituzioni (Prefettura, Provincia e Comune), con le parti sociali e politiche, con le associazioni e le organizzazioni di volontariato in modo da affrontare nei modi più adeguati e nei tempi più rapidi i problemi delle persone senza dimora.

Rete Como senza frontiere

Aifo Como, Anpi Como sez. “Perugino Perugini”, Anpi Monguzzo sez. “Luigi Conti”, Anpi provinciale Como, Arci Como, Arci Spop – Sportello popolare, Associazione artistica Teatro Orizzonti inclinati, Associazione Luminanda, Associazione Migrante Como-Milano, Associazione Par Tüc, Associazione Territori, Bir Como, Casa d’Arte asd Unione Sportiva Acli, Cgil Como, Comitato Como antifascista, Comitato Como Possibile Margherita Hack, Como Accoglie, Como Comune, Cooperativa Garabombo, Coordinamento comasco per la Pace, Diem 25 Como, Donne in nero Como, Ecoinformazioni, Emergency Como, Giovani comunisti/e Como, I Bambini di Ornella, Il baule dei suoni, L’altra Europa Como, L’isola che c’è, Libera Como, Lila Como, Medici con l’Africa Como, Missionari comboniani di Como e Venegono, +Europa Lario, Potere al Popolo Como e provincia, Prc/ Se provinciale Como, Scuola di italiano di Rebbio, Sinistra Italiana Como, Sinistra per Ponte Lambro, Unione degli studenti Como, Unione popolare Como e provincia, volontari della Parrocchia di Rebbio, tante e tanti altri.

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5 Commenti

  1. Vedremo che cosa succederà ad ottobre, quando non ci sarà più il dormitorio di Borgovico. Un Comune “normale” avrebbe già iniziato a programmare. Il nostro si affiderà alla bontà dei singoli. Che cosa paghiamo Imu, ed aliquote comunali? Per pagare gli aumenti della giunta?

  2. Ma le varie associazioni islamiche oltre che manifestare e lamentarsi per il capannone di Cantù, ad esempio, sono in campo con l’accoglienza dei migranti che per la maggior parte sono di religione mussulmana?eppure ricevono soldi statali, l’anpi che pure si scaglia sempre tra le altre cose, contro la mancata accoglienza , non può mettere a disposizioni i suoi immobili? Visto che riceve anche lei come associazione fondi statali? E così via…

  3. A me sembra che l’ipocrisia regni sovrana. Proprio nei giorni scorsi sono state intervistate persone che manifestavano per l’accoglienza ma una volta chiesto loro direttamente se erano disposti ad accogliere una persona in casa loro hanno detto chiaramente di NO. È facile fare i benefattori col portafoglio degli altri, allo stesso modo si potrebbe chiedere ai politici responsabili degli ingressi clandestini perché non hanno provveduto fino in fondo ai loro bisogni invece di fermarsi agli slogan politici per proprio interesse.

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