Sul palco il Premio Ubu come miglior attore protagonista Mario Perrotta con uno spettacolo che ha fatto il pieno di riconoscimenti da parte di pubblico e critica, “Un Bès – Antonio Ligabue”. E in platea ieri sera, tra i volti rapiti e attenti del pubblico incantato dal racconto di quell’animo tormentato e geniale che fu il pittore Ligabue, ecco che si accende la luce azzurra dello schermo di un cellulare. E poi un’altra. E un’altra ancora. E la bolla si rompe.
L’attore sul palco si distrae e si distrae il vicino di posto. Ma soprattutto si distrae chi tiene in mano quel telefono e non ha resistito al terribile impulso di andare a cercare in tempo reale che volto avesse quel Ligabue lì e quale fosse la sua storia. O alla tentazione di vedere se è arrivato un messaggio, uno qualsiasi, che con la suoneria spenta tutto può accadere. E poi magari, già che ci siamo, si dà un’occhiata anche a Facebook, che sarà mai. E lo spettacolo prosegue ma tu, con lo sguardo perso sullo schermo, non ci sei più e non ti rendi conto di stare perdendo un pezzo della tua vita vera mentre guardi le vite degli altri raccontate sui social.
Un’istantanea comunissima, che si ripete ogni giorno ovunque, sul treno, sul bus, al semaforo mentre aspettiamo il verde e persino mentre camminiamo per strada, ma che l’altra sera, nel cortile di Palazzo Natta trasformato in teatro per la rassegna “Casa Natta”, ha colpito ancora di più.
A raccontarlo sui social, in un post più doloroso che arrabbiato, è proprio Stefano “Stiv” Annoni (foto qui sotto), attore comasco e direttore artistico della rassegna insieme a Elena Ajani e Davide Marranchelli, che ci racconta, commentando per noi il suo scritto.
“La mia non vuole essere una riflessione da bacchettoni ma un invito ad accorgerci che il gesto di guardare il cellulare in modo compulsivo sta davvero cambiando il nostro modo di rapportarci con il mondo – ha scritto Annoni – vedo persone che lo fanno mentre spingono il passeggino, mentre portano fuori il cane, al ristorante o al cinema, che ormai è diventato quasi come il divano di casa dove si mangia e si chiacchiera, ma vederlo fare durante uno spettacolo che non aveva un difetto, con un attore che ha vinto l’Oscar del teatro e che interagiva con il pubblico è qualcosa di ancora più spiazzante perché non succede perché il cellulare ha squillato, succede perché è un gesto ormai automatico anche tra persone che sanno bene il valore di ciò che stanno guardando, che hanno scelto di essere lì ma non riescono a trattenersi dall’aprire un mondo che poi le porta via da quello reale”.
Ed ecco il post pubblicato da Annoni. Vale davvero la pena leggerlo e riflettere perché riguarda tutti noi, non solo chi l’altra sera era in platea:
Inizia lo spettacolo: si chiede di spegnere il telefono. Ora non suonano quasi mai, ma il gesto è talmente compulsivo che, dopo pochi minuti, lo controlliamo. Un messaggio: rispondo. L’attore nomina qualcosa: cerco su Google. A questo punto il telefono è aperto, lo spettacolo è un sottofondo, come la tv a casa, e vado a scrollare le stories. Basta un piccolo calo di tensione scenica, un cambio luci e si ricade verso la nostra piccola dose.
Ogni sera, nella sala buia, qualche luce si accende e vi illumina la faccia. Io dal palco vi vedo e mi distraggo, dalla sala vi vedo e devo chiedervi di spegnere. Ci stiamo perdendo dei pezzi di vita. Ogni sera qualcuno si accende e qualcosa si spegne. È successo anche ieri davanti a uno dei più belli spettacoli di sempre, davanti a un attore che era carne viva e sudore e carboncino di e per Antonio Ligabue. Un Bès di Mario Perrotta a Casa Natta.
Ci stiamo male educando. Ci stiamo facendo male. E se il teatro è solo una piccola parentesi di poesia nella vita di pochi, poi però ci sono il treno, il tram, il marciapiede, il parco, il tramonto, la passeggiata col cane, le vetrine, il figlio nel passeggino. Distratti dalle nostre vite, dai nostri incontri, dai nostri viaggi, dai nostri pensieri, dai nostri bès/baci.
12 Commenti
Sono stato a New York e a Brodway per un paio di spettacoli. Non c era un telefonino acceso. Un rispetto totale per lo spettacolo. Da noi si fanno pure foto e quant’ altro. Un popolo rispettoso della cultura dovrebbe essere cosi
Come sempre questione di educazione e rispetto.
Solo se uno è reperibile per questioni di vita o di morte. Lo smartphone va spento a teatro. Io il concerto, almeno una parte lo riprendo per godermi anche dopo l’atmosfera, 1 minuto me lo concedo poi, a me piace Vasco, guardo il concerto
Il livello dei commenti sotto l’articolo racconta esattamente cosa certa gente non è proprio in grado di capire. Parlare con un muro di gomma ( o di cemento armato, forse) darebbe più soddisfazione. Non sanno, le persone, che andare a un vconcerto di Dylan (solo un esempio) dove il cellulare resta chiuso in una busta speciale per sole 2 ore della vita ( due ore!! Non 2 anni!!) e concede di vivere immerso solo nella musica é un esperienza meravigliosa, e dimenticata purtroppo. Proprio come era fino a prima del 2000. E le migliaia di persone ai suoi concerti ne sono sempre uscite entusiaste. Ovviamente, aggiungo. Qui invece pare che la droga non sia più solo la cocaina.
Che risposte superficiali e maleducate da parte di qualcuno che evidentemente non sa vedere più il mondo intorno a se.
Risposta per chi dice che avendo pagato il biglietto può fare ciò che vuole .
Ma stai scherzando? Dove e’ finito il rispetto per chi sta recitando e per quelli che hanno pagato il biglietto per vedere lo spettacolo? Poco importa se l’attore non è da Nobel, evidentemente vi è stato permesso a scuola, dal dottore ecc ecc di usare il cellulare ed è per questo che stiamo tirando su una generazione di ignoranti ,maleducati e superficiali. Salvo rarissime eccezioni.
Se il cellulare è per te indispensabile stai lontano dai teatri. Non è per te, meglio se stai a casa tua sprofondato nel divano a guardare il cell. così non disturbi gli altri che magari vorrebbero gustarsi lo spettacolo.
E chi se ne importa di fare teatro per i giovani? Tanto non hanno ne’ gusto ne’ spirito critico, sono una massa di plagiabili pecore che seguono solo l’ultimo rapper di turno, quello che lascerà sicuramente un segno indelebile nel mondo della musica; sicuramente il teatro ne’ lo guardano ne’ lo capiscono.
Se invece dello settacolo i giovani guardano il cellulare è perche quello che fate non interessa …pensavi di avere loscar e invece non hai niente…se fossi in te cercherei qualcosa che provoca, piace e da spettacolo…e sappi che le cose che interessano ha giovani ci sono…ma se vai dietro alle persone che si danno delle arie teatrali hai sbagliato perche sono indietro di 20 anni…esci vai tra i giovani e nelle piazze e cerca cio che vogliono oggi i giovani…e li che trovi il senso del fare teatro, …teatro è rimettere insieme la vita e farci una riflessione …rimetti insieme cio che vivono i giovani e avrai la loro attenzione
Io non credo che il problema sia il contenuto dello spettacolo… credo invece che viviamo un’era dove i giovani, sempre meno, siano una massa di trogloditi ineducati …. La colpa magari non è tutta loro … insegnanti inadeguati, genitori senza autorevolezza, ecc ecc
Ma mi domando .. davvero non si riesce più nemmeno a vivere due ore di cultura ?
Carissimo ti sorprenderà il fatto che il telefono in mano non lo aveva un giovane
Avete voluto i social? Avete voluto telefono che fanno di tutto tranne che telefonare? Avete voluto piantare tablet e smartphone in mano ai vostri figli sin dai 3/4 anni “così almeno non piange e si distrae? “Ormai indietro non si torna più. Andate al ristorante e contate quante coppie vedete chiacchierare guardandosi in faccia , e quante hanno la gobba sullo schermo… non si discute nemmeno più su cosa ordinare perché i menu sono quasi tutti su codice QR, e in tanti posti manco si ordina più al cameriere. Cancellatevi dai social che si sta meglio, meno frustrazione e nervosismo
Be vedo che anche te che ti prendi la briga di fare un commento su questo articolo sei uno che usa parecchio lo smartphone altrimenti se fosse il contrario non l’avresti neppure letto, e poi dico basta a tutti quelli che si lamentlano perché durante un loro spettacolo hanno da dire perché c’è chi usa lo smartphone, vi ho pagato il biglietto e allora basta fate la vostra esibizione e non vi preoccupate di altro, chiunque può avere bisogno di dover usare il telefono per qualsiasi cosa che sia urgente o meno e poi chi lo dice che uno non si stia annoiando durante uno spettacolo
Io leggo solo le notizie e le commento, non ho profili Instagram non ho profili Facebook, ho 37 anni e si vive benissimo anche senza. Lo smartphone per me è uno strumento per informarmi e lavorare, non per socializzare, e se uno paga un biglietto per uno spettacolo, film o quello che è e poi sta incollato al telefono direi che non brilla per furbizia, e non penso siano tutti cardiochirurghi o soccorritori con la reperibilità stile Superman per le emergenze, cerchiamo di essere seri. Poi lei è liberissimo di pagare tutti i biglietti che vuole per poi stare su Facebook per carità
Carissimo Gianky,che tristezza le tue considerazioni.Sei probabilmente il classico risultato di questi vent’anni;tra avere od essere sceglieresti sicuramente avere.Probabilmente sei solo maleducato, perché di questo si tratta:non capisco cosa ci fai a teatro….